Alessandro Dell' Orto per “Libero quotidiano”
I GIOVANI DI CAMORRA COPIANO IL LOOK DEI JIHADISTI ISIS
A guardarli così, un po' distrattamente, saresti pronto a giurare di essere di fronte a terroristi islamici. Giovani jihadisti. Amici di Salah Abdelslam (la mente degli attentati di Parigi, ricordate?), tanto per indenderci. Sì, per quelle barbe lunghe lunghe che ormai sono di moda, ma anche per i capelli corti. Per le espressioni da duri. E per l' abitudine di scrivere in arabo i propri nomi di battaglia.
A guardarli così, un po' distrattamente, non avresti dubbi, ma poi li senti parlare (in napoletano stretto) e allora ti si apre un altro mondo. Che non è certo quello islamico, ma che comunque ha a che fare con la violenza: il mondo della camorra organizzata e delle nuove leve, i baby camorristi. I quali ormai sembrano sempre più prendere come modello - non certo per questioni religiose, ma probabilmente per la ferocia, la crudeltà e il coraggio - proprio il fondamentalismo islamico, come è raccontato in un articolo di Vincenzo Marino sul sitoVice.it.
A farlo, sarebbero soprattutto gli appartenenti al clan dei cosiddetti «Barbuti» (appunto) del rione Sanità, ma non solo loro. Secondo gli esperti la fascinazione dei giovani camorristi per lo Stato Islamico ormai si sarebbe allargata, tanto da essere stata stata attribuita anche al diciannovenne Emanuele Sibillo, ucciso con un colpo alla schiena il 2 luglio scorso: il suo look, pochi mesi prima, aveva ispirato un bambino che a Carnevale - barba finta, pistola giocattolo e rolex - si era travestito proprio da «baby boss Sibillo».
Ma di fatto, per seguire il modello Isis, che fanno i giovani camorristi? Oltre a farsi crescere la barba, per sentirsi vicini alla cultura jihadista vista come ideale di violenza ed efferatezza, i ragazzi si tatuano la parola «camorra» sul collo e i nomi delle persone da loro uccise sulla schiena, organizzano spedizioni punitive e utilizzano frasi del profeta dell' islam Maometto (tipo «Sono l' ultimo prescelto»). Non male.
D' altronde, se ci pensiamo bene, un ragazzino con poco equilibrio (eufemismo) e con l' ambizione di una carriera criminale, di questi tempi, probabilmente rischia di farsi condizionare - più che dai libri o della storia - dai social, dall' informazione della rete, da quanto ci raccontano i media ogni giorno. E il risultato è arrivare proprio lì, a prendere come modello il terrorismo islamico che si autopromuove attraverso internet e spaventa con azioni clamorose.
E così restare affascinati dall' Isis, per i baby camorristi, diventa quasi una moda, come spiega ancora su Vice.it Marcello Ravveduto, professore dell' Università di Salerno e componente del Comitato Scientifico della Biblioteca digitale sulla Camorra. «Un elemento tipico dei clan camorristici è loro capacita di interpretare le mode comunicative del momento. In questo senso non sappiamo se questa tendenza è una cosa che permarrà nel tempo o se rischia di restare legata a questo momento storico».
Ma non solo. «Nel linguaggio giovanile del napoletano - racconta ancora Ravveduto - farsi crescere la barba ha sempre comportato, nel gioco linguistico dei ragazzi, frasi del tipo "Che fai, il mullah? Il mujaheddin?"». Già, ma ora si è arrivati addirittura a questa totale identificazione con il look dello Stato Islamico. Roba da giovani, certo. In barba ai vecchi e tradizionali camorristi di una volta, sempre eleganti e con il viso perfettamente rasato.