Estratto dell’articolo di Andrea Nicastro per il “Corriere della Sera”
Le spie, diceva Joseph Conrad, fabbricano i fatti con facilità e possono diffondere antagonismo da una parte, panico e odio dall’altra. Per cui, attenzione, questo articolo è uno slalom tra le polpette avvelenate dei servizi di mezzo mondo.
Chi ha ucciso Ismail Haniyeh? E come? Non c’è una fonte indipendente di cui fidarsi, non ci sono testimoni. […] Chi l’ha ucciso? Nelle primissime ore quasi tutti hanno parlato di un missile. Per il libanese Al Mayadeen (vicino ad Hezbollah) l’ordigno è partito da Israele.
Per i sauditi di SkyNews e gli israeliani di Channel 12 è stato lanciato dal territorio iraniano. Cioè, da una parte si pensava a un errore dovuto a radar insufficienti, dall’altro a traditori. I Pasdaran hanno solo parlato di un «ordigno venuto dal cielo». Venerdì 2 agosto l’americano New York Times presenta uno scenario diverso riprendendo l’ipotesi già sostenuta il giorno prima dall’israeliano Jerusalem Post: non un missile, ma una bomba nascosta due mesi prima in camera.
ALI KHAMENEI AI FUNERALI DI ISMAIL HANIYEH
Il britannico The Telegraph fa salire a tre le bombe piazzate in stanze diverse. Per i Pasdaran sono «grossolane invenzioni del NYT».
La loro tesi è che Haniyeh sia stato ucciso da un ordigno volante di 5/7 chili lanciato da una corta distanza (ieri hanno specificato 1,5 chilometri). Ancora non specificano se fosse un razzo con lanciatore autonomo o di uno trasportato da un drone (a 6 o 8 eliche) oppure ancora un drone suicida.
ismail haniyeh con ali khamenei
La differenza tra la versione dei media americani-britannici-israeliani e quella degli investigatori iraniani è politica. La breccia della sicurezza è esterna al recinto della residenza di Haniyeh oppure no?
L’ospite palestinese dormiva in un complesso che avrebbe dovuto essere sicurissimo perché usato anche per le passeggiate della Guida Suprema Ali Khamenei. Non aver protetto Haniyeh significa che neppure Khamenei è al sicuro. Chi ha tradito una volta può farlo ancora. La tesi dei nemici dell’Iran è che il regime è in cancrena, corrotto, inaffidabile. Per l’Iran, ovvio, non è così: l’errore non si può negare, ma non è strutturale.
Chi sono gli esecutori? Martedì 6 agosto il britannico The Jewish Chronicle e l’americano Foreign Policy propongono la stessa ricostruzione. Il Mossad avrebbe corrotto due agenti iraniani del servizio segreto Ansar al-Mahdi (Pasdaran).
Grazie alle intercettazioni dello Stato ebraico (Unit 8200) avrebbe saputo dove Haniyeh avrebbe dormito e i due avrebbero nascosto un panetto di esplosivo innescabile a distanza sotto il letto poche ore prima dell’arrivo di Haniyeh. «Entro un’ora» sarebbero stati «esfiltrati» da Israele.
ali khamenei vota alle elezioni
La ricostruzione molto hollywoodiana prevede anche 5 agenti del Mossad che appostati su un albero vedono Haniyeh spegnere la luce per dormire e premono il bottone dell’esplosione. Secondo il New York Times l’Iran sta arrestando decine di propri agenti. Martedì i Pasdaran hanno smentito anche questa versione. Lo scontro è ancora quello: l’Iran ha o no la fedeltà dei suoi agenti?
Chi sono i mandanti? Pochi dubitano della responsabilità israeliana, ma qualcuno c’è. Più incerto invece lo scopo dell’omicidio Haniyeh. Il ministro degli Esteri del Qatar (un Al Thani) è stato diretto: «A cosa serve mediare — per la liberazione degli ostaggi israeliani, ndr — se poi si uccide il mediatore?». Pensano come lui le famiglie degli ostaggi ancora in mano ad Hamas. Eliminando il capo dell’ala politica, Hamas si è ancora più radicalizzata.
Con l’elezione di Sinwar, l’architetto dei massacri del 7 ottobre, al posto di Haniyeh, la tregua è diventata più difficile. Chi ha ordinato l’uccisione (seguendo la pista israeliana, il premier Netanyahu) vuole lo scontro frontale, non una mediazione. In effetti, Netanyahu non ne ha mai fatto mistero. Altro scopo israeliano nell’uccidere Haniyeh in Iran e non, ad esempio, in Qatar o Turchia, sarebbe quello di togliere spazio di manovra al nuovo presidente Pezeshkian, più incline del predecessore a trattative e compromessi.
C’è però anche un’altra pista che assolve Israele e punta il dito accusatore su una delle fazioni interne al potere iraniano. Il teorema comincia dall’apparente incidente in elicottero che uccise in maggio il presidente iraniano Raisi. Anche in quel caso si parlò di matrice israeliana, ma pure di servizi deviati. Il quadro è il conflitto tra riformisti e conservatori iraniani, sullo sfondo la successione della Guida Suprema Ali Khamenei.
La morte di Raisi è servita a portare alla presidenza il riformista Pezeshkian. Quella di Haniyeh, suggerisce Independent Arabia , ridimensiona il prestigio dei Pasdaran alleati di Raisi oppure, obbligando l’Iran a vendicarsi, impedisce al nuovo presidente Pezeshkian di avviare quel dialogo con l’Occidente che ha promesso in campagna elettorale.
Ombre e teorie, dubbi e bugie, ma tutto è politica.
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