British extreme athlete Russ Cook completed his nearly year-long run across the entire length of Africa. He revealed that he considered quitting once when he was kidnapped in the Congo by a gang armed with machetes https://t.co/cRoP5dFhiU pic.twitter.com/PIAQLjDrkc
— Reuters (@Reuters) April 9, 2024
Estratto da "la Repubblica"
[…] Russell Cook, 27 anni, britannico, magrissimo, capelli color rame sotto un berretto da pescatore e la barba come un rampicante, è diventato il primo uomo ad attraversare tutta l’Africa di corsa, dal punto più a sud a quello più a nord, in 352 giorni e quasi altrettante ultramaratone. Il che rende abbastanza chiaro perché sui social, dove ha documentato tutto dal giorno 0, abbia scelto di chiamarsi The Hardest Geezer , cioè il tipo più tosto di tutti.
Il percorso è partito lo scorso aprile a Capo Agulhas, il punto più a sud del Sudafrica, e si è concluso domenica in quello più a nord della Tunisia, nel mare di Ras Angela, in mezzo a decine di fan e giornalisti che hanno corso gli ultimi 44 chilometri con lui. È passato per 16 Paesi diversi e ha tagliato il continente in altezza, deserto compreso, costeggiando il fianco occidentale dell’Africa. Parliamo di 16.250 chilometri, l’equivalente di 385 maratone, percorsi in 352 giorni. Anche se nei piani iniziali dovevano essere 240.
[…] prima di partire si era tatuato il numero di passaporto sul polso: «Giusto nel caso mi rapiscano, cose del genere ». Statisticamente era più probabile accadesse in Nigeria, in realtà è capitato in Congo, dove è stato caricato su una moto da due locali e dopo «sette ore di guida» si è trovato in un villaggio. E poi in una capanna. E lì “un sacco di uomini” hanno discusso a lungo cosa fare di lui. Fra le possibilità vagliate anche «essere fatto a pezzi costola per costola e mangiato», ma alla fine il capo ha deciso che la troupe poteva tornare a prenderlo, portando giusto un po’ di soldi per la comunità.
Era agosto, un bello spavento. Simile a quello di una manciata di ore prima, quando era stato fermato da un gruppo di uomini che, brandendo dei machete, gli chiedevano di svuotarsi le tasche. Gli andò bene: aveva con sé solo un biscotto, probabilmente perché un mese prima, in Angola, dei criminali armati di fucili gli avevano già rubato fotocamere, telefoni, soldi e passaporti (il tatuaggio, in effetti, era una buona idea). Le peripezie sono durate fino a un mese fa, quando ha rischiato di vedere tutti gli sforzi vanificati per dei problemi nell’ottenere il visto per l’Algeria.
«Volevo correre l’Africa in lunghezza anche perché non l’ha mai fatto nessuno, e ora inizio a capire perché», ragionò. Fra gli altri motivi c’è anche che correre un’ultramaratona (una corsa oltre i canonici 42,195 chilometri) al giorno non sia proprio consigliassimo. E dunque, in Namibia, è stato un dottore a fermarlo per qualche giorno, almeno finché il suo corpo non avesse smesso di mandare il sangue dove il sangue non avrebbe dovuto stare. Il resto lo hanno fatto gli antidolorifici.
[…] grazie all’esposizione sui social, Project Africa ha già raccolto 800mila euro ed è lanciato verso il milione, tutti devoluti a favore dei rifugiati africani in Uk e di un’associazione che attraverso la corsa aiuta senzatetto e persone in gravi difficoltà.
[…] Niente grida di gioia. Pugni alzati? Macché. Un sorriso tirato e una mano alzata alla tempia a favore dei fotografi. «Sono un po’ stanco », ha detto con gli occhi persi alla tv britannica appena uscito dall’acqua marina, dov’era andato a cercare ristoro appena varcato il punto d’arrivo.«Ora me ne vado affanc… », ha aggiunto. Ed è uscito dall’inquadratura.
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