Domenico Agasso e Letizia Tortello per lastampa.it
In qualsiasi coppia il sesso non è solo per riprodursi, ciò che conta è un amore sincero e rispettoso. E poi, il celibato dei preti: non è un dogma e può essere rivisto. Il messaggio del Vangelo, che deve vincere sulle rigidità ecclesiastiche. Scandisce parole dirompenti il cardinale tedesco Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco, membro del Consiglio dei porporati istituito da papa Francesco.
Eminenza, il mondo è uscito sofferente dalla pandemia, ora è piegato dalla guerra. Qual è il ruolo della Chiesa cattolica oggi?
«La Chiesa, ovvero il popolo di Dio, accompagna sempre le persone e i loro dolori. Non può stare al di fuori del mondo, altrimenti è anacronistica. Qualcuno la vorrebbe trasformare in una fortezza, in attesa che passino le tempeste. Ma non è questo il suo compito. Deve essere testimonianza di nuova speranza. Trasmettere che la vita è più forte della morte. Perché durante la pandemia abbiamo vissuto la fragilità della vita umana, perché intorno a noi c’è sempre qualcuno che vuole dominare sugli altri.
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Il popolo di Dio, per dare consolazione e incoraggiamento, per raggiungere la pace, è chiamato a riempire i fossi e abbattere i muri. Non è un buon rinnovamento se la Chiesa continua a distribuire dogmi e a educare pretendendo di sapere che cosa serve alle persone. Gesù invece stava insieme alle persone, non si ergeva dando ordini.
La Chiesa non può limitarsi a guardare il passato definendolo “glorioso”, perché non c’è poi tutta questa gloria. Non dobbiamo solo cercare modalità per far sopravvivere l’istituzione ecclesiastica, ma trovare strategie per diffondere in una società aperta e plurale il Vangelo come invito, come “Empowerment”. Non sono le persone che devono cambiare, è la Chiesa che deve cambiare».
Il celibato sembra stia diventando più un impedimento che una promessa per il mondo sacerdotale. È ora di togliere questa prassi, che non è un dogma? La possibilità di diventare mariti e padri non aiuterebbe a svolgere meglio il compito di guida?
«Per affrontare questo tema bisogna cominciare chiedendosi: come si vive meglio il Vangelo? Gesù per almeno 40/50 volte (nel Nuovo Testamento) parla del Regno di Dio, ma non dice solo che cosa succederà dopo la morte.
Secondo Gesù, il Regno di Dio incomincia adesso, quando ci riuniamo nella sua memoria, quando troviamo riconciliazione. Di che cosa ha bisogno la gente oggi? Di persone che celebrano e portano l’Eucaristia, danno il buon esempio, dedicano la loro vita alla Chiesa e al Vangelo. Possono farlo solo quelli non sposati? Ci metto un punto interrogativo. Penso ai collaboratori pastorali laici, qui in Germania, che predicano, che accompagnano i funerali. Penso all’Amazzonia, dove i credenti aspettano due o tre anni per poter ricevere l’Eucaristia perché mancano sacerdoti. Certo, il celibato è un segno forte per la sequela di Cristo. Ma mantenendo il celibato obbligatorio non è che teniamo in vita solo una tradizione? Era giusta, ma forse oggi non dappertutto. Credo che ci siano anche vocazioni sacerdotali tra gli uomini sposati».
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La Chiesa tedesca spinge con forza per un ruolo più centrale delle donne nell’istituzione. I tempi sono maturi? Anche per il sacerdozio femminile?
«La questione del ruolo della donna nella Chiesa è più che matura, e si capisce facilmente. Solo i preti possono guidare la Chiesa? No. Occorrono la responsabilità ed i carismi di tutti e tutte, insieme. A Monaco ho creato la nuova posizione del capo ufficio, assegnata a una donna, che come co-leader insieme al vicario generale dirige l’amministrazione della diocesi. Gli uomini non possono dire “cerchiamo, ma non troviamo persone adatte”, questo è ipocrita: bisogna solo volerle cercare e trovare. Nella Chiesa tedesca abbiamo lanciato un programma mentoring per sostenere la leadership femminile. I segni dei tempi vanno letti. L’uomo e la donna sono uguali: questo è fondato nella Bibbia. Se non viviamo questa uguaglianza siamo gravemente in ritardo. Bisogna accelerare la riforma. Sul sacerdozio femminile Giovanni Paolo II aveva preso una decisione contraria ben precisa. Ma questa discussione non è ancora finita, non basteranno anni. Intanto però bisogna far partecipare le donne in modo più intenso alla vita della Chiesa, anche in posizioni apicali: non per essere una Chiesa che piace, ma perché è un dettame del Vangelo».
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La pedofilia è la piaga più imperdonabile della Chiesa. Come si estirpa e come si può prevenire?
«Lo scandalo dell’abuso non riguarda esclusivamente la pedofilia in senso più stretto, i colpevoli di abuso hanno profili differenti. Il problema di fondo è l’abuso di potere. È particolarmente grave perché i sacerdoti hanno un potere sacro. Eppure, preti che hanno abusato di bambini il giorno dopo si sono presentati tranquillamente all’altare. È terribile. Ho creato una fondazione per le vittime di abusi, per tutti coloro che hanno perso la fede dopo avere subito violenze. La prevenzione è decisiva, ne vediamo già i frutti: il numero di molestie è diminuito. Ma tutto questo non può avvenire senza un processo globale di rinnovo della Chiesa, senza una nuova collaborazione di preti e laici. Anche il Cammino sinodale, il processo di riforma che abbiamo iniziato nella Chiesa in Germania, ha il suo punto di partenza nella lotta contro tutte le forme di abuso, anche spirituale».
La sessualità fa parte dell’essere umano. Non pensa che la morale cattolica dovrebbe cambiare approccio?
«Anche qui serve una crescita di consapevolezza. La domanda che ci dobbiamo fare è: come possiamo aiutare le persone a vivere il Vangelo? Il Vangelo prevede rapporti personali. La sessualità che Dio ci ha donato fa parte dei rapporti personali. E non deve essere asimmetrica. I due partner devono essere allo stesso livello, anche perché la sessualità, come dice il Concilio Vaticano II, non è solo per la riproduzione. Per tanto tempo c’era la convenzione che fosse così, adesso non più. Perché siamo esseri umani e non animali, la sessualità fa parte del rapporto, esprime un sentimento; va misurata con il livello di amore che c’è tra due persone. Il sesso è anche un modo di manifestare l’amore. Non è automaticamente un peccato, deve essere una forma di accettazione dell’altro. È questa la morale».
La Chiesa sta davvero accogliendo le persone omosessuali?
«Sono stato recentemente invitato a una messa cattolica organizzata da persone LGBTQ+ a Monaco. L’ho celebrata per il ventesimo anniversario di queste messe. L’ho fatto dopo avere informato il Papa. Volevo dare un segnale: “Voi fate parte della Chiesa”. L’orientamento sessuale non può e non deve comportare un’esclusione dalla Chiesa. Non è possibile! Anche le coppie omosessuali vivono la propria relazione con amore: dunque perché non dire a queste coppie “che Dio vi accompagni lungo la vostra strada” come incoraggiamento? In fondo stiamo parlando di una benedizione, non del sacramento del matrimonio. Una volta mi sono espresso così e dopo ho avuto un po’ di grane… Il centro delle coppie, omosessuali e non, non è il sesso: è rappresentato dalla volontà di trascorrere la vita insieme, dall’amore, la fiducia reciproca, la fedeltà fino alla morte. Perciò non posso dire che tutto questo è peccato. Certo la discussione in merito è molto emozionale. Ogni tanto mi meraviglio che questo argomento incontri ancora tanta resistenza».
Torniamo alla guerra. Che cosa pensa della posizione assunta dal patriarca di Mosca Kirill?
«Il 24 febbraio ero a Roma, in auto. Ho sentito dell’invasione russa in Ucraina, ho chiamato subito il vescovo della Chiesa ucraina unita a Monaco. E poi la domenica successiva sono andato alla loro messa, e già nel saluto iniziale ho lanciato un appello al Patriarca Kirill affinché facesse di tutto per fermare questa guerra. Questo è stato ben accolto qui da tanti credenti nella Chiesa ortodossa russa. Anche il Papa ha lanciato messaggi simili al mio, sempre indirizzati al Patriarca. È incomprensibile e insopportabile il comportamento di Kirill: come può un uomo di Chiesa stare a fianco di un aggressore e benedire guerra e violenze? Tanti fedeli della Chiesa ortodossa russa si sono già staccati e si stanno unendo alla Chiesa ortodossa ucraina. La posizione di Kirill ha conseguenze drammatiche enormi sia dal punto di vista politico che ecumenico. Provocano danni a tutto il cristianesimo».
Per molti anni avete lavorato alla nuova costituzione apostolica, «Predicate evangelium». Quali sono le principali novità?
«Il Papa dice che la Curia, “direzione” della Chiesa universale, non è una segreteria del Pontefice. Certo, il Papa è la base dell’unità della Chiesa, ma il Concilio dice anche chiaramente che la Chiesa non è come una piramide. Ci deve essere, più che un insieme, un incastro, tra la Chiesa universale e la Chiesa locale. Non c’è l’una senza l’altra. La Curia non è solo un ente in mezzo, bensì deve sostenere questo insieme. Ma questa istituzione come può essere organizzata? Possono preti e laici, uomini e donne lavorare uno accanto all’altro, anche in posizioni dirigenziali? Il Papa dice un chiaro sì. Forse i cardinali in futuro saranno piuttosto un senato del Papa, bisogna riorganizzare i vari incarichi. Poi ci devono essere compiti precisi nei dicasteri (ministeri). Sarà un grande passo, accadranno cose importanti».
Per esempio?
«Nell’ottobre 2013, nel mio primo intervento al Consiglio dei cardinali, parlavo di “declericalizzazione della Curia”. Però la riforma deve continuare».