Mattia Feltri per "la Stampa"
Virginia Raggi ieri ha tirato fuori la bronzea antifascista che è in lei. Quando un candidato tira fuori il bronzeo antifascista che è in lui, vuol dire che la campagna elettorale è cominciata. Ricordo qualche anno fa - a destra c' era Gianni Alemanno e a sinistra Francesco Rutelli –
Massimo D' Alema si giocò la carta prima del ballottaggio: bisogna fermare la marea nera, disse. Vinse Alemanno, e ci fece vedere di tutto tranne delle maree nere. Non è solo questione di destra e sinistra.
Ignazio Marino, in corsa per il Campidoglio col Pd, lanciò l' allarme contro il fascista Beppe Grillo. L' antifascismo è perfetto per ogni guardaroba: non c' è cravatta a cui non si abbini.
Casapound vorrebbe sfilare il 29 maggio per portare alto il tricolore, e conservare fiero il cuore, e altre arditezze di medesimo stampo, e Raggi ha risposto giammai, i fascisti a Roma non sfilano, non accetterò cortei di chi inneggia al fascismo. In nome dell' antifascismo tutto si può, persino attribuirsi i poteri di vietare la piazza per motivi politici a un movimento a cui, secondo legge, è consentito diffondere giornali e presentarsi alle elezioni.
Ma sfilare no! Se lo scordino! Perché? Perché a Raggi non le garba. Non proprio una posizione che affonda le radici nella più fertile cultura democratica, a dimostrazione di quanto sosteneva Mino Maccari: da un certo punto in poi il fascismo si è diviso in due correnti, fascismo e antifascismo. Nel nostro caso, l' antifascista Raggi in cinque anni non è riuscita a sgombrare la sede fascista di Casapound, abusivamente occupata. È il nuovo corso dell' onestà: ciò che è legale no, ciò che è illegale sì.
mattia feltri premio e' giornalismo 2018 8