Laura Anello per “la Stampa”
MIGRANTI IN MARE SU UN GOMMONE
Sul molo Favaloro, in una folla di facce con il sorriso di chi è salvo, tra vestiti inzuppati, pance di donne in gravidanza avanzata, teli termici offerti dai soccorritori, c'era lei. Lo sguardo impietrito, le implorazioni, le braccia a mimare l'assenza di quel corpicino improvvisamente perduto.
«La tenevo in braccio, poi siamo caduti in acqua, io, mio marito, i miei due altri bambini. Ci hanno ripescato tutti, tranne lei, la mia neonata, la più piccola», ha ripetuto sabato pomeriggio mentre le motovedette della Guardia di Finanza ripartivano per perlustrare il mare. Niente da fare, fino a ieri sera.
La piccola Sarah, chiamiamola così, tre settimane, della Guinea, è l'ultima vittima dell'infinita strage di bambini che si consuma nella rotta verso Lampedusa. Dopo i due piccoli di un anno e due anni - un maschio e una femmina - trovati morti venerdì nell'esplosione di un barcone ormai prossimo all'arrivo, adesso è la volta della neonata sbalzata fuori sabato da un'altra carretta del mare, anche questa giunta al traguardo della traversata, vicino a Lampione, poco più di uno scoglio a venti miglia dall'isola maggiore.
Un barchino di sei metri, partito da Sfax, in Tunisia, con ben settanta migranti a bordo per lo più subsahariani. «Attenzione, state fermi, arriviamo», hanno gridato gli uomini della Guardia di Finanza giunti a soccorrerli. Ma loro si sono spostati su un fianco dello scafo e la barca si è ribaltata. In un attimo erano in acqua: 39 uomini, 25 donne e otto bambini originari di Sierra Leone, Guinea, Nigeria, Ghana e Mali.
Tra loro la mamma con Sarah nelle braccia. Tutti recuperati e issati a bordo della motovedetta, tranne la bambina. «Era qui, era qui con me», ha urlato la madre disperata.
Adesso la donna è con il marito e gli altri figli nel Centro di accoglienza di Lampedusa che straripa di migranti (quasi mille a fronte di 350 posti disponibili) assistita da un team di Medici senza Frontiere. Sami Aidoudi, mediatore culturale, è tra coloro che raccoglie il suo dolore, insieme con colleghi psicologi: «In mare si continua a morire - dice - e questo è inaccettabile.
Queste persone hanno visto bambini morire a pochi passi dalla fine del viaggio. Avevano l'Europa davanti agli occhi. I genitori sono assaliti dal senso di colpa di aver cercato un futuro migliore per i loro figli».
Ieri il neo-presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, ha chiamato il sindaco di Lampedusa Filippo Mannino per esprimere solidarietà e per impegnarsi a velocizzare i trasferimenti dei migranti sulla terraferma. «È la strage degli innocenti - dice il sindaco - piccolissimi che devono essere aiutati e non fatti morire nel Mediterraneo. Tutto mentre l'Europa rimane immobile».
BARCONE DI MIGRANTI ARRIVA A LAMPEDUSA
Sul fronte c'è anche Francesco D'Arca, responsabile del Poliambulatorio dell'isola, al quale - su disposizione della Procura di Agrigento - è toccato il compito di esaminare i corpicini dei due bambini carbonizzati nell'esplosione della barca andata a fuoco. E di prestare più velocemente possibile soccorso agli ustionati. «È un momento molto difficile - racconta - sabato sono arrivate quasi quattrocento persone. E con il mare piatto e un tempo quasi estivo, ci aspettiamo presto altri sbarchi».
I due corpicini carbonizzati adesso sono in due bare nel cimitero di Cala Pisana dove ieri sono andati, in silenzio, alcuni amministratori dell'isola a portare un fiore. Nel centro di accoglienza c'è la madre di uno di loro, disperata come quella che ventiquattro ore dopo ha perso la neonata in acqua: l'una a pochi metri dall'altra.
Mentre, dalla barca andata a fuoco, manca all'appello un'altra donna sbalzata in mare, il cui figlioletto di quattro anni è adesso ricoverato a Palermo con ustioni gravi. I testimoni hanno raccontato la dinamica dell'incidente su quello scafo di ferro: cinque fusti di carburante a bordo, il motore che si ferma, il terrore, i migranti che provano a riaccenderlo, una scintilla che parte, l'esplosione.
Ha invece lasciato il centro di Lampedusa la bambina di quattro anni, che chiameremo Fatima, arrivata da sola domenica scorsa. È stato il parlamentare tunisino Majdi Karbai, in contatto con la zia della piccola, a raccontare quel che è successo: «Il barcone li attendeva in mare e per raggiungerlo dovevano attraversare un tratto di acqua. L'uomo la portava in braccio, mentre la moglie era dietro con la figlia di sette anni.
Quando si è accorto che la donna aveva difficoltà e stava per annegare, è arrivato al barcone e ha lasciato la figlia a bordo per tornare indietro a prendere la moglie. Ma nel frattempo l'imbarcazione è partita». Questo non ha evitato a padre e a madre di essere arrestati per abbandono di minore. Una grande roulette della vita e della morte.
migranti lampedusa 12 MIGRANTI A LAMPEDUSA