Alessio Ribaudo per il “Corriere della Sera”
Bonassola non ci sta e si schiera al fianco del suo parroco don Giulio Mignani al quale, lunedì scorso, è stata notificata la sospensione a divinis dal Tribunale ecclesiastico della Spezia per le tesi a favore dell'eutanasia, dell'aborto e delle famiglie arcobaleno. Domenica, contro il provvedimento firmato dal vescovo Luigi Ernesto Palletti, è stata indetta una manifestazione dal neonato comitato #IostoconDonGiulio «per mostrare solidarietà, vicinanza, affetto e riconoscenza per un grande uomo, attento ai bisogni di tutti, intriso di grande senso di libertà, umanità e rispetto».
Don Giulio, i suoi parrocchiani sembrano aver scelto da che parte stare: la sua.
«Sono dispiaciuto per la vicenda e invito i fedeli a esternare il disappunto con rispetto per chi non è d'accordo».
La sospensione è ingiusta?
«No, perché le mie posizioni non sono conformi all'insegnamento della Chiesa. Sono stato accusato di aver turbato i fedeli ma penso sia più esatto che solo alcuni lo siano rimasti in qualche modo».
Farà appello?
«No, il vescovo ha applicato il codice di diritto canonico».
Cosa pensa delle coppie omosessuali?
«Dove c'è amore, quello vero, c'è l'amore di Dio e questo prescinde dal sesso. Per questo ho protestato contro un documento della Congregazione per la dottrina della fede che vieta la benedizione delle unioni di coppie omosessuali. In Chiesa si benedice di tutto ma non l'amore vero tra omosessuali».
E sull'eutanasia?
«Lo scorso marzo dissi a un convegno a Genova con Marco Cappato che la vita è un dono di Dio e se diventa insopportabile, l'eutanasia è un atto d'amore perché c'è un'autodeterminazione e, quindi, spiritualità. In questo caso non è una svalutazione della vita ma una scelta difficile che va rispettata. Abbiamo il dovere di riflettere senza tabù sulle ipotesi di leggi che la regolamentano. Allo stesso modo, nella mia esperienza pastorale non ho mai visto donne che hanno abortito con leggerezza. Non è che cancellando una legge non si praticherebbe più ma, anzi, verrebbe meno la sicurezza sanitaria perché aumenterebbero quelli clandestini».
Si aspettava conseguenze?
«Sì e mi dispiace se qualcuno si è scandalizzato per le mie parole, tutto si supererebbe se si desse possibilità di camminare insieme pur nella diversità».
Lascerà l'abito talare?
«No, sarebbe ammettere che c'è un solo modo di vivere la fede. Sono sereno perché gran parte dei parrocchiani apprezza le mie idee, traendone motivo di crescita e rimotivazione spirituale. Sono gli stessi che si sono scandalizzati ma per alcuni documenti del Magistero e per l'immagine di una Chiesa ferma in uno scoraggiante immobilismo, non disposta a un dibattito. C'è un fiume carsico che scorre nel popolo di Dio, in parte sotterraneo ma in cerca di punti di emersione e di un bacino di raccolta».
Gli altri preti che le dicono?
«Ho ricevuto email, messaggi, telefonate di solidarietà ma non si espongono perché sarebbero sospesi».
Se incontrasse papa Francesco che cosa gli direbbe?
«Che non intendevo polemizzare o offendere. Ero preoccupato di non far considerare la Chiesa meno credibile nella società di oggi in cui sono cambiate conoscenze e sensibilità. Credo che alla base della decisione del vescovo ci sia la convinzione di possedere la verità escludendo ogni possibilità di dialogo. Invece dovrebbe essere normale quando si riflette su ciò che è più grande di noi ma al contempo ci contiene: come il mistero della vita o di Dio».
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