Lorenzo Padovan per la Stampa
«Benvenuto: chiunque tu sia, questa è casa tua». La scritta ti accoglie in una gigantesca radura, dopo quattro ore di ascesa a piedi sulle montagne di Tramonti di Sopra, nel Pordenonese, alle porte della Carnia. Per i tremila partecipanti al raduno europeo della «Famiglia Arcobaleno», anche l' impervia salita fa parte del cammino di purificazione spirituale che riporta a contatto pieno con la natura e l' ambiente.
Arrivano da ogni angolo del Vecchio Continente, ma ci sono anche un indonesiano e un australiano. Gli italiani sono circa un terzo, ma è impossibile fare una stima esatta: non c' è alcun censimento ufficiale; nel cerchio attorno al grande fuoco può entrare chiunque. Basta rispettare tre semplici regole: non si usano alcol e droghe, si lasciano fuori convinzioni politiche e religiose, si condivide tutto.
Non circola denaro, salvo due volte al giorno quando i bambini - sono tantissimi, pure neonati - passano con il «cappello magico» per raccogliere le offerte per acquistare gli alimenti per i pasti, rigorosamente vegani. Capita che qualcuno non abbia risorse da inserire nel cilindro, ma vanno bene anche un semplice abbraccio o un bacio. Lo snodo logistico è in un parcheggio all' ingresso del paesino friulano che conta trecento anime: un decimo degli ospiti che resteranno in quota per un mese, la durata di un intero ciclo lunare. I «fratelli» e le «sorelle» arrivano con i mezzi più disparati, moltissimi dopo giorni interi di autostop, perfino dalla Lituania.
Dopo una sosta tonificante, un trattore conduce al primo «Welcome» e trasporta i bagagli con l' essenziale: un sacco a pelo, magari una tenda - ma non è indispensabile, il ricovero notturno si condivide con chi non ce l' ha -, una scodella per pranzi e cene e un bicchiere vuoto. Da quel punto si va rigorosamente a piedi, zaini e neonati in spalla. Nei primi due giorni di raduno sono già arrivate cinque donne incinte; due anni fa una gestante partorì sotto il Tepee che svetta nei pressi del grande fuoco.
Sulla soglia del campo ci si toglie le scarpe, e non solo: le calzature portano impurità, ma anche i vestiti sono un optional. Non c' è una regola, ma la nudità è una routine. La tecnologia è demonizzata, escluso un unico telefono satellitare per le emergenze sanitarie.
Nella «Famiglia Arcobaleno» ci sono medici e infermieri, ma sono vietati i farmaci, salvavita a parte. L' approccio è quasi esclusivamente olistico: il raduno è considerato curativo di per sè, perché è la natura che regala il miglior benessere psico-fisico. Banditi i detersivi e la carta igienica: ci si lava nelle gelide acque del torrente e per sterilizzare le zone delle latrine si usa la polvere del sacro fuoco, nel quale brucia solo legna depurata da insetti.
Il tempo è scandito dal sole, perché non ci sono orologi: cerchi a parte - durante i quali si assumono decisioni all' unanimità, usando un bastone sul modello degli indiani che passa nelle mani di ognuno e si può sollevare per segnalare un dissenso - per il resto la libertà è assoluta. Ma ognuno porta un contributo: chi prepara la legna, chi i pranzi, chi regala massaggi o corsi yoga. La musica è suonata unicamente dal vivo, la lingua comune è l' inglese ma il sorriso sopperisce quando le conversazioni diventano difficoltose.
L' invasione della «Famiglia Arcobaleno» è stata accolta con entusiasmo dalla popolazione locale: la Pro loco ha fatto spazio nel magazzino vivande per stivare tonnellate di cibi biologici.
Per trasportarli al Passo è stato usato anche un elicottero che ha fatto la spola dal fondovalle. La gente è stata contagiata dal clima di allegria: «Persone perbene - dice Frederic Urban, che gestisce l' unico locale in zona -.
Mai visti così tanti turisti in vita nostra. Questi giovani ti fanno ben sperare per il futuro. Problemi perché girano mezzi nudi? Lassù faranno ciò che vogliono, qui si adeguano e sono rispettosi, anche se non sono proprio castigati nei costumi».
Il sindaco Giacomo Urban ha definito i partecipanti «pacifistissimi», un neologismo che i «fratelli» ritengono più che mai azzeccato. «Ci danno degli hippies - commenta Matteo, psicologo e psicoterapeuta con studi a Milano e Verbania - lo siamo nella misura in cui si pensa all' unione e alla condivisione, ma non abbiamo nulla a che fare con le esagerazioni di allora».
Una coppia di San Miniato (Pisa) - lui micologo, lei insegnante di scuola dell' infanzia - è tra i frequentatori più assidui fin dai primi Anni Duemila e coordina il campo base: «Non c' è alcun leader, ognuno porta la propria esperienza. Abbiamo un profilo Facebook, ma solo per le indicazioni logistiche, tutto il resto è lasciato all' incontro dal vivo».
Il momento più atteso è quello della luna piena, in cui si esprime al massimo il concetto di fratellanza che fin dal 1981 caratterizza questi raduni itineranti. Il motto è rimasto sempre lo stesso: «In questi tempi di separazione, ci sono persone che credono ancora che esista la possibilità di vivere insieme e serenamente, senza conflitti: luce e amore per tutti».