Giusi Fasano per il “Corriere della Sera”
Quando Davide l'ha colpita ha detto qualcosa? «Sì ma non ricordo esattamente. Sono certa di aver gridato dicendogli "cosa stai facendo?", e lui mi ha risposto "ti ho voluto dare una lezione"». Ha visto il coltello? «Sì. Si trattava di un coltello da cucina per il taglio della carne. Lo ricordo perfettamente perché è uno dei coltelli che utilizzavamo quando vivevamo insieme».
DAVIDE PAITONI CON IL FIGLIO DANIELE
Sono le 7.40 del 4 gennaio. Silvia Gaggini, classe 1985, è a casa dei suoi genitori e ha il cuore in mille pezzi. È sfinita da un dolore inenarrabile ma ci sono due marescialli della stazione dei carabinieri di Azzate (Varese) che vorrebbero farle delle domande e lei - per la seconda volta - risponde. Va incontro alla tempesta dei ricordi.
La prima volta era stata il giorno 2, mentre era in ospedale per le ferite che suo marito Davide le aveva procurato provando ad ammazzarla, la sera di Capodanno. Lui - in fase di separazione da lei e agli arresti domiciliari per il tentato omicidio di un collega - aveva prima ucciso con un taglio alla gola il loro bambino di 7 anni, Daniele, e poi era andato da lei con l'intenzione di fare lo stesso. Silvia aveva saputo che Daniele non c'era più la mattina del 2, dalla stessa carabiniera che adesso stava annotando (a mano) quattro pagine di ulteriori risposte.
«Vorrei puntualizzare - dice la mamma di Daniele nel nuovo verbale - che Davide aveva richiesto espressamente che fossi io a portare il bambino». Anche questo era un dettaglio di crudeltà: voleva che fosse lei l'ultima a vederlo, lei a consegnarlo al suo carnefice. «Per il giorno di Capodanno - racconta la donna - gli accordi prevedevano che io portassi Daniele da lui alle 13. L'ho accompagnato alle 13 precise fino alla porta dell'abitazione dove Davide era ai domiciliari, e gliel'ho consegnato. In quel momento ci siamo limitati ai saluti formali, Davide mi ha augurato buon anno».
Sulle visite del bambino durante gli arresti domiciliari del padre, la mamma precisa: «In seguito all'autorizzazione del giudice che concedeva a Davide di poter tenere con sé nostro figlio, i nostri rispettivi avvocati di volta in volta si accordavano circa gli orari in cui il padre poteva tenerlo con sé. Personalmente ho tentato di limitare queste visite perché ritenevo che l'abitazione dov' era ai domiciliari non fosse idonea ad ospitare un bambino per molto tempo, anche perché non poteva uscire e doveva rimanere per lunghi periodi in quello spazio angusto. Tuttavia durante le festività di fine anno ho dovuto sottostare alle decisioni prese dai legali».
Alle 18.23 di quel giorno Silvia manda un messaggio WhatsApp a suo marito: «Gli ho chiesto se andava tutto bene ma non ho ottenuto risposta e non mi sono preoccupata perché pensavo che Daniele stesse riposando. Alle 21.47 ho ricevuto un WhatsApp audio di Davide che mi diceva: ho avuto una bella giornata con Daniele, te lo sto riportando. Ho indossato il giubbotto e sono uscita in strada ad attenderlo. Raggiunta la strada ho visto che era già arrivato e mi aspettava fuori dalla sua macchina con il baule stranamente aperto. Ho chiesto: dov' è Daniele? E lui: è nascosto dall'altra parte della macchina».
carabinieri a casa di davide paitoni, a morazzone
Lei si sposta per raggiungere il bimbo ma è sospettosa, sta a distanza. Ed è proprio questo che la salva quando lui svela il suo piano e comincia a colpirla. «Mi ha raggiunto velocemente e mi ha colpita al volto. Ho pensato che mi stesse picchiando con le mani. Solo quando mi ha colpita al petto ho realizzato che stava usando un coltello. Ho tentato di fuggire gridando e chiedendo aiuto e mentre ero di spalle sono stata colpita di nuovo. A quel punto sono fuggita e lui è salito in macchina e si è allontanato».
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