Marco Menduni per “la Stampa”
L'ora X è già arrivata. Complice un consiglio di amministrazione già convocato, ma che alla luce degli eventi degli ultimi giorni è destinato a prendere una piega del tutto particolare, oggi sarà probabilmente svelata la strategia dei Benetton (famiglia compatta nel cambio di passo) sul caso Autostrade. Il cda è quello di Edizione, la holding di famiglia che controlla Atlantia, che a sua volta controlla Aspi.
L'obiettivo: proteggere la reputazione degli azionisti e rimarcare le distanze da comportamenti illegali dei funzionari di Autostrade per l'Italia e di Spea, il braccio operativo delle manutenzioni, arrestati o raggiunti da misure interdittive venerdì. Ancora e soprattutto: scoprire se i loro comportamenti hanno ricevuto l'ok, con sollecitazioni e coperture, dai piani più alti delle società.
Al di là della ritualità delle bocche cucite, le notizie trapelano. Il futuro dei massimi dirigenti di Atlantia e di Aspi è appeso alle sorti dell'internal audit, dell' inchiesta interna, di cui già oggi potrebbero essere individuati responsabili e modalità. Inevitabilmente andrà a toccare i piani alti, anzi, altissimi. Già nei prossimi giorni potrebbe essere ascoltato Giovanni Castellucci, oggi amministratore delegato di Atlantia, che come ex numero uno di Autostrade è indagato per il crollo del ponte Morandi, la tragedia con 43 morti.
Tra gli azionisti è palpabile la volontà di arrivare in tempi brevi alla resa dei conti. La poltrona di Castellucci potrebbe essere a rischio, ma c' è un elemento di complessità: l' ad gode della fiducia degli investitori presenti nel consiglio di amministrazione, tra cui il fondo sovrano di Singapore, la Fondazione cassa di Risparmio di Torino, la banca Hsbc e Lazard. Un avvicendamento al vertice non sarebbe un' operazione semplice e indolore.
La volontà dei Benetton è però evidente.
Urgentissimo premere l' acceleratore sul dossier Autostrade; imprescindibile ribadire, anche con iniziative di grande portata mediatica, che l' azionista di controllo non ha nulla a che fare con eventuali comportamenti illeciti nelle società operative. Il segnale della svolta è arrivato sabato con la nota della holding della famiglia Benetton: ha ribaltato tutte le difese d' ufficio nei confronti dei management aziendali piovute sin dal 14 agosto 2018, la data della grande sciagura.
Un cambio di rotta a 180 gradi: troppo devastanti, sulla reputazione e l' immagine del gruppo, le intercettazioni delle cento pagine dell' ordinanza cautelare. Impossibile continuare sulla stessa linea, quando gli stessi indagati parlano tra di loro di «margini di sicurezza rosicchiati» e di «superficialità sulla sicurezza», anche dopo la tragedia di Genova. Eventi avvenuti, se le accuse dei pm saranno confermate, senza che siano scattati i doverosi controlli interni.
La compattezza dei Benetton è ribadita dal ritorno al timone di Edizione di Gianni Mion: il top manager gode della fiducia pressoché incondizionata dei quattro rami della famiglia. Tocca a lui smentire le indiscrezioni circolate negli ultimi giorni sulla possibile vendita, su ipotesi di "spezzatino", ossia su uno spin-off di Autostrade per l' Italia. Lo fa con un' affermazione secca: non è sul tavolo. Ribadisce invece che si stanno valutando «tutte le iniziative doverose e necessarie a salvaguardia della credibilità, reputazione e buon nome dei suoi azionisti e delle società controllate e partecipate».
Vendite, cessioni e affiancamenti non sono al momento all' ordine del giorno e c' è un motivo evidente. Un' azienda sotto stress come Aspi in questo momento non potrebbe che essere valutata a prezzi di saldo: eventualità che determinerebbe l' insurrezione dei fondi. Invece la resa dei conti degli azionisti con il management, quella sì, è questione di ore.