Jacopo Ricca per “la Repubblica”
Da suicidio misterioso a spy story. Il caso di Raffaello Bucci, l' ex ultrà bianconero diventato collaboratore della Juve e morto nel luglio scorso, dopo essersi gettato da un viadotto a Fossano, coinvolge anche i servizi segreti che lo avevano ingaggiato quando era appunto un capo ultrà. «Avevo un rapporto fiduciario con lui, stante il mio impegno in Aise, dal 2010 al giugno 2015, anche se mantenne i miei recapiti» ha detto ai pm torinesi Monica Abbatecola e Paolo Toso, nel settembre scorso, un dipendente dell' Agenzia informazioni e sicurezza esterna due giorni dopo il suicidio.
Bucci il 6 luglio era stato sentito dai pm che indagavano sui rapporti tra tifosi e criminalità organizzata, interessata al business del bagarinaggio. I pm gli chiesero dei suoi contatti con Rocco Dominello, considerato l' elemento di raccordo tra pericolosi capi ultrà come Dino Mocciola, leader dei Drughi, e la 'ndrangheta. Quel colloquio sconvolse Bucci, come raccontato dai suoi colleghi della Juve e come ammesso dalla "spia" che, in quei giorni, era stato contattato dall' ex ultrà preoccupato per l' inchiesta.
Il suo interrogatorio è negli atti dell' inchiesta Alto Piemonte, l' indagine sulle infiltrazioni della 'ndrangheta nella curva bianconera. E il suo nome è omesso per ragioni di sicurezza e sostituito con quello di "Gestore". Il compito dell' agente segreto era quello di trovare collaboratori dei servizi e, appunto, gestirli: «Avevamo un rapporto senza intermediari per l' infiltrazione di frange eversive e di estrema destra nelle curve - spiega la "spia" ai pm - Lui mi raccontò cose da cui nel 2013 nacque un appunto trasmesso ai carabinieri sul gruppo "Gobbi", su cui c'era un' interesse degli Ursini (storica famiglia 'ndranghetista di Torino ndr)».
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Nel 2013 Bucci ipotizzava un legame tra ultrà e 'ndrangheta, ma non lo comunicò alla Juve quando, un paio d' anni dopo, fu ingaggiato per occuparsi dei rapporti tra società e tifo organizzato. I dirigenti bianconeri, a partire dal presidente Andrea Agnelli, che il 15 maggio sarà sentito come testimone, assicurano di non aver saputo nulla di infiltrazioni mafiose, né della famiglia da cui proveniva Dominello.
«Quando Bucci mi raccontò dei Gobbi non mi parlò di Dominello - racconta ancora "Gestore" - Fui io a collegare tale notizia a Rocco, sapendo da altri atti interni all' Agenzia che la famiglia era vicina alla Juventus». L'Aise sapeva, insomma, già nel 2013 del progetto criminale sgominato dai magistrati solo nel luglio 2016. E proprio il 7 luglio, il giorno della morte di Bucci, ci fu un improvviso black-out del servizio di intercettazione della procura di Torino, che stava ascoltando le chiamate dell' uomo, elemento fondamentale per l' indagine secondo gli investigatori della squadra Mobile di Torino.
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Questo "incidente" rese difficile ricostruire le sue ultime ore e i motivi del suo gesto (tanto che l' inchiesta è al momento archiviata). Gli inquirenti sono riusciti a recuperare solo i numeri di telefono contattati. In particolare, l' ultima telefonata prima di gettarsi dal viadotto Bucci la fece con un' utenza della Questura di Torino e in uso a un funzionario della Digos: «Era in ritardo per l' appuntamento che avevamo, mi disse che stava arrivando». Proprio in quei minuti però Bucci aveva fermato la sua Jeep Renegade in mezzo alla carreggiata e si preparava a mettere fine alla sua vita.