CON L’ADDIO DI DRAGHI È PANICO NELLA AZIENDE DI STATO: FRA MARZO E APRILE 2023 SI ASSEGNANO UN CENTINAIO DI POSTI IN UNA VENTINA DI SOCIETÀ - LA CRISI DEL GAS BLINDA DESCALZI ALL’ENI – AUMENTANO LE PROBABILITÀ DI RESTARE PER STARACE (ENEL). GLI ASSETTI DI LEONARDO CON PROFUMO (COMUNQUE IN USCITA), DI POSTE CON DEL FANTE, DI TERNA CON DONNARUMMA RIFLETTONO GLI EQUILIBRI DEL GOVERNO GIALLOROSSO CONTE II. E FUORTES?

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Carlo Tecce per Espresso.repubblica.it

 

draghi draghi

Oh no! Non si porta più il grigio tecnico tonalità Washington Bruxelles. Un bel guaio. Soprattutto per le aziende pubbliche che si erano acchittate in ossequio ai sobri gusti di Mario Draghi.

 

La tanto agognata conclusione «ordinata della legislatura» con il voto la prossima primavera inoltrata era la prosecuzione, di certo ordinata, delle carriere di smaniosi dirigenti di Stato.

 

Fra marzo e aprile 2023 si assegnano un centinaio di posti di comando e di consiglio in una ventina di società a controllo statale. Nel gruppo ci sono cinque multinazionali quotate in Borsa che, ciascuna con le proprie dimensioni e le proprie attitudini, determinano la politica industriale e le relazioni diplomatiche del Paese. In ordine di valori di capitalizzazione in Piazza Affari: Enel, Eni, Terna, Poste, Leonardo, cioè energia, risparmi, comunicazioni, infrastrutture, armamenti, aerospazio.

DARIO SCANNAPIECO DARIO SCANNAPIECO

 

La caduta di Draghi e la rovente campagna elettorale non impongono soltanto un cambio di armadio, ma confusione, agitazione: panico. Perché assieme a Draghi, se davvero ci sarà la svolta a destra, cadono i riferimenti classici del potere: in vari formati e contesti, dal 13 novembre 2011, giuramento di Mario Monti e suoi ministri, il Pd ha governato sempre tranne una pausa di quattordici mesi col Conte I.

 

Draghi ha adoperato uno stile impolitico o non politico per le nomine che ha affrontato: niente consultazioni di maggioranza, niente interferenze per gli amministratori, ampio sfogo ai partiti con le poltrone più leggere nei consigli. Chiunque entrerà Palazzo Chigi avrà un piglio diverso. Perciò l’addio di Draghi invalida le sicurezze di chi ha nominato e non unicamente le speranze di chi attendeva di essere nominato o rinominato.

dario scannapieco dario scannapieco

 

Un simpatico aneddoto. Un anno e mezzo fa Dario Scannapieco, allora vicepresidente della Banca europea per gli investimenti, scaricò subito un’applicazione di messaggistica protetta appena il suo estimatore Draghi fu convocato al Quirinale da Sergio Mattarella per ricevere il mandato esplorativo.

 

Ipotizzare che Scannapieco subentrasse a Fabrizio Palermo a Cassa depositi e prestiti fu il più facile dei pronostici. Invece non era scontato che Draghi riuscisse a interrompere il regno di Giuseppe Bono a Fincantieri con Pierroberto Folgiero.

 

Cassa depositi e prestiti è uno strumento essenziale di governo e Fincantieri è più di una multinazionale di cantieristica navale civile e militare. In che modo, quale sintonia, affinità, linguaggio, Scannapieco (che scade nel 2024) e Folgiero (che scade nel 2025) dovranno e potranno interagire con il futuro inquilino di Palazzo Chigi.

 

MARIO DRAGHI CLAUDIO DESCALZI MARIO DRAGHI CLAUDIO DESCALZI

Dopo il sofferto scioglimento delle Camere, il presidente Mattarella ha richiamato i partiti a collaborare col governo nell’interesse superiore dell’Italia. Che poi il tutti contro tutti è il difetto congenito della nazione, attenuato dall’egemonia democristiana nella prima Repubblica, esploso con il disfacimento del sistema dei partiti nella seconda Repubblica.

 

Schiacciata da un modello tribale e chiaramente non governabile, vien da citare la Libia, la Rai è spesso la fedele proiezione di ciò che sta per accadere nel Paese. È una prima visione.

 

La campagna elettorale è già iniziata e nel servizio pubblico ognuno indossa la propria uniforme. Dove ci si aspetta che Giorgia Meloni possa esibirsi nei suoi comizi, state certi si esibirà. Gli indizi sono freschi. Lo stesso succede per Matteo Salvini, Enrico Letta, Matteo Renzi eccetera.

 

MARIO DRAGHI CLAUDIO DESCALZI MARIO DRAGHI CLAUDIO DESCALZI

Con Giorgia ci sarà più premura, è palese, è la favorita dai sondaggi. E infatti da circa un anno Fratelli d’Italia non è più il partito paria per Viale Mazzini. L’altro giorno, durante la diretta su Rainews, s’è persino udita una leggera critica a Draghi. È il rumore delle urne che si avvicinano.

 

C’è una piccola questione, però: l’amministratore delegato Carlo Fuortes e la presidente Marinella Soldi sono forestieri per la destra, li ha indicati Draghi, li ha sostenuti una maggioranza deceduta. Un anno fa. Non nel 1948. Ben salda negli schemi disegnati negli anni ‘80 e con qualche menomazione sopravvissuta alla stagione del concorrente privato Berlusconi, la Rai aspetta di essere ammodernata da quando Steve Jobs inventò la Apple. Capiterà domani? Ovvio che no. Neppure dopodomani. Forse non capiterà mai.

 

A volte s’è discussa l’opportunità di estendere l’incarico di amministratore delegato a cinque, almeno quattro, non più gli attuali tre anni. In Italia tre anni sono un tempo infinito e non lineare. È raro che il capo di Viale Mazzini abbia lo stesso presidente del Consiglio per tre anni. Dal 1992 si sono susseguiti 17 governi.

 

L’emergenza politica è l’emergenza più rassicurante che ci possiamo permettere. Arriva puntuale. All’incirca ogni 13/14 mesi. Non delude mai per colpi di scena. Ci inonda di parole, previsioni, proclami. E dunque che riforma deve preparare Fuortes? Nessuna. Deve gestire le pratiche ordinarie (come Draghi del resto) e tenersi gli scatoloni in ufficio.

CLAUDIO DESCALZI IN QATAR CLAUDIO DESCALZI IN QATAR

 

I rapporti di forza nelle aziende di Stato diciamo non culturali sono diversi. Claudio Descalzi guida Eni dal 2014. Questo è il suo periodo migliore. Il processo sui giacimenti in Nigeria s’è fermato con una assoluzione. Palazzo Chigi si è appoggiato a Eni per sottrarsi alla dipendenza di gas russo. Descalzi ha introdotto i ministri. Ha elaborato e firmato accordi. Con Draghi al governo la conferma era automatica. Non è in troppo bilico, però, neanche senza.

 

Dario Scannapieco Matteo Del Fante Dario Scannapieco Matteo Del Fante

Aumentano un po’ le probabilità di restare per Francesco Starace (Enel), anch’egli al vertice da otto anni. Con Palazzo Chigi c’erano stati attriti alla vigilia della guerra russa in Ucraina proprio per una videoconferenza con Vladimir Putin. Draghi aveva ordinato di disertare, Starace partecipò. Gli assetti di Leonardo con Alessandro Profumo (comunque in uscita), di Poste con Matteo Del Fante, di Terna con Stefano Donnarumma riflettono gli equilibri del governo giallorosso Conte II.

 

Chissà quali colori saranno più adatti dopo le elezioni. Per non sbagliare, già si comincia a mettersi addosso qualcosa di più scuro.

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