L’ASSOLUZIONE ARRIVA DALL'OLTRETOMBA! A MILANO, DOPO 15 ANNI, UN UOMO VIENE SALVATO DALL'ACCUSA DI VIOLENZA SESSUALE SU UNA BIMBA DI 4 ANNI DA UNA LETTERA - L’UOMO VENNE CONDANNATO IN CONCORSO COL COMPAGNO CHE PRIMA DI TOGLIERSI LA VITA VERGO’ UN DRAMMATICO TESTO IN CUI PROFESSAVA L’INNOCENZA DI ENTRAMBI. DECISIVA UNA PERIZIA BASATA SULLE NEUROSCIENZE...

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Luigi Ferrarella per il Corriere della Sera

 

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Assolto grazie a una lettera proveniente dall'oltretomba. E a una metodologia di neuroscienze che sostiene di poter indagare il contenuto autobiografico della memoria di una persona, verificando «al 92%» se uno specifico fatto sia presente come memoria vera o falsa nella sua mente.

 

A salvare l'uomo da una condanna ormai definitiva nel 2016 per concorso in violenze sessuali, asseritamente commesse nel 2002 dal suo compagno (poi suicida il 15 luglio 2005) sulla figlia di 4 anni della sorella, per metà ieri in Corte d'Appello a Brescia è stato infatti il drammatico testo, rimasto 15 anni in una busta sigillata in una stazione dei carabinieri, al quale lo zio materno, appena prima di togliersi la vita, aveva affidato il grido postumo di innocenza propria e del compagno;

 

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e per metà è stato il peso che la Corte, anche attraverso una propria perizia, ha dato a una variazione degli «aIAT-autobiographical Implicit Association Test» ideati da Anthony Greenwald nel 1998: quella con cui il professore di neuroscienze forensi all'Università di Padova, Giuseppe Sartori, dal 2008 ritiene di poter accertare non la verità assoluta, e nemmeno la verità o meno del racconto di una persona, ma ciò che il cervello del soggetto ricorda come veritiero.

 

Imputato a Busto Arsizio di aver concorso (fotografandole) nelle violenze sessuali, sino all'assoluzione di ieri ha vissuto un'altalena di assoluzione nel 2007, condanna in Appello a 4 anni nel 2009, annullamento in Cassazione nel 2010, di nuovo condanna nel 2014, resa definitiva dalla Cassazione nel 2016.

 

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Altalena dovuta alle differenti valutazioni dell'affidabilità scientifica o meno dei ricordi (sotto forma di «brutto sogno») della bimba, visto che per il resto negativi erano stati gli esiti delle perquisizioni (niente materiale pedopornografico) e della perizia sulla pellicola della macchina fotografica.

 

Ma il 6 settembre 2017, nella stazione dei carabinieri dove nel 2005 erano finiti gli effetti personali del suicida, uno dei legali aveva ritrovato una busta chiusa mai aperta sino allora. Lettera il cui contenuto aveva motivato il difensore Guglielmo Gulotta a chiedere la revisione della condanna definitiva, anche in virtù della somministrazione dei test «a-IAT» ad opera del consulente di parte Pietro Pietrini (direttore della Scuola Imt Alti Studi di Lucca), e cioè alla asserita assenza nel cervello dell'imputato di una traccia mnestica del fatto per il quale era stato condannato.

 

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L'applicazione di neuroscienze ai processi è molto discussa, e in Italia, oltre a un profilo del caso Cogne nel 2002, ha trovato poche applicazioni (per motivare attenuanti di vizi di mente a Trieste nel 2009 e a Como nel 2011, o per concorrere all'accusa a un condannato a Cremona nel 2012), ma anche secchi disconoscimenti (come a Venezia nel 2013). Anche per questo la Corte ieri ha ritenuto di disporre una perizia per comprendere la metodologia IAT, sulla quale la professoressa Michela Balconi si è espressa in termini di attendibilità.

 

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