Maria Teresa Martinengo per La Stampa
«Lo ammetto, all’inizio un po’ di paura che non mi abbracciasse nessuno l’ho avuta. Invece mi hanno abbracciato in tanti, è stato bello, mi ha fatto star bene. Dopo un’esperienza così ti senti meglio». In mezzo a via Garibaldi, Yonut Sau, 19 anni, rom, una certa somiglianza con Sean Penn, alle quattro di ieri pomeriggio aveva concluso e commentava così la sua memorabile impresa: tre ore fermo nel flusso continuo del sabato, un cartello ben visibile al collo con la scritta «Io sono rom, abbracciami» e sotto «#Giornata internazionale contro il razzismo».
Fermo ad aspettare gesti contro il pregiudizio, piccoli gesti capaci di mettere in relazione. Che sono arrivati. Abbracci, sorrisi, richieste di spiegazioni. Da Dina, per esempio, che è greca e lavora qui da anni. «Gli italiani sono gentili con gli stranieri - ha detto poi, seduta in un dehors - ma mantengono le distanze. L’abbraccio è una buona idea, appena provocatoria». Giacomo e Cecilia, giovani romani trasferiti a Torino, hanno superato Yonut, poi sono tornati indietro.
«Sappiamo quanto i rom siano discriminati. Ho voluto abbracciarlo», ha detto Giacomo. Luca, di Ferrara, è sbrigativo: «Zero pregiudizi». «Solo due ragazzi - ricorda Yonut - mi hanno detto: “Sì al razzismo” e sono andati». Una ragazza l’ha abbracciato e rivolta all’amica che la guardava perplessa: «Aveva un buon profumo». Tra uno e l’altro certo anche molta indifferenza.
IL CAMPO NOMADI DELLA CONTINASSA A TORINO
L’IDEA
È stata Martina Steinwurzel della cooperativa sociale Babel, realtà che lavora con migranti e richiedenti asilo, ad avere avuto l’idea degli abbracci da immortalare in un video che verrà messo sui social in occasione del 21 marzo, appunto Giornata internazionale contro il razzismo. La candid camera era posizionata alle finestre del Centro Sereno Regis per la pace, l’ambiente, la sostenibilità, in via Garibaldi 13.
«Mi sono ispirata - racconta - all’esperienza fatta anni fa da un ragazzo che, in mezzo alla strada, con una telecamera fissa che lo riprendeva, si era messo al collo il cartello “Ho l’Hiv, ti azzarderesti a toccarmi?”. Per abbattere il pregiudizio servono anche azioni di questo tipo. Oggi dei rom non si parla più, sono passati in secondo piano». E c’è dell’altro. «Sui social la gente scrive di tutto, non sembra responsabile di ciò che scrive. Ma in un contatto reale con un essere umano, devi essere davvero molto razzista per non guardarlo negli occhi e accorgerti che è uguale a te». Martina per un po’ si è preoccupata: «Non è scontato come possano andare le cose in un momento storico in cui c’è la caccia al migrante. Siamo contenti».
SOPRATTUTTO GIOVANI
«Sono contento anch’io», conferma Yonut, meccanico con qualifica in cerca di occupazione, residente al Dado di Settimo, l’housing sociale gestito da Terra del Fuoco, la sola esperienza che abbia positivamente coinvolto i rom. «Gli abbracci li ho ricevuti quasi tutti da giovani e in particolare da ragazze. Una signora anziana ha letto il cartello e mi ha detto: adesso arriva una giovane, è meglio che ti abbracci lei».