Ruggiero Corcella per www.corriere.it
La liaison tra ciò che mangiamo e alcuni tipi di tumore è ormai assodata. Il sovrappeso -e l’obesità- sono la principale causa prevenibile della malattia dopo il fumo e l’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma (non senza sollevare critiche) che la carne lavorata aumenta leggermente il rischio di cancro.
Adesso uno studio francese su 105 mila persone mette sotto la lente di ingrandimento gli alimenti «ultra-lavorati»: pane e focacce confezionati in serie ; snack dolci o salati confezionati, incluse le patatine; barrette di cioccolato e dolci; bibite e bevande zuccherate; polpette, crocchette di pollo e di pesce ; «noodles» e zuppe istantanei ; pasti pronti congelati o con data di scadenza; alimenti realizzati principalmente o interamente da zucchero, oli e grassi. E i risultati suggeriscono - con molta cautela da parte dei ricercatori - una possibile connessione tra questi cibi e il cancro.
I PARTECIPANTI SEGUITI PER CINQUE ANNI
Il team della Université Sorbonne Paris Cité ( USPCU) ha reclutato 104.980 persone (età media 42,8 anni) ai quali è stato chiesto di tenere un «diario alimentare» sulle 24 ore in registri online progettati per segnare il consumo abituale dei partecipanti per 3.300 diversi alimenti . I soggetti sono stati seguiti per cinque anni. In media , il 18% dei partecipanti allo studio ha consumato cibi ultra-lavorati.
I risultati, pubblicati appunto sul Bruitish Medical Journal, dicono che un aumento del 10% nella proporzione di alimenti ultra-elaborati nella dieta è stato associato ad aumenti significativi del 12% nel rischio complessivo di contrarre un tumore e dell’11% nel rischio di cancro al seno.
«Questi risultati suggeriscono che il rapido aumento del consumo di alimenti ultra-elaborati potrebbe causare un aumento dell’incidenza del cancro nei prossimi decenni» scrivono gli autori aggiungendo però che i risultati devono «essere confermati da altri studi su larga scala» e che «sono necessari ulteriori studi per comprendere meglio l’effetto relativo delle diverse dimensioni della lavorazione (composizione nutrizionale, additivi alimentari, materiali di contatto e contaminanti neoformati) in queste associazioni».
LE CRITICHE: OCCORRONO ULTERIORI STUDI SU LARGA SCALA
Come riporta la Bbc, si tratta di un «segnale di avvertimento». Dallo studio non è possibile concludere con certezza che gli alimenti ultra-lavorati siano causa diretta di tumori . Molti, i possibili fattori confondenti: le persone reclutate nello studio erano molto più propense a fumare, erano meno attivi, consumavano più calorie in generale ed erano più propense ad assumere il contraccettivo orale.
I ricercatori ovviamente hanno tenuto conto di questo nelle loro analisi e proprio per questo dicono che il loro impatto «non può essere del tutto escluso». La professoressa Linda Bauld, esperta di prevenzione del Cancer Research UK, ha detto alla Bbc: «È già noto che mangiare molti di questi alimenti può portare ad un aumento di peso, e il sovrappeso o l’obesità possono anche aumentare il rischio di cancro, quindi è difficile distinguere gli effetti di dieta e peso».
Lo studio , a suo dire, è un «segnale di avvertimento per mantenere una dieta sana», ma ha aggiunto che le persone non dovrebbero preoccuparsi di mangiare «qua e là» un po’ di cibo elaborato a patto che consumino molta frutta, verdura e fibra. Secondo Ian Johnson, del Quadram Institute di Norwich, lo studio ha «individuato alcune associazioni piuttosto deboli».
Dal suo punto di vista, il termine «ultra-elaborato» peccherebbe di imprecisione: «Il problema è che la definizione di alimenti ultra-elaborati che hanno usato nello studio è così ampia e mal definita che è impossibile decidere esattamente quali nessi causali siano state osservate».
Per il professor Tom Sanders del King’s College di Londra, la definizione di cibi ultra-elaborati presenta troppe stranezze: «Questa classificazione sembra arbitraria e basata sulla premessa che il cibo prodotto industrialmente ha una composizione nutrizionale e chimica diversa da quella prodotta in casa o dagli artigiani. Questo non è il caso».
Persino il commento che accompagna il British Medical Journal ha messo in guardia dal saltare alle conclusioni. Martin Lajous e Adriana Monge dell’Istituto nazionale della sanità pubblica del Messico, hanno avvertito «siamo lontani dalla comprensione delle piene implicazioni dei cibi trasformati, per la salute e il benessere». Secondo loro, lo studio va considerato semplicemente «un’intuizione iniziale».