Massimiliano Jattoni Dall’Asén per corriere.it
La maratona (o dovremmo dire gimkana?) attraverso la giunga fiscale di settembre è pronta a iniziare. Tra i versamenti dei mesi scorsi slittati a causa dell’emergenza legata al Coronavirus e le scadenze naturali previste per questo ultimo scorcio d’estate, questo mese si contano circa 270 appuntamenti irrinunciabili con il Fisco.
A chiedere il conto, rileva la Cgia, ci penseranno, in particolar modo, l’Iva, i contributi previdenziali, l’Ires, l’Irap e il saldo/acconto Irpef. L’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre ha individuato anche la giornata più difficile, quella del 16 settembre, quando il Fisco chiederà ai contribuenti 187 versamenti, oltre alla presentazione di 2 comunicazioni e 3 adempimenti.
15 giorni senza tregua
«Da mercoledì prossimo - ha detto il coordinatore dell’Ufficio studi Cgia Paolo Zabeo - scatterà una vera e propria maratona fiscale. Per 15 giorni non avremo tregua e le imprese, in particolar modo quelle di piccola dimensione, saranno sottoposte ad un forte prelievo. Il groviglio di scadenze tese dall’erario non ci lascerà scampo e in attesa della semplificazione fiscale e del tanto agognato taglio delle tasse, l’unica certezza su cui potremo contare è che ancora una volta dovremo mettere mano pesantemente al portafoglio».
13 proroghe dovute al Covid
L’ingorgo del 16 settembre è dovuto anche al Covid. Tra i 187 versamenti da fare entro quella data, infatti, 13 sono quelli che sono stati sospesi per la crisi provocata dalla pandemia. Il decreto di agosto ha previsto in realtà una ulteriore parziale proroga per queste 13 scadenze: il 50% del dovuto si può versare in un’unica soluzione entro il 16 settembre o in 4 rate mensili di pari importo (di cui la prima sempre al 16 settembre); il restante 50% si può rateizzare al massimo in 24 rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata il 16 gennaio 2021.
In 40 anni pressione fiscale salita dell’11%
Negli ultimi 40 anni, ricorda sempre la Cgia, la pressione fiscale è salita nel nostro Paese dell’11%: nel 1980 era al 31,4%, nel 2019 al 42,4%. Ma se il nostro presente ci appare il peggiore, ci sbagliamo: la punta massima c’è stata nel 2013 col 43,4% a seguito dell’ inasprimento della tassazione conseguente alla reintroduzione della tassa sulla prima casa, all’aumentato dei contributi Inps sui lavoratori autonomi, l’inasprimento del prelievo fiscale sugli immobili strumentali e il ritoccato all’insù il bollo auto.