Carlo Petrini per “La Stampa”
L'acqua è la risorsa più preziosa di cui disponiamo e la sua scarsità pone serie minacce alla nostra sopravvivenza. Nell'ultimo rapporto delle Nazioni Unite sullo stato della siccità nel mondo si legge: «La siccità è sul punto di divenire la prossima pandemia, e per essa non ci sono vaccini».
Non voglio risultare catastrofico e nemmeno sminuire la gravità della crisi sanitaria in atto, ma non possiamo neppure continuare a ignorare le molteplici sfaccettature dell'emergenza climatica che stiamo vivendo. Un'emergenza che sempre più si manifesta con fenomeni estremi e talvolta opposti, pur rimanendo all'interno di aree geografiche circoscritte.
Ne è un esempio il mio Piemonte: nei mesi di giugno e luglio, soprattutto il nord della regione, è stato colpito da violenti e ripetuti nubifragi che hanno arrecato seri danni a raccolti e abitazioni (i dati dell'Arpa riportano che il bimestre trascorso sia stato uno dei più piovosi degli ultimi ottant' anni). La distribuzione non omogenea delle precipitazioni ha però fatto sì che alcune aree, tra cui quella cuneese, si stanno preparando a dichiarare lo stato di emergenza a causa di una severa mancanza di acqua che rischia di compromettere l'uso domestico e agricolo.
E se è vero che la siccità è un fenomeno antico, che trova posto tra le pagine dei libri di storia, è pur vero che la sua diffusione non è mai stata così capillare come oggi. Si stima infatti che colpisca circa 1,5 miliardi di persone nel mondo, essendo inoltre fonte di ingenti perdite economiche. Mentre se non agiamo urgentemente la mancanza d'acqua potrebbe diventare tra le principali cause di migrazione (basti osservare gli attuali flussi che sono strettamente legati alla desertificazione).
Ci troviamo dunque di fronte a una criticità globale, che deve però essere affrontata anche a livello locale e individuale. Dato poi che agricoltura e settore alimentare consumano oltre il 70% dell'acqua totale, mi sembra giusto considerare il cibo un buon punto di partenza. Non entro nello specifico della piaga tutta italiana della rete idrica che è un colabrodo. Secondo l'Istat si perde il 42% dell'acqua messa in rete, quanto basterebbe a soddisfare le esigenze idriche di 44 milioni di persone.
Ma, nonostante gli allarmi lanciati in questi anni, poco o nulla si è fatto. A chi di voi, passando per le strade di campagna in estate non è mai capitato di vedere braccia meccaniche che sorreggono enormi getti che fanno cadere l'acqua a pioggia sui campi di mais? Questo è un sistema che genera spreco e che di conseguenza non possiamo più permetterci.
Per una migliore gestione dell'acqua è necessario ricorrere a tecniche di irrigazione più mirate ed efficienti, dotarsi di sistemi di raccoglimento, e poi ancora adottare pratiche di economia circolare quali ad esempio il riutilizzo di acque reflue a fini irrigui. In fase di produzione un'ulteriore soluzione è rappresentata anche dalla coltivazione di varietà locali che essendosi co-evolute con il territorio necessitano di meno input esterni, tra cui l'acqua. La biodiversità ci può venire in aiuto.
Pensiamo alle numerose mele autoctone che crescono senza la necessità di irrigazione e che abbiamo espiantato per fare posto a altre varietà che richiedono invece quantitativi ingenti di acqua. La stessa cosa vale per il mais e l'elenco potrebbe continuare. Spostando ora l'attenzione sul consumo, vediamo come anche le scelte alimentari che compiamo quotidianamente, possono avere un impatto sul risparmio d'acqua.
Come? Prima di tutto non sprecando; al 30% di cibo annualmente sprecato nel mondo, è infatti associata una meno nota perdita d'acqua di circa 250 chilometri cubi. Per dare un'idea equivarrebbe a svuotare interamente, e per ben cinque volte, il lago di Garda.
In secondo luogo dovremmo preferire i prodotti stagionali che richiedono meno acqua per essere prodotti, e limitare i cibi di origine animale per cui la quantità d'acqua necessaria per la produzione supera di circa dieci volte quella dei prodotti vegetali. La siccità è un problema di portata planetaria e i governi di tutto il mondo, a partire dalla Cop26 sul clima di novembre, di cui l'Italia è co-presidente, dovrebbero impegnarsi seriamente per mitigarla.
Visto però che non c'è tempo da perdere, anche noi cittadini dobbiamo sentirci parte in causa, iniziando fin da ora ad attuare piccoli accorgimenti, in grado di fare una grande differenza nella cura di una risorsa così preziosa quale è l'acqua
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