Benedetta Centin per www.corriere.it
Cellulare in classe: bandito nelle ore di lezione. Entra in classe sì, ma ciascun alunno al suono della campanella è tenuto a consegnarlo al professore, il quale lo ripone in un armadietto che rimane inaccessibile, chiuso a chiave, per tutta la mattinata. Ogni ragazzo torna poi in possesso del proprio smartphone, sempre per tramite del docente, al termine delle sei ore, quando deve far rientro a casa.
E gli insegnanti non fanno eccezione: il cellulare deve rimanere nel cassetto. E’ quanto accade al liceo Malpighi di Bologna. «Per noi le nuove tecnologie non sono il male, abbiamo appena inaugurato un liceo quadriennale di scienze applicate, per la transizione ecologica e digitale, solo dobbiamo uscire da queste dipendenze, da cellulare e social appunto che sono anche di noi adulti» fa sapere la rettrice delle scuole Malpighi, Elena Ugolini.
«Ora, abbiamo ricominciato l’anno scolastico guardandoci in faccia, senza più mascherina a cui siamo stati costretti causa covid – continua la referente – un inizio all’insegna della presenza, dell’ascolto, della relazione e concentrazione per tutto il tempo delle lezioni. Senza cellulare i ragazzi non sono continuamente distratti, sono invece più concentrati e in relazione».
Da lunedì sono in totale 530 gli adolescenti (tanti sono gli iscritti nel liceo di via Sant’Isaia) che rimangono sconnessi per l’intera mattina risultando più focalizzati sui rapporti e sullo studio, potendo contare anche su dispositivi moderni come computer e Lim, la lavagna digitale. Insomma, non avere a disposizione lo smartphone mentre si è in classe, così come contemplato nel regolamento di istituto e come approvato all’unanimità dal collegio docenti, va interpretato come un dono.
A spiegarlo è la stessa Ugolini: «E’ un regalo, questo, che stiamo facendo ai ragazzi, ai loro neuroni, ai loro cuori, alla loro affettività e capacità cognitive e di relazione. Lo sostiene anche la neuroscienza». E gli adulti non fanno eccezione. «I primi a rinunciare ai cellulari sono i professori che lasciano gli apparecchi in un cassetto della scrivania».
Una novità che è stata accolta di buon grado da tutti. «Era già stata fatta un’esperienza in una classe pilota l’anno scorso. All’inizio – riferisce la rettrice – i ragazzi hanno fatto fatica ma poi ci hanno ringraziato, coscienti di averne guadagnato in serenità, per le sei ore di presenza, di relazione. E anche i genitori, che vogliono bene ai propri figli, che capiscono quanto sia forte la loro dipendenza da cellulare e social, hanno apprezzato. Non pensavo ad una risposta così positiva e unanimemente diffusa».