Roberta Scorranese per il Corriere della Sera
Carmen Thyssen Bornemisza giovane
«Sarà un danno gravissimo per la città. Come se a Milano, all' improvviso, svuotassero la Pinacoteca di Brera». Più o meno questo fu il grido d' allarme dei ticinesi trent' anni fa, quando si sparse la voce che la collezione d' arte del barone Hans Heinrich von Thyssen-Bornemisza avrebbe lasciato Villa Favorita, a Lugano, per migrare in Spagna. E (bizzarra nemesi) più o meno questo è il grido d' allarme dei madrileni negli ultimi giorni, perché una parte di quella stessa collezione potrebbe volare via. Forse addirittura tornare a Lugano.
Protagonista di questa storia è la bionda baronessa Carmen Thyssen-Bornemisza nata Cervera, 73 anni, miss Spagna nel 1961, che, dopo aver sposato un Tarzan (cinematografico, s' intende: l' attore Lex Barker) e un produttore playboy, Espartaco Santoni, si accasò con il barone von Thyssen-Bornemisza, nome impegnativo e appropriato per un miliardario olandese naturalizzato svizzero, con affari nell' acciaio e nella meccanica, proprietario, come diceva Carmen alle feste degli anni Ottanta, della «collezione d' arte più importante del mondo, al pari di quella della Corona inglese».
Il barone infatti trascorse almeno trent' anni della sua vita (morì nel 2002) a rastrellare aste e gallerie, mettendo da parte un patrimonio valutato da Sotheby' s negli anni 90 quasi due miliardi di dollari. I Goya, i fondi oro del Trecento, i Tintoretto e i Caravaggio stavano (strettini, a onor del vero) a villa Favorita, sul lago di Lugano, residenza della coppia. Il barone sognava un museo che portasse il suo nome, ma si scontrò con la burocrazia svizzera: l' accordo, che avrebbe dovuto coinvolgere il governo federale, sfumò.
LA BARONESSA SPAGNOLA CARMEN THYSSEN BORNEMISZA
I maligni già allora parlarono del «Fattore C.», il Fattore Carmen, la bella moglie di 26 anni più giovane, invisa alla prole del barone, spagnolissima e pronta a trasferire il patrimonio a Madrid. A nulla valsero le preghiere del cancelliere Kohl, che voleva portare la collezione a Bonn per lustrare l' aspetto grigio dell' allora capitale: «A quei pochi turisti che vengono non sappiamo mai che cosa mostrare», si lamentò una sera con il barone. E persino Margaret Thatcher fallì nell' operazione che avrebbe dovuto portare a Londra opere come la Santa Caterina d' Alessandria di Caravaggio.
Il Fattore C. fu invincibile: nel 1993 la coppia von Thyssen svuotò villa Favorita e vendette la collezione al governo spagnolo, che la acquistò per la «cifra di favore» di 350 milioni di dollari. E il barone ebbe finalmente il suo museo: il Thyssen-Bornemisza, a due passi dal Prado, nel settecentesco Palacio de Villahermosa.
VanGogh Thyssen Bornemisza hopper Thyssen Bornemisza
Ma pochi avevano fatto i conti con il temperamento di Carmen. Quando era ancora in vita, il marito, in pubblico, ironizzava così sulla scarsa competenza di lei come collezionista: «Sua Altezza si intende di cavalli». Così la signora, dalla fine degli anni Ottanta, cominciò a mettere insieme una sua personale raccolta di opere d' arte, arrivando a possedere un nucleo molto interessante, specie per quanto riguarda la tradizione figurativa spagnola: Goya, gli Impressionisti del suo Paese. E, dal 1999, cominciò a prestare gratuitamente questo «tesoretto» di oltre 400 dipinti (tra i quali anche lavori di Renoir, Gauguin, Monet), al museo di famiglia. Per la verità, provò a vendere anche questa raccolta al governo, ma l' affare non si fece e, a partire dal 2010, si decise che ogni anno il gigantesco prestito sarebbe stato ridiscusso.
Ed eccoci qua. Alla fine di gennaio scorso si è arrivati alla scadenza e il patto non è stato rinnovato. Che cosa chiede Carmen von Thyssen? Secondo il ministro della cultura spagnolo, come riporta El País , non vuole soldi ma una «maggiore flessibilità» nel poter disporre delle sue opere.
Nel contratto firmato nel 1993 infatti si legge che Madame von Thyssen può vendere opere fino all' ammontare del 10 per cento del valore della intera collezione. Nel 2012 vendette un Constable all' asta per 28 milioni di euro. Davanti alle numerose proteste da parte degli intellettuali spagnoli, la baronessa allargò le braccia e disse solo: «I need money».