STRANO MA NERO - A MILANO SI SONO MESSI TUTTI A ROMPERE LE PALLE AL "DEMIDOFF HOTEL" DI VIA PLINIO PER IL COLORE CON CUI LA TITOLARE HA DECISO DI RIDIPINGERLO: NERO - "SONO STATA MINACCIATA DI MORTE SUI SOCIAL, OLTRE ALL’ACCANIMENTO CONTRO DI NOI DEI COMMERCIANTI DELLA ZONA. CI HANNO ACCUSATO DI FASCISMO. GLI HATER HANNO RIDOTTO IL PUNTEGGIO DEL NOSTRO ALBERGO SULLE PIATTAFORME DI PRENOTAZIONE. MA ORA ABBIAMO CONQUISTATO I TURISTI…" - FOTO

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Fabrizio Guglielmini per www.corriere.it

 

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Quando nel marzo 2021 la titolare del Demidoff hotel di via Plinio, ebbe l’idea di dipingere la facciata del suo albergo di nero non poteva immaginare le conseguenze che la sua scelta avrebbe scatenato.

 

«Per mesi ero stata bloccata negli Stati Uniti a causa del lockdown dell’anno prima e lì mi venne l’idea di adottare un colore scuro per il nostro hotel milanese — racconta Nicole Chiappini, giovane erede della famiglia che gestisce il Demidoff dal 1986 —, colore che peraltro è molto diffuso anche per le abitazioni londinesi».

 

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La proprietà decide di assodare una squadra di operai acrobatici per la verniciatura che si conclude nel giugno del 2021. Ma ancora prima della fine dei lavori cominciano le polemiche.

 

«Le proteste sono partite da subito, per iniziativa dei nostri vicini — dice Chiappini — e l’onda d’odio verso una scelta che ci sembrava del tutto legittima, visto che non esiste un regolamento che vieti di scegliere il colore della facciata a condizione che lo stabile non sia sottoposto a vincolo della sovrintendenza, è subito cresciuta sui social, dove gli attacchi si sono moltiplicati nel giro di poche settimane. E purtroppo era solo l’inizio».

 

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Una volta ultimati i lavori, gli hater della tastiera si sono scatenati contro la proprietà minacciando anche l’incendio dell’albergo.

 

Le querele

A distanza di un anno, quella che sembrava un’«innocua» scelta estetica ha creato un tam tam implacabile e le cose non vanno meglio: «Io stessa ho ricevuto minacce di morte, anche con telefonate nel cuore della notte. A questo si è aggiunto l’accanimento contro di noi dei commercianti della zona», aggiunge la titolare.

 

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A calmare almeno in parte le acque, l’intervento del legale Pietro Porciani che ha querelato diversi coordinatori di pagine Facebook e di altri social per arginare la campagna d’odio che, prosegue Chiappini, «ha drasticamente ridotto il punteggio del nostro albergo sulle principali piattaforme di prenotazione».

 

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A pochi passi da piazza Lima, il Demidoff dispone di 43 camere e all’interno ha mantenuto alcune parti storiche come la scala e i fregi esterni in stile Liberty. «In molti sono arrivati a dire che avevamo distrutto la facciata — sottolinea la proprietà — in realtà ne abbiamo solo cambiato il colore».

 

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Anche le accuse di fascismo

A un certo punto, del tutto inaspettate, arrivano anche «accuse di fascismo», sempre a causa del colore nero: «Se la situazione non fosse drammatica sarebbe surreale. Come se non bastassero, gli attacchi più feroci sono arrivati da una blogger che invece di sostenere un’azienda al femminile ha deciso di accanirsi contro di noi insieme a un esponente ecologista».

 

Nonostante la paura e lo sconcerto sono arrivati anche gli apprezzamenti: «Per molti turisti — dicono dalla reception – il colore del Demidoff è diventato un’attrazione, tanto che si stanno moltiplicando commenti positivi sui social network e foto su Instagram».

 

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L’edificio costruito dall’architetto Egidio Corti

L’hotel che fino al 1986 si chiamava Plinius, fu costruito alla fine degli anni Venti dall’architetto Egidio Corti, sfruttando un appezzamento di ridotte dimensioni che dette all’edifico la caratteristica forma a «ferro da stiro».

 

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Quando fu rilevato, negli anni ‘80, era una struttura a una stella ed aveva soltanto venti camere. Altro precedente nel Municipio 3 per la colorazione di una facciata di nero/antracite fu il caso di un palazzo in via Farneti 8: dopo una raccolta di firme dei residenti, nel 2019, il costruttore, pur senza vincoli, fece marcia indietro e sfumò il colore al grigio chiaro.

 

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