Mario Baudino per La Stampa
«A tutti gli scrittori e editori italiani: quest’anno non si corra per lo Strega. Quest’anno lo si assegni a Severino e alla sua memoria», twitta Giancarlo De Cataldo, e l’appello in favore del libro postumo di Severino Cesari, Con molta cura, appena uscito da Rizzoli, riscuote un consenso immediato fra scrittori e lettori. È il diario della lunga malattia che colpì il fondatore (insieme con Paolo Repetti) di Stile Libero, la fortunata costola dell’Einaudi, ma anche una lunga riflessione sul dolore, l’amore, la vita che sta finendo. «Seve», come lo chiamavano gli amici, è morto il 25 ottobre scorso. E fino all’ultimo ha tenuto un diario su Facebook il cui risultato è appunto questo, che non è solo struggente, ma è anche e soprattutto un bel libro.
L’idea fa incetta di consensi (oltre cento like a ieri, molte condivisioni) e naturalmente apre una discussione. Sono parecchi gli autori einaudiani - come De Cataldo - che fanno capire di essere disposti a imitarlo; l’idea piace all’editor della narrativa italiana di Rizzoli, Michele Rossi, a Tullio Avoledo, Diego De Silva, Igiaba Scego. La stessa Einaudi ritwitta, il premio Strega apprezza, anche perché il regolamento consente la partecipazione postuma.
È accaduto nel ’59 per Il Gattopardo di Tomasi da Lampedusa, uscito com’è noto poco dopo la scomparsa dell’autore, e nel ’95 per Mariateresa Di Lascia, morta l’anno precedente subito dopo l’uscita del suo Passaggio in ombra. «È sufficiente che il libro venga presentato da due amici della domenica», ci dice Stefano Petrocchi, direttore della manifestazione, e che sia stato pubblicato nei limiti di tempo previsti dal bando, cioè dal 1° aprile dell’anno precedente al 31 marzo dell’anno in corso, com’è del resto avvenuto. «Ma va da sé che ci devono essere altri 11 libri in competizione», aggiunge. Se la proposta di De Cataldo venisse fatta propria in massa dagli scrittori italiani, avrebbe l’effetto paradossale di far saltare il premio.
L’autore di Romanzo criminale precisa però che è stata, la sua, un’idea spontanea e non mediata, «non so proprio se sia una cosa possibile o meno. Mi è venuta dal cuore», spiega, «davanti a un libro meraviglioso, con un fortissimo contenuto narrativo e nello stesso tempo una sorta di breviario medievale, di dialogo sull’estrema soglia, tenuto però sul filo di una costante leggerezza».
La competizione è legittima, insiste, e lo stesso Cesari ne era convinto, visto che era un grande editor, faceva libri e cercava di valorizzarlo, «ma per una volta potremmo accantonarla». Dello stesso parere, e con molto calore, è un altro autore einaudiano come Diego De Silva, che trova l’idea, «con tutto ciò che ha significato Severino Cesari per noi e per la letteratura italiana», non solo ottima anche doverosa. «Non so se poi si possa mettere in pratica davvero, ma sarebbe nobile». Ma Einaudi potrebbe davvero rinunciare a portare un suo candidato? «Ha già vinto con Cognetti e due anni prima con Lagioia, perché no?».
Molta prudenza in casa Rizzoli: «Ringrazio De Cataldo per aver pensato a Cesari. Ne siamo davvero molto contenti. Ma è presto per prendere qualsiasi decisione», dice il direttore Massimo Turchetta, che evidentemente si preoccupa delle possibili reazioni dei suoi autori. E l’editor per la narrativa italiana, Michele Rossi, esclude l’ipotesi di una desistenza di massa: «Severino era un guerriero. Se dev’essere Strega, sia uno Strega vero, dove si combatta».
Sulla candidatura si deciderà. Ma da oggi è indubbio che diventa probabile e verosimile, mentre lo è molto meno l’invito a cedere il passo. La ferita per la scomparsa di Severino Cesari è ancora aperta. È una questione delicata, e nessuno vuole azzardare una parola di troppo, che potrebbe ferire. Ma non tutti sono d’accordo. Un altro editore di lunga militanza ci confida - molto riservatamente - tutti i suoi dubbi, che non hanno nulla a vedere con la figura dell’editor scomparso.
Se i possibili concorrenti si ritirassero, osserva, vorrebbe dire che le peggiori nefandezze sentite negli anni sul premio sono vere. E se Con molta cura è un capolavoro, allora una proposta del genere è ingiuriosa.
La macchina dello Strega non si è del resto messa ancora in moto, molti dei possibili libri in gara devono arrivare in libreria, si lavora sottotraccia. Ciò non impedisce a Massimiliano Parente di irrorarla della sua peculiare, acre ironia. «Penso che sia un’ottima idea», dice l’autore della Trilogia dell’inumano appena riproposta dalla Nave di Teseo.
«Lo Strega è un premio funebre, gestito dai grandi editori per romanzi già morti sul nascere. Per una volta lo darebbero a un morto vero, il quale, a differenza degli altri che sono sempre scrittori mancati, in vita almeno era un editore riuscito».