Stefano Massarelli per “la Stampa”
ogni cicatrice unica come il suo tatuaggio
Un italiano ogni 10 porta inciso sulla pelle almeno un tatuaggio e conosce bene le sensazioni di fastidio e dolore che si manifestano nei giorni successivi all'«operazione». A volte, però, i problemi non scompaiono e continuano, anche per mesi o anni, con pruriti e dolori che si estendono oltre la zona decorata.
«Le reazioni allergiche sono gli eventi avversi più frequenti e sono causate dalla reazione contro uno dei componenti del pigmento. Eppure, in molti casi, potrebbero essere prevenute», sottolinea Antonio Costanzo, responsabile di dermatologia dell' Istituto Clinico Humanitas di Rozzano e docente alla Humanitas University.
La prevenzione - spiega - passa attraverso i test allergici da effettuare prima del tatuaggio, così da verificare la presenza di eventuali intolleranze ai coloranti, e, soprattutto, attraverso la verifica che siano adatti. Alcune indagini condotte in Italia dai Nas hanno infatti dimostrato che circa il 50% degli inchiostri sono sostanze generiche o di uso industriale, talvolta pericolose.
Ecco perché, pochi giorni fa, il ministero della Salute ha ordinato il ritiro dal mercato di nove pigmenti, in quanto potenzialmente cancerogeni.
«C' è una mancanza di regolamentazione a livello europeo e un' evidente difficoltà a mettere ordine in un mercato, come quello degli inchiostri per tatuaggi, in cui molti prodotti provengono dall' estero e non sappiamo che cosa contengono o quanto siano sicuri - sottolinea Costanzo -. Rispetto agli altri Paesi l' Italia, tuttavia, è all' avanguardia e ha stilato un elenco di sostanze vietate più ampio rispetto a quello europeo».
Il problema è la mancanza di controlli a tappeto: da qui l' importanza di documentarsi sull' inchiostro utilizzato, verificando attraverso l' etichetta l' eventuale presenza di sostanze vietate e prestando attenzione alle tonalità rosse, gialle e arancioni, indicate come più pericolose rispetto alle altre. «Dal punto di vista dermatologico queste tonalità causano più facilmente allergie e possono contenere policarburi che, se assorbiti in grande quantità, possono avere un potenziale effetto cancerogeno».
I TATUAGGI DI GABRIELE DONNINI
Esiste, allora, un legame provato tra i tatuaggi e il rischio-cancro? Alla luce delle evidenze scientifiche disponibili fino a oggi la risposta è negativa, anche se alcuni studi sembrano far scricchiolare le certezze. Tra gli ultimi uno su «Scientific Reports» e condotto nel centro di ricerche a luce di sincrotrone di Grenoble: ha mostrato che alcune nanoparticelle tossiche o potenzialmente cancerogene, come il biossido di titanio, tendono a viaggiare nel corpo e ad accumularsi nei linfonodi in seguito a un tatuaggio.
«L' effetto è evidente ogni volta che i medici eseguono il test del linfonodo sentinella su pazienti tatuati. I loro linfonodi più vicini all' area tatuata possono apparire scuri, addirittura neri», sottolinea Costanzo.
Dimostrato, invece, è l' effetto di «mascheramento» dei tumori, riconducibile al fatto che le decorazioni della pelle possono celare la comparsa dei melanomi e ritardare la diagnosi di questi tumori. Per questa ragione non si dovrebbe mai eseguire un tatuaggio su un neo.
Un capitolo a parte riguarda la rimozione. «Può avvenire attraverso particolari laser - "dye laser" o ad alessandrite - settati sulla lunghezza d' onda del pigmento. Quuesto viene frammentato e riassorbito dal sistema immunitario», dice Costanzo.
È quindi importante rivolgersi a un centro dermatologico ed essere consapevoli che il pigmento non viene «vaporizzato», ma finisce nel sistema immunitario, e che si ottengono risultati estetici migliori rimuovendo tatuaggi scuri, piuttosto che chiari o rossastri. L' opzione estrema è rimuovere il lembo di pelle attraverso la chirurgia plastica.
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