Estratto dell’articolo di Alberto Mattioli per “La Stampa”
Uto Ughi ha ragione. Ma ha anche torto. No, non si tratta di un tentativo di equidistanza veterodemocristiana, ma di una constatazione. Ha ragione perché, per chiunque sia abituato alla musica cosiddetta “classica”, in effetti quella dei Måneskin non può che risultare un po’ elementare, basica, perfino rozza.
Ma questo vale per tutto il pop che del resto, considerato dal compartimento stagno di chi ascolta la “classica”, risulta un mondo di indistinta bruttezza: probabilmente Ughi, e sicuramente chi scrive, non ha nemmeno gli elementi per capire, nel mare magnum della musica di consumo di oggi, di che livello siano Damiano & soci.
Di insulti magari non parlerei, anche perché gli insulti si subiscono e chi ascolta i Måneskin, al netto di tutto il marketing e la pubblicità che pure ci sono e pesano nell’indirizzare gusti e disgusti, lo fa per sua scelta. Senza che abbia molto senso prenderla come un’offesa, men che meno per l’Arte che ne ha viste di tutti i colori. […]
Però dove Ughi ha torto, e sul serio, è nella forma mentis che la sua invettiva esprime. E che diventa significativa perché, purtroppo, è tipica di molti frequentatori della musica “colta”. È l’idea, cioè, di vivere in una specie di torre d’avorio circondata dai barbari, di costituire una ristretta minoranza dotata di gusto, cultura ed educazione assediata da selvaggi che fanno un gran baccano.
Anche se la minoranza, a ben guardare, non è poi così ristretta, l’atteggiamento giusto non però è richiudersi sempre più nella torre e buttare via la chiave, ma provare a uscirne e convincere qualcuno che, dentro la torre, c’è qualcosa che vale la pena di ascoltare. La musica è un grande supermarket dove ognuno mette nel suo carrello quel che vuole.
Il valore dei prodotti non dipende certo dal numero di chi li sceglie. Però sarebbe bene fare lo sforzo di rendere un po’ meno di nicchia quelli di nicchia. Con un po’ più di educazione all’ascolto (e qui Ughi ha ragione da vendere), certo, ma anche con un atteggiamento meno élitario e sì, diciamolo, meno spocchioso. […]