Raffaele Alliegro per "il Messaggero"
Perché con la variante Omicron il numero dei casi di infezione è aumentato così rapidamente? Cosa rende questa mutazione del virus più contagiosa delle altre? Una risposta potrebbe venire da uno studio giapponese. I ricercatori della Kyoto Prefectural university of medicine hanno scoperto che Omicron sopravvive molto più a lungo sulla plastica e sulla pelle rispetto alle precedenti varianti del coronavirus.
In particolare, il tempo di sopravvivenza di questa mutazione raggiunge le 21 ore sulla pelle e gli otto giorni sulla plastica, cioè circa il triplo rispetto al virus originario di Wuhan. «Lo studio ha mostrato che Omicron ha la più alta stabilità ambientale tra le varianti, ciò suggerisce che questa caratteristica possa essere uno dei fattori che hanno permesso alla variante Omicron di sostituire la variante Delta e di diffondersi con molta rapidità», scrivono i ricercatori.
La ricerca è stata pubblicata sulla piattaforma bioRxiv, che rende disponibile gli studi in attesa di revisione della comunità scientifica. Gli scienziati hanno misurato i tempi di sopravvivenza e persistenza su diverse superfici del virus Sars-CoV2, sia nella versione originaria sia nelle varianti che si sono succedute nel tempo.
I TEST I test hanno mostrato che la variante Omicron riesce a sopravvivere 193,5 ore (circa 8 giorni) su una superficie di plastica, più di tre volte rispetto al ceppo originario (56 ore) e della variante Gamma (59,3 ore), notevolmente più di Delta (114 ore) e Beta (156,6 ore). Soltanto la variante Alfa, con 191,3 ore ha mostrato una resistenza analoga.
Omicron sopravvive, inoltre 21,1 ore sulla pelle, anche in questo caso molto più di quanto riuscisse a fare il virus di Wuhan (8,6 ore), la variante Gamma (11 ore) e Delta (16,8 ore). Simile invece la sopravvivenza di Alfa (19,6 ore) e Beta (19,1 ore). La variante Omicron ha mostrato inoltre una più alta capacità di resistere ai disinfettanti rispetto al ceppo di Wuhan, ma analoga a quella delle altre varianti e quindi non tale da richiedere pratiche di disinfezione aggiuntive rispetto a quelle consuete.
Un altro studio ha infine rilevato che Omicron è più trasmissibile rispetto alla Delta sebbene determini una carica virale simile e talvolta addirittura inferiore. Inoltre, a 5 giorni dal primo tampone, il 50% dei positivi potrebbe essere ancora contagioso. Lo ha indicato una ricerca della Harvard T. H. Chan School of Public Health di Boston sui tamponi molecolari eseguiti dall'Associazione nazionale di basket degli Stati Uniti, l'Nba. I ricercatori, coordinati da Yonatan Grad, hanno esaminato oltre 10.000 tamponi eseguiti su giocatori e dipendenti dell'Nba tra luglio 2021 e gennaio 2022. In totale sono emersi 97 casi di infezione da variante Omicron e 107 da Delta.
Il risultato sorprendente è stato che i contagiati da Delta hanno una carica virale che raggiunge vette più alte rispetto a quelle rilevate nei casi di Omicron: dunque l'elevata trasmissibilità della nuova variante non sarebbe legata a una maggiore carica virale, bensì alla capacità del virus di eludere le difese immunitarie.
LA CONFERMA Una conferma arriverebbe anche da un secondo studio, del gruppo di Benjamin Meyer dell'Università di Ginevra: in questo caso i ricercatori non hanno quantificato solo la presenza di Rna virale nei tamponi di quasi 150 persone, ma anche il numero di particelle virali infettive, scoprendo che non ci sono sostanziali differenze di carica virale tra i vaccinati infettati da Delta e quelli colpiti da Omicron.
I risultati dei due studi potrebbero determinare delle conseguenze notevoli sulle politiche di salute pubblica, soprattutto sulle decisioni che riguardano la durata dell'isolamento dei positivi. Il gruppo di Meyer ha scoperto che la metà dei tamponi eseguiti con i vaccinati colpiti da Delta a cinque giorni dalla diagnosi conteneva ancora particelle virali infettive, mentre il gruppo di Grad ha osservato che a cinque giorni dalla diagnosi di infezione da Omicron circa la metà delle persone mantiene una carica virale abbastanza alta da poter risultare ancora contagioso.