Simonetta Fiori per La Repubblica
Uno dei tanti privilegi d' un giornalista è la possibilità di entrare nelle case di tutti, magari imbattersi in figure monumentali scoprendone i lati più nascosti, cogliere tratti di verità attraverso dettagli minimi.
Se poi il mestiere è nelle mani di una donna, l' intelligenza sentimentale può arrivare dove meno te lo aspetti. E se la signora non è più giovanissima e possiede quella che Fanny Ardant chiamava "l' arte dell' insolenza", può succedere che ne esca fuori un libro come Origami.
Figure e figurine del mio Novecento, scritto con arguzia e garbo da Anna Maria Mori, una firma storica di Repubblica dove ha lavorato per vent' anni fin dalla fondazione.
La storia raccontata nel volume non è quella dei grandi fatti, che pure fa da filo conduttore. Ma è la storia delle piccole cose, "illusioni, perdite, incidenti di percorso, un film, un libro, una canzone", la vita vera che scorre accanto a quell' altra e che solo la memoria può salvare. E se la vita è l' arte dell' incontro, tanto più vale per una cronista che ha attraversato la stampa femminile per tutti gli anni Sessanta fino ad approdare nel 1976 nel quotidiano di piazza Indipendenza.
Dei tantissimi personaggi intercettati dalla Mori colpiscono i particolari rivelatori. Di Andy Warhol le mani "molto grandi e molto bianche" che esprimevano "materialità e rozzezza". Di Totò l' umiltà di chi chiede continuamente scusa d' esistere. Di Marcello Mastroianni la divertita indolenza con cui disegna un albero sul foglio dell' allora giovane precaria che doveva tornare in redazione con il bottino.
Elencarli tutti sarebbe impossibile. Figure e figurine ritratte dalla Mori compongono una piccola enciclopedia dello spettacolo dove ci si imbatte anche in un inedito Ennio Flaiano, compagno di passeggiate con cui ridere di cose quotidiane, e in un Claudio Magris sconosciuto, complice nel divertimento e nel dolore.
Ma l' incontro più sorprendente resta quello con la cantante Mina, con cui la giornalista stabilisce un' intimità profonda dove è ammessa anche la confidenza su un amore segreto somigliante a Omar Sharif "ma guai se lo scrivi". E poi Federico Fellini, il grandissimo regista immortalato in uno scatto sorprendente, stanco, malato, terrorizzato dall' idea di aver perso la sua ispirazione. L' amore più grande dell' autrice rimane però quello per il giornale fondato da Eugenio Scalfari. E, come succede con i vecchi amori finiti da tempo, la passione si mescola all' ironia, il rimpianto si tinge dell' insolenza che aiuta a vivere meglio il distacco.
Con una saggezza tutta femminile, la Mori si concentra sui regali che sono stati tanti: dall' amicizia con Miriam Mafai, di cui risuona nelle pagine la risata argentina, al lungo lavoro insieme a Orazio Gavioli, mitico caporedattore degli Spettacoli; dalla scuola quotidiana di Scalfari, "artefice di una straordinaria impresa editoriale", alle lezioni di sensibilità e intelligenza di Enzo Forcella. E sono anche i vent' anni vissuti dentro Repubblica a suggerirle come esergo uno splendido brano di Jorge Luis Borges che ci aiuta a leggere Origami. "Ogni persona che passa nella nostra vita è unica. Sempre lascia un po' di sé e si porta via un po' di noi. Ci sarà chi si è portato via molto, ma non ci sarà mai chi non avrà lasciato nulla".
mastroianni TOTO' 9m54 miriam mafai
lapresse federico fellini MINA