Anche deputati e sanatori al primo mandato possono dormire sonni tranquilli. Il voto anticipato non è più una minaccia. Dal 2012, infatti, la normativa sul vitalizio per i parlamentari ha subito delle modifiche. Per avere diritto alla pensione al compimento dei 65 anni, senatori e deputati devono avere maturato contributi da attività parlamentare per almeno 4 anni, 6 mesi e un giorno. Il rischio è perdere tutti i contributi versati.
Se mercoledì, con Draghi che torna alle Camere, il governo dovesse davvero giungere al capolinea e il presidente della Repubblica decidesse di sciogliere immediatamente le Camere per chiamare i cittadini alle urne, i parlamentari al primo mandato perderebbero il vitalizio? Il giorno X, infatti, non è ancora arrivato. I fatidici 4 anni sei mesi e un giorno scattano il 24 settembre 2022. Quindi, come previsto dalla norma, i circa 50 mila euro di contributi già versati dai parlamentari andrebbero persi? Assolutamente no.
I 427 deputati al primo mandato, insieme ai 234 “neo-senatori” (cioè il 68% dei deputati e il 73% dei senatori) possono – su questo fronte – dormire sonni tranquilli. Anche se con il taglio dei parlamentari in tanti rischiano di non rientrare a Palazzo Madama o a Montecitorio, almeno il vitalizio è assicurato. Certo, perderebbero alcuni mesi di stipendio da parlamentare ma non c’è nessuna necessità di fare i salti mortali per rimanere incollati alla poltrona e tentare di far proseguire la legislatura. Ma perché questo accade? Secondo la legge i parlamentari restano in carica fino alla prima seduta del nuovo Parlamento e, per i tempi tecnici necessari, l’insediamento avverrebbe dopo il 24 settembre.
L’articolo 61 della Costituzione stabilisce che «le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti». Quindi 70 è il limite massimo. Ma esistono anche dei tempi minimi. Un decreto del presidente della Repubblica, datato 1957, parla di 45 giorni necessari per la presentazione delle liste. E questo limite minimo si allunga a 60 considerando il voto degli italiani all’estero.
Un decreto del 2003 afferma che il ministro dell’Interno deve comunicare al collega degli esteri l’elenco provvisorio degli italiani aventi diritto al voto e residenti all’estero almeno 60 giorni prima del voto. Poi dalle elezioni alla prima riunione delle nuove Camere possono trascorrere al massimo 20 giorni. In pratica dal discorso di Draghi di mercoledì all’eventuale insediamento dei nuovi parlamentari passerebbero circa 80 giorni. Arriviamo pertanto ai primi giorni di ottobre. Tradotto: vitalizio maturato e messo nel cassetto.
La possibilità di perdere tutti i contributi versati – se non si raggiunge il limite dei 4 anni, 6 mesi e un giorno – è un sistema punitivo rispetto a quello di tutti gli altri cittadini/lavoratori (che non perdono i contributi anche al cambio dell’attività), ma i parlamentari hanno il vantaggio di non avere il vincolo di contribuzione ventennale. Comunque per i parlamentari esisteva sempre una via d’uscita per salvare la pensione. Con la fine delle legislatura prima dei 4 anni, 6 mesi e un giorno a deputati e senatori basta versare circa 3 mila euro al mese per riscattare quelli mancanti per raggiungere il limite previsto.
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