1 - IL LIBRO BILLY WILDER VIALI DEL MONDO
Steve Della Casa per “La Stampa”
«Avete fabbricato un capestro di parole per soffocare il cinema». Norma Desmond, la diva del muto che cerca disperatamente di riconquistare un ruolo e una visibilità nel capolavoro Viale del tramonto, chiosa in questo modo la notizia che sarà lo scrittore William Holden a cimentarsi nel costruire una storia che le consenta il grande ritorno.
Una amara considerazione per una donna che è convinta sia stato l'avvento del sonoro a spingerla immeritatamente nella zona grigia dei dimenticati nel mondo dello spettacolo. Ma quella battuta, messa in bocca a una donna disturbata di mente, è anche la spia di quanto sia importante per Billy Wilder la parola, alla quale conferisce in tutti i suoi film un ruolo fondamentale.
I virtuosismi con la cinepresa, infatti, non gli interessano e per quanto riguarda le inquadrature sceglie sempre quelle più semplici, più lineari. Noah Isenberg, che ha curato una splendida raccolta di scritti del grande regista austriaco (Billy Wilder. Inviato speciale, edito da La Nave di Teseo, con la cura per l'edizione italiana di Alberto Pezzotta), sostiene a ragione che questa attenzione di Wilder per la parola risalga ai suoi primi avventurosi anni come giornalista, quando negli Anni 20 operava prima a Vienna e poi a Berlino, e che in quella sua attività si può trovare in nuce tutto ciò che porterà Wilder a una fama mondiale.
Nei primi tempi il suo nome era Billie Wilder (l'americanizzazione Billy Wilder sarà un omaggio successivo alla sua patria d'adozione) e lo troviamo in calce a cruciverba che si divertiva a creare, ma anche come ballerino fantasista apprezzato nell'albergo dove si esibiva, perché sapeva fare gli interessi di chi lo pagava oppure come giornalista specializzato in interviste ai grandi dello spettacolo che sapevano essere al tempo stesso scoppiettanti e ciniche.
Inutile dire che si trovano accennati tanti temi che ritroviamo nei suoi film migliori, dalla compagnia di spettacolo itinerante di A qualcuno piace caldo fino ai giornalisti solo in apparenza diversi tra loro di L'asso nella manica e di Prima pagina. I reportages di Billy Wilder non sono solo articoli, sono vere e proprie storie con all'interno personaggi tridimensionali.
Wilder si reca a Genova e identifica la casa dove ha vissuto Cristoforo Colombo. La descrive in tutta la sua attuale decadenza fatta di incuria, di sporcizia e di bottiglie abbandonate lì vicino. Ci descrive con cura dove il giovane scopritore delle Americhe giocava a biglie (il termine è scritto proprio così, in italiano).
Poi ci ripropone due brevi chiacchierate, una con una bambina che non sa assolutamente chi sia Colombo e si cura solo del recipiente con il latte che sta trasportando, poi di un americano sovrappeso che fantastica di comprare la casa stessa, trasportarla in America, aprirla al pubblico a mezzo dollaro il biglietto e corredarla con un'ancora originale del grande navigatore che lui sa essere custodita a Philadelphia e rimpiangendo il fatto che il famoso «uovo di Colombo» sia ormai definitivamente marcito... Altrettanto gustoso è il rapporto con la padrona della casa dove Wilder vive, che ha una passione (non condivisa dal futuro regista) per la naftalina con la quale intende tutelare i capi di abbigliamento.
O di come un acquazzone estivo su una Berlino insolitamente oppressa dall'afa possa favorirlo in una più approfondita conoscenza della ballerina con la quale aveva condiviso pochi passi di danza. O quando racconta di un grossista di frutta che assume una persona grassa e dotata di dentatura sana solo perché conferisca un tono ottimista alle attività del suo magazzino.
O ancora quando sostiene (in modo paradossale) che spesso ci sia una mano femminile dietro le pessime ristrutturazioni che hanno snaturato per sempre alcuni caffè della capitale tedesca, sostenendo che per le mogli dei proprietari l'arredamento di un locale è come un vestito vecchio, che deve essere gettato via. O infine quando la rosa di Gerico dalle presunte doti miracolose si rivela una truffa, anche se il successivo cambio con un cactus gli consente di risolvere il problema di un regalo di compleanno per una vecchia zia (e forse il miracolo consiste proprio in quello).
Ogni racconto è cosparso di arguzie e di un'attenzione maniacale per i dettagli: tutte doti che ritroveremo puntualmente nelle storie che Wilder scriverà per il cinema. Le battute che tutti noi ricordiamo come il «nessuno è perfetto» su cui finisce A qualcuno piace caldo non arrivano dal nulla, e lo stesso vale per Walter Matthau, cinico assicuratore in Non per soldi ma per denaro e poi direttore altrettanto spietato in Prima pagina. Li possiamo ricostruire passo passo leggendo articoli che sono un vero e proprio capolavoro dell'arte di narrare.
2 - A GENOVA C'È UN AMERICANO CHE SI VUOL PRENDERE LA CASA DI COLOMBO
Estratto da “Billy Wilder – Inviato speciale. Cronache da Berlino e Vienna tra le due guerre” (ed. La nave di teseo), pubblicato da “La Stampa”
Nel Vecchio Mondo, dove nacque Cristoforo Colombo. Genova, febbraio. Nulla domus titulo dignior heic paternis in aedibus christophorus columbus pueritiam primamque iuventam transegit. Questa iscrizione è incisa su una targa di marmo installata sopra due finestre da cui, circa quattrocentottanta anni fa, venivano appesi ad asciugare i pannolini di Cristoforo Colombo.
Ignoro se l'illustre navigatore avesse fratelli e sorelle o fosse figlio unico. Non importa: la famiglia Colombo sembra avesse bisogno di poco spazio; la casetta, a un centinaio di passi da piazza De Ferrari, è larga appena quattro metri, lunga sette e alta cinque; è di pietra grigia, ha il tetto piatto ed è mezzo diroccata.
Gli edifici ai lati sono stati abbattuti, per liberare la struttura originaria dell'edificio in cui vide la luce l'uomo che scoprì l'America; e dà su un giardinetto chiuso da un'alta rete metallica dove crescono pochi alberi rachitici e l'erbaccia è costellata da lattine e bottiglie rotte; in fondo i resti di un portico romano, venuti alla luce durante la costruzione della Banca d'Italia.
A quanto pare era lì che si nascondevano il piccolo Cristoforo e i suoi amici quando giocavano a guardie e ladri. La targa appena menzionata e le sue finestre sono gli unici ornamenti della casetta, a parte due massicce porte di ferro appena verniciate di verde scuro e una ghirlanda appesa sotto il tetto, così rovinata dalle intemperie che ci vorrebbe un botanico per identificare i fiori. Le altre facciate sono cieche. Il viaggiatore curioso scopre che le due porte sono chiuse.
È ancora abbastanza presto, piove a intermittenza, e un forte vento infierisce contro i rampicanti che salgono lungo i muri, Una ragazzina con gli zoccoli attraversa la strada con una brocca pieno di latte. «È sempre chiuso?»; «Sì, signore». «Chi ha le chiavi?»; «Perché me lo chiede, signore?»; «Perché è qui che è nato Colombo»; «E chi è Colombo?».
La ragazzina non aspetta la risposta ma procede, dondolando la brocca e scomparendo in un vicolo. Un tassista genovese che ogni tanto porta in giro qualche straniero, sembra meglio informato. «La casa di Colombo è aperta durante l'estate. Ci sono due stanze con i mobili dell'epoca». Nella casa davanti, che non sembra molto più recente, c'è un'osteria; al piano di sopra sono appesi due costumi da Pierrot, un giallo e uno nero: è una ditta che affitta costumi; di fianco ci sono un veterinario e una scuola di musica che promette un mandolino gratis a chi paga in anticipo un semestre di lezioni (a 25 lire al mese).
billy wilder sul sunset boulevard
Per raggiungere Porta Sant' Andrea, costruita nell'anno Mille, passo davanti a una ventina di edifici cadenti e abbandonati, con vicoli ciechi e scale che non portano da nessuna parte. Accanto ci sono i resti delle vecchie mura. Alla loro ombra sicuramente Cristoforo Colombo giocò a biglie: le palline colorate già note ai bambini babilonesi, e ancora oggi usate da quelli di Metropolis.
All'Hotel Miramare è l'ora del tè. Un americano sovrappeso con le guance paffute mi offre una Camel. Cominciamo a chiacchierare, e dopo mezz' ora mi racconta: «Ero a Sanremo e una botta di fortuna mi ha portato qui a Genova. Una vera botta di fortuna. Di certe faccende di lavoro sarebbe meglio non parlare, si sa, ma voglio fidarmi di lei. Ho scoperto la casa dove è nato Cristoforo Colombo. Ed è una scoperta che vale milioni di dollari. 'E com' è possibile?' mi dirà lei. Glielo spiego. Appena torno a casa fondo una società che compra la casa, la mette su una nave e la porta a New York.
billy wilder billy wilder e marilyn manroe LUCIANO VINCENZONI CON BILLY WILDER billy wilder inviato speciale