Andrea Cianferoni per "www.affaritaliani.it"
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La cancelleria di casa Romanov, con un comunicato ufficiale, ha annunciato il fidanzamento dell’erede degli Zar George Romanov con Rebecca Bettarini, figlia dell’ex ambasciatore italiano in Belgio e Lussemburgo Roberto Bettarini. Le nozze sono previste in Russia nell’autunno di quest’anno.
Un lunga frequentazione, durata quasi 10 anni, che alla fine ha avuto il suo lieto fine proprio come nelle fiabe. La casa Imperiale di Russia, con un comunicato ufficiale diramato dalla cancelleria mercoledì 20 gennaio, ha annunciato il fidanzamento ufficiale dell’erede degli Zar di tutte le Russie George Romanov con l’italiana Rebecca Bettarini. Figlia dell’ex ambasciatore italiano Roberto Bettarini – rappresentante diplomatico in Belgio e Lussemburgo – Rebecca Bettarini è laureata in scienze politiche alla Luiss Guido Carli di Roma, e per alcuni anni è stata manager in una importante azienda dello Stato italiano.
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Dopo aver trascorso l’infanzia in molti Paesi del mondo, come lo Zaire, il Venezuela, l’Iraq della crisi del Golfo e l’Iran della rivoluzione, la futura zarina, come già è stata ribattezzata dagli amici più intimi, ha deciso di seguire l’amore più importante della sua vita, George Romanov, a Mosca, dove l'erede degli Zar si occupa della direzione della Russian Imperial Foundation, una fondazione creata nel 2013 in occasione dei 400 anni dall'ascensione al trono della dinastia imperiale russa con lo scopo di fare ricerche in ambito medico, sostegno alle associazioni che si occupano di bambini malati oncologici, di banca del cibo ed emergenze umanitarie.
Parallelamente a questa attività, la Bettarini ha iniziato la carriera di scrittrice di thriller e spy stories. Nata da una famiglia cattolica romana, Rebecca Bettarini si è recentemente convertita alla Chiesa Ortodossa Russa per la quale ha assunto il nome di Victoria Romanovna (nome che vale solo per la chiesa non per lo stato russo, ne sui documenti, ndr). Parla correntemente italiano, inglese, francese russo, portoghese e spagnolo. George Romanov, figlio della Granduchessa Maria Vladimirovna di Russia e del principe Principe Franz Wilhelm di Prussia, è nato a Madrid il 13 marzo 1981.
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I suoi padrini di battesimo sono stati Re Costantino II di Grecia, Simeone II di Bulgaria, Re Juan Carlos e la Regina Sofia di Spagna. È imparentato con tutti i reali d'Europa. Tra i suoi diretti gli antenati ci sono l'imperatore Alessandro II di Russia, la regina Vittoria d’Inghilterra e il Kaiser Wilhelm II di Germania. Il Granduca è il secondo in linea di successione al trono russo dopo la madre, e detiene il titolo di Zarevich (principe ereditario, pretendente ereditario al trono).
Rebecca, per il suo matrimonio con il granduca George Romanov si è convertita alla chiesa Ortodossa prendendo, come prevede la tradizione russa, il nome Victoria Romanovna. Perché ha scelto questi due nomi?
In russo il nome proprio è sempre associato ad un patronimico che è il nome del proprio padre. Non essendoci equivalenti del nome Roberto in russo abbiamo optato per un patronimico che fosse legato anche se vagamente al nome di mio padre Roberto. Romanovna è il patronimico declinato al femminile del nome Roman - in italiano Romano - ci è parso che potesse essere il più attinente viste anche le mie origini.
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Lei è la figlia di un diplomatico italiano, Roberto Bettarini, ex rappresentante diplomatico in Belgio e Lussemburgo. Che vita è quella dei diplomatici?
Quello del diplomatico è un lavoro di grande responsabilità che coinvolge tutta la famiglia in quanto ci si deve trasferire ogni quattro anni in un luogo totalmente diverso, il che soprattutto per i figli significa imparare a conoscere il mondo e le sue incredibili differenze di cultura, mentalità e costumi. Si acquisisce un’apertura mentale davvero straordinaria, ma al contempo si è anche molto soli “sballottati” in giro per il mondo a confrontarsi ed integrarsi nel minor tempo possibile in una nuova realtà spesso completamente diversa da quella di origine.
In che città è nata?
Sono nata a Roma, ma ho abitato a Parigi nei primi anni di vita. Ho sempre studiato all’estero, sia in istituti italiani che internazionali, tuttavia effettuavo esami da privatista alla scuola italiana perché i miei genitori hanno sempre voluto che acquisissi anche la cultura italiana. Avendo un diploma di liceo internazionale, a 18 anni avevo la possibilità di iscrivermi in qualsiasi università di qualsiasi paese del mondo, ma ho scelto di rientrare in Italia dove ho frequentato l’Università Luiss di Roma.
Il suo spiccato senso dell'osservazione l’ha aiutata nel complicato mondo della diplomazia?
Più che il senso di osservazione, l’apertura mentale che ricevi vivendo in ambienti diversi. Li capisci che quello che e’ importante per gli abitanti di un Paese non lo e’ affatto per gli abitanti di un altro. Questo fa capire come tutto in questa vita sia soggettivo e/o relativo, e forse, proprio per questo, chi ha avuto esperienze simili alla mia tende sempre a relativizzare i problemi. In qualità di diplomatico si impara ad evitare di fare gaffes e di assumere nessun genere di comportamento che possa arrecare danno sia alla categoria di appartenenza che al proprio Paese, oltre al paese che ospita.
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Bisogna quindi essere ben coscienti di questo. I miei genitori me lo hanno spiegato fin da piccola. Spesso i diplomatici vengono tacciati di fare la bella vita tra un ricevimento e l’altro e questo è quanto di più lontano dalla realtà. L’Italia infatti è sempre stata un player importante sulla scena europea da dopo l’unificazione proprio grazie alla cosiddetta politica “dei giri di valzer” che veniva portata avanti dall’abilita dei diplomatici. Mio padre è sempre stato tutto il giorno in ufficio oberato da impegni. Credo tuttavia che il bello della carriera diplomatica derivi non solo dal prestigio di rappresentare il proprio Paese nel mondo, ma soprattutto dalla varietà che essa offre.
Dove ha conosciuto l’erede dei Romanov?
Da sempre abbiamo moltissimi amici in comune e frequentiamo gli stessi giri. Ci siamo incontrati varie volte nell’adolescenza. Quando ci siamo fatti più grandi ed entrambi lavoravamo in due grandi società straniere accreditate presso le istituzioni europee, una sera ad un evento dell’Ambasciata Francese a Bruxelles, nel 2012, ci siamo rincontrati per caso e messi a parlare delle rispettive esperienze professionali.
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Da li nacque un’amicizia ed in seguito George mi ha chiesto di aiutarlo nelle attività di beneficienza svolte dalla Famiglia imperiale russa. Più avanti l’amicizia si è trasformata in una lunga relazione. Dopo aver vissuto per circa 6 anni a Bruxelles, abbiamo deciso di stabilirci in Russia, a Mosca, dove entrambi lavoriamo nel campo della beneficenza.
Quando ha ricevuto la richiesta di matrimonio?
Nell'agosto 2020, durante una vacanza. Era chiaro che sarebbe successo perché ne parlavamo da molto, ma mi ha comunque colto di sorpresa in quanto la proposta è arrivata a Bruxelles in un aeroporto deserto causa pandemia, prima di prendere un aereo in un orario molto presto di mattina. Mi ha detto che tutti i nostri migliori ricordi sono legati ai viaggi che abbiamo fatto, e che per questo era di buon auspicio, ed a Bruxelles la città che ha fatto da sfondo alla nostra relazione.
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L’anello è composto da rubino cabochon (che rappresenta l'amore, la passione e la nobiltà) circondato da due diamanti (che rappresentano la purezza e la forza dei sentimenti), incastonati in una fascia di oro giallo. Si tratta di un anello della famiglia Romanoff con montatura a fascia. Questa montatura in cui le pietre sono incastonate in modo invisibile in una fascia d'oro rimanendo così a filo con la superficie del metallo, divenne popolare nel 1900.
Tali anelli venivano usati sia da uomini che da donne e, tradizionalmente, venivano regalati per i fidanzamenti. La montatura a fascia era in voga durante la tarda epoca vittoriana, soprattutto per via della popolarità dell'uso di pietre preziose per indicare un significato. Da sempre i membri della famiglia Romanoff indossano anelli a fascia, specialmente nel ramo Vladimir. Gli anelli della Famiglia Imperiale erano spesso realizzati con rubini, zaffiri e diamanti in onore al tricolore russo.
Cosa significa per Lei entrare a fare parte di una delle famiglie più illustri di sempre? Sente il peso della responsabilità?
Ovviamente è una responsabilità, in quanto molte persone valuteranno e giudicheranno il nostro operato. Sono fortunata perché avendo un padre che ha rappresentato lo Stato italiano all’estero, ho un vasto conoscimento di quello che si deve o non deve fare. Certamente essere un esponente di una famiglia cosi illustre e famosa è qualcosa di davvero grande. Tuttavia io seguo l’esempio di George il quale vive la cosa con naturalezza e si impegna quotidianamente nel cercare di porre il suo nome al servizio delle cause più importanti. E’ una cosa per la quale l’ho sempre ammirato, e che gli conferisce una nobiltà d’animo speciale, soprattutto in un mondo come quello di oggi dove tutti vogliono solo apparire.
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INTERVISTA AL GRANDUCA GEORGE ROMANOV
Altezza, sua madre la Granduchessa Maria di Russia la scorsa primavera ha contratto il Covid-19. Come avete superato questo difficile momento?
Fortunatamente è stata una forma lieve di Covid, non c’è stata alcuna conseguenza grave. Era a Madrid, la città dove vive abitualmente e dove io stesso sono nato. I miei genitori, il principe Francesco Guglielmo di Prussia e Maria di Russia si sono sposati a Madrid il 22 settembre 1977 alla presenza del Re e della Regina di Spagna, che erano saliti sul trono dopo appena un anno dal periodo franchista. I reali spagnoli sono persone che hanno avuto un ruolo molto importante nella transizione democratica del Paese. Mi dispiace che Don Juan Carlos stia avendo dei problemi e adesso si trovi all’estero. Allo stesso tempo faccio i miei auguri all’attuale Re Felipe, una persona competente e molto preparata.
Al matrimonio dei suoi genitori erano presenti, oltre ai regnanti spagnoli, molte ex teste coronate. Tra questi Leka d’Albania, Simeone di Bulgaria, Umberto di Savoia. Che rapporti avete con le altre case reali europee? Vi vedete e sentite?
Certamente! Siamo tutti imparentati. La nostra è praticamente una grande famiglia in cui ci si vede, ci si sente poi a volte ci si perde, ma ci si ritrova anche. Per esempio a Mosca abbiamo riallacciato i rapporti con Aimone di Savoia che vive qui da moltissimi anni ed è anche ambasciatore dell’Ordine di Malta. Quando siamo a Parigi vediamo spesso gli Orleans ed i Murat, in Svizzera Vittorio Emanuele di Savoia. Come le dicevo siamo tutti una grande famiglia ed è un bene perché dovunque si va si conosce sempre qualcuno.
Quali sono i rapporti attuali tra casa Romanov e autorità russe?
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I rapporti si fondano su un rispetto reciproco; noi non partecipiamo alla vita politica attiva della Russia, ma ci occupiamo in cooperazione con le autorità ed il Patriarcato di Mosca di promuovere iniziative culturali, sociali e storiche, nonché di beneficenza. Del resto la nostra Casa è impegnata con la Russian Imperial Foundation, una fondazione creata nel 2013 in occasione dei 400 anni dall'ascensione al trono della nostra dinastia con lo scopo di fare ricerche in ambito medico, sostegno alle associazioni che si occupano di bambini malati oncologici, di banca del cibo ed emergenze umanitarie. Ed ultimamente sono divenuto presidente del Food Bank Rus un’associazione che distribuisce generi di prima necessita alle persone in difficolta. La fondazione è stata in prima linea contro il covid e per questo ha ricevuto un encomio formale da parte del Presidente Putin.
Nel passato ci sono mai stati rapporti o contatti tra il governo sovietico e la Casa Imperiale?
Il mio bisnonno, l'imperatore in esilio Kirill Vladimirovich, ha affermato molte volte di aver compreso e accettato molti dei cambiamenti e delle trasformazioni sociali avvenuti in Russia dopo la Rivoluzione. Non è mai stato un fanatico reazionario. E la disponibilità a dialogare con persone di vedute diverse è sempre stata uno dei fondamenti principali delle attività sociali della nostra Casa.
Al contrario, il regime comunista totalitario era impegnato in politiche del tutto inaccettabili, come l'ateismo aggressivo, metodi terroristici di controllo politico, la totale messa al bando della proprietà privata e un rispetto sprezzante per una parte significativa del patrimonio storico e culturale della nostra nazione. Il governo comunista stesso era categoricamente contrario a qualsiasi tipo di contatto con la Casa Imperiale. Hanno cercato di cancellare il fatto stesso della nostra esistenza dalla storia del nostro Paese. E se dovevamo essere menzionati, eravamo sempre messi in una luce negativa o condanna.
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La situazione iniziò a cambiare durante la Perestrojka, dopo il 1985. Il mio bisnonno non visse abbastanza da vedere questo cambiamento, ma mio nonno granduca Wladimir Kirillovich e la nonna granduchessa Leonida Georgievna visitarono insieme la loro patria quando esisteva ancora l'Unione Sovietica, nel novembre 1991. Sono stati invitati dal sindaco di Leningrado, Sobchak, a partecipare alle celebrazioni della ridenominazione della città, riportandola al suo nome storico: St. Pietroburgo.
Mikhail Gorbachev, allora presidente dell'URSS, e, nonostante i suoi consiglieri fossero contrari alla visita, essendo la loro influenza sugli affari già notevolmente indebolita, con il presidente della RSFSR, Boris Eltsin, approvò l’idea rendendo possibile la visita in Russia del capo della casa imperiale e di sua moglie. E con quel primo viaggio iniziò il processo di restituzione della nostra dinastia alla vita sociale della Russia. Oggi i Romanoff sono stati canonizzati dalla chiesa come martiri.
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Dopo la Rivoluzione del 1917, molti membri della Famiglia Imperiale, compreso il suo bisnonno Granduca Kirill, fuggirono in vari Paesi all'estero. Ce ne può parlare?
Immediatamente dopo l'abdicazione dell'Imperatore Nicola II, i membri della nostra dinastia divennero vittime di repressione e discriminazione, anche durante il periodo in cui la Russia era ancora tecnicamente una monarchia. Dopo che i bolscevichi salirono al potere, si scatenò un vero genocidio. I nostri parenti sono stati giustiziati indipendentemente dalla loro età, sesso, grado di attività politica o dal loro posto nella linea di successione al trono.
L'intera famiglia di Nicola II fu sterminata, comprese le sue quattro figlie giovanissime. I rivoluzionari spararono anche a quattro granduchi a Pietrogrado, come dichiarato nel decreto ufficiale di condanna, "appartenenti alla banda Romanoff". Cioè, il motivo della loro esecuzione non era il loro essere colpevoli di una sorta di crimine, ma il semplice fatto di essere membri della dinastia imperiale. Diciotto membri della nostra Casa sono stati giustiziati. Altri, invece, sono riusciti a sfuggire all'esecuzione. Tra loro c'era il mio bisnonno, il Granduca Kirill Vladimirovich.
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Durante gli eventi rivoluzionari di febbraio e marzo 1917, Kirill, insieme a suo zio, il Granduca Pavel Alexandrovich, cercò di trovare una finestra di opportunità "in ogni modo possibile, con tutti i mezzi disponibili, per preservare il trono di Nicky" ("Nicky" il modo in cui l'imperatore Nicola II era chiamato all'interno della famiglia). Ma i loro sforzi non valsero a nulla. Pavel Alexandrovich fu successivamente giustiziato, ed il mio bisnonno fu più fortunato.
Come sono riusciti suo bisnonno e la sua famiglia a fuggire dalla Russia ?
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Nel 1917, la moglie di Kirill Vladimirovich, la mia bisnonna, la granduchessa Victoria Feodorovna, era incinta. Un loro amico di famiglia, il generale P.S. von Etter, li invitò nella sua tenuta in Finlandia, che allora faceva ancora parte dell'Impero russo, in modo che Victoria Feodorovna vi potesse partorire e far trascorrere i primi mesi di vita del bambino in un ambiente tranquillo e sicuro. Partirono per la piccola città di Haiko nel giugno 1917 pensando che sarebbero rimasti solo per un breve periodo.
Avevano in programma di tornare a Pietrogrado, quindi non portarono con sé molte cose necessarie, per non parlare di molti soldi o oggetti di valore. Mio nonno, Vladimir Kirillovich, è nato lì ad agosto. Gli eventi tuttavia si susseguirono rapidamente e ben presto la guerra civile, che ormai stava cominciando a scoppiare ovunque, rese loro impossibile tornare nella capitale. La Finlandia dichiarò la sua indipendenza e bolscevichi, saliti al potere nell'ottobre 1917, la riconobbero come tale. In Finlandia le loro vite erano spesso minacciate.
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C'è stato un periodo durante la Guerra Civile in cui i "Rossi" controllavano la regione in cui vivevano. I bolscevichi finlandesi progettarono di arrestarli e inviarli a Pietrogrado, dove sicuramente sarebbero stati giustiziati. Ma un marinaio bolscevico, che aveva prestato servizio su una nave al comando del mio bisnonno, gli rimase fedele e non permise che il mio bisnonno e la sua famiglia venissero consegnati ai "Rossi". E poi sono arrivati i "Bianchi" e il pericolo è passato. Col tempo furono in grado di partire per l'Europa occidentale. Vissero in Francia e in Germania e nella seconda metà degli anni '20 e si stabilirono definitivamente in Francia, dove acquistarono una casa a Saint-Briac, sul mare.
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Quale ruolo ha svolto la Casa Imperiale durante il periodo sovietico?
Dopo le esecuzioni di Nicola II, suo figlio ed erede Tsarevich Alexei Nikolaevich, e il fratello dell'imperatore, Granduca Mikhail Alexandrovich, il mio bisnonno (il più anziano dei cugini di Nicola II) divenne il capo della Casa Imperiale e l'occupante legittimo del trono. Molti a quel tempo credevano che il regime bolscevico sarebbe presto caduto e che la monarchia sarebbe stata ripristinata. Il mio bisnonno credeva che, poiché per legge il trono era passato a lui, non poteva sottrarsi ai suoi doveri.
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Nel 1922 adottò il titolo di "Curatore del Trono" (cioè Reggente), e nel 1924, solo quando fu finalmente convinto che l'Imperatore, suo figlio e suo fratello fossero stati uccisi, adottò il titolo di Imperatore in esilio. Per lui, questo non era un atto di ambizione personale, ma una risposta al dovere, ai suoi connazionali e alla memoria dei suoi antenati.
Dalla Russia giunsero notizie della persecuzione di religiosi e di tutti coloro che avevano fede in Dio. Il mio bisnonno e la mia bisnonna, e dopo la loro morte, mio nonno e mia nonna, capirono che l'immediata restaurazione della monarchia stava diventando sempre più improbabile. Ma consideravano loro dovere preservare la tradizione nazionale della monarchia, i suoi ideali e i suoi valori spirituali, legali e culturali. Per questo la nostra Casa ha ricevuto il sostegno e l'incoraggiamento della Chiesa ortodossa russa all'estero.
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