Luca Monticelli per "La Stampa"
Ripristinare pienamente le misure di aiuto e sostegno al credito per le imprese, come previsto dal Decreto liquidità dell'aprile 2020. Secondo le stime che circolano sui tavoli degli imprenditori, e allo studio dei tecnici della task force messa in piedi dal governo all'inizio della pandemia, ci sono circa 25-27 miliardi di prestiti erogati che le aziende rischiano di non riuscire a ripagare.
Le banche continuano il pressing sull'esecutivo per ottenere il rinnovo delle garanzie sulle moratorie scadute il 31 dicembre, ma difficilmente questa partita verrà affrontata nel nuovo Decreto Ristori che dovrebbe approdare giovedì prossimo in Consiglio dei ministri.
I tempi, e soprattutto le risorse, per mettere mano a tutte le istanze che arrivano da maggioranza, sindacati e imprese non ci sono: il 24 gennaio infatti è prevista la prima votazione per l'elezione del capo dello Stato e di fatto l'attività legislativa del Parlamento si fermerà.
PRESTITI ALLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE
Anche l'ipotesi dello scostamento di bilancio è stata rinviata a dopo il dossier Quirinale. E i tempi potrebbero allungarsi ulteriormente se Mario Draghi dovesse trasferirsi al Colle, perché in quel caso ci sarebbe pure una crisi di governo da gestire. Comunque, l'appello dell'associazione bancaria è stato forte, con il presidente Antonio Patuelli che è intervenuto pubblicamente più volte e ha inviato una lettera al premier e al governatore di Banca d'Italia.
antonio patuelli foto di bacco (1)
Per il momento si è esposta solo la vice ministra dell'Economia Laura Castelli, che ha fatto suo il grido di dolore dell'Abi e annunciato un impegno per prorogare il pacchetto di norme introdotte nel 2020 con un emendamento da inserire al Milleproroghe all'esame delle Camere.
Intanto, la fine del regime straordinario del sostegno al credito rischia di avere un impatto sulle Pmi. In questi ultimi due anni le aziende, specialmente le piccole, sono sopravvissute ai lockdown grazie alle garanzie pubbliche sui prestiti, ma la tempesta non è finita perché la pandemia morde ancora il tessuto produttivo.
A dicembre il volume del credito ancora oggetto di moratoria si attesta a 56 miliardi, di cui 43 a favore delle Pmi, a fronte di 270 miliardi di euro di finanziamenti garantiti in diciotto mesi per due milioni e mezzo di domande.
Con la manovra il governo ha avviato una graduale uscita da questa disciplina che ha accompagnato le imprese nella crisi. In linea con il Quadro temporaneo per gli aiuti di Stato previsto dall'Unione europea, l'operatività straordinaria del Fondo per le Pmi è stata prorogata dal 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2022, ma è stato eliminato il carattere gratuito del sostegno.
Dal 1° aprile 2022 le garanzie saranno concesse previo pagamento di una commissione da versare al Fondo. Inoltre, dal 1° gennaio la copertura sui finanziamenti fino a 30 mila euro passa dal 90 all'80%. Secondo l'Abi questo scudo non basta a fronteggiare le difficoltà in cui si trovano gli imprenditori.
SERGIO MATTARELLA ANTONIO PATUELLI
Oltre alla proroga delle moratorie sui prestiti con una prospettiva più lunga, i banchieri chiedono il ripristino delle flessibilità concesse dall'Eba nella prima fase della pandemia, per non veder riclassificata la posizione dei debitori, che usufruiscono degli aiuti, nella categoria dei crediti deteriorati.
A quanto emerge dall'ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d'Italia, la quota di prestiti alle imprese con una probabilità di default maggiore del 5% è pari al 24% per le beneficiarie di moratorie attive, contro il 16 e l'11% rispettivamente per quelle con moratorie scadute o assistite da sole garanzie pubbliche.
Insomma, cosa succederà quando i debitori non saranno più protetti dallo Stato? A rischiare di più sono le Pmi, così come le banche di minore dimensione che prestano proprio ai piccoli imprenditori.