Annamaria Coluccia e Emanuele Rossi per la Stampa
Il sindaco di Genova, Marco Doria, è a un passo dal capolinea. La maggioranza in Comune s' è sgretolata sul voto per l' ingresso della municipalizzata dei rifiuti Amiu in Iren, voluta dal sindaco «arancione» protagonista dell' exploit alle primarie del 2012 e, alla fine, sostenuto dal Pd.
Il giorno più lungo della sua giunta, ieri, è finito con la mesta processione degli assessori fuori dall' ufficio al sesto piano di Palazzo Tursi, sede del municipio, ben dopo l' ora di cena. Facce scure. Silenzi. E con la lettura di un comunicato surreale, in cui il sindaco non mette la parola «fine» sulla sua esperienza, ma si dice «impegnato insieme alla Giunta a valutare gli scenari che si sono aperti per la città, per i genovesi e per i lavoratori di Amiu».
Anche se nella riunione di giunta la parola «dimissioni» è riecheggiata più volte. Poche ore prima, il consiglio comunale ha bocciato la delibera che avrebbe aperto le porte all' ingresso nel capitale dell' azienda dei rifiuti per la multiutility Iren, partecipata dal Comune di Genova e di Torino. Con una quota iniziale del 49% ma destinata a salire. Una manovra che, nei piani del Comune, avrebbe permesso di iniettare investimenti e impianti necessari alla sopravvivenza dell' azienda dei rifiuti.
«Il voto irresponsabile di oggi - attacca il sindaco - apre una fase drammatica per Amiu. È stata bocciata una proposta seria che avrebbe garantito un futuro all' azienda, consentendo la proroga del contratto di servizio e la indispensabile dotazione di impianti, contenendo al minimo la tariffa a carico dei genovesi. Al contrario la rinuncia a questa prospettiva non potrà che avere effetti pesanti sulla Tari per evitare il dissesto di Amiu».
Ma non sono di poco conto le conseguenze sulla politica cittadina, a pochi mesi dall' appuntamento elettorale. Perché a negare i numeri in aula, a Doria, nonostante ore di trattative, riunioni e preghiere, sono stati prima di tutto i suoi.
Nei diciannove voti contrari (14 quelli a favore) ci sono infatti anche due consigliere della «Lista Doria», due della sinistra e quattro dell' Udc e del Gruppo misto che, in altre situazioni avevano fatto da stampella alla maggioranza di Doria, traballante da tre anni ormai. Pesanti anche le astensioni dei fuoriusciti del Pd di «Percorso comune» e del consigliere di «Possibile». Chiaro che, in chiave pre elettorale, pesa la frase di Simone Farello, capogruppo Pd: «Io sono per l' eutanasia, ma la spina se la deve staccare da solo. Ovviamente la sua possibile ricandidatura a sindaco non esiste più».