1, DAGONOTA
Le polemiche sguaiate allungano la vita. E’ il caso dell’uscita del sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti contro Rossella Orlandi, direttrice dell’Agenzia delle Entrate. Ieri il ministro Padoan ci ha messo parecchie ore a difenderla, morbidamente, dagli attacchi del suo vice. E oggi al ministero ci sarà un chiarimento.
In ogni caso quello che conta è il parere di Renzi, che sulla vicenda si è sfogato con i suoi consiglieri: “Non faccio fuori la Orlandi perché me lo chiede il segretario di Scelta Civica”. Come dire, se ne parla più avanti. Quando le polemiche si saranno placate.
A Palazzo Chigi c’è chi ironizza su Zanetti, definito sbrigativamente “il commercialista degli evasori veneti”. Ma la realtà, irripetibile, è una sola. Il premier cazzaro pensa che “la lotta all’evasione non porta voti”. Insomma, alla fine la pensa come Zanetti.
2. MA RENZI PENSA AD UN ADDIO SOFT DELLA DIRETTRICE
Francesco Bei per “la Repubblica”
Sono le nove del mattino a Lima quando il premier, Matteo Renzi, dopo aver visitato il cantiere della metropolitana (un affare da 5 miliardi di euro in mano ad Astaldi e Impregilo-Salini), decide di prendere in mano il dossier Orlandi.
Prima che si trasformi in un caso politico in grado di mandare il governo in testacoda. In una telefonata con il ministro dell' Economia, Pier Carlo Padoan, viene concordata la strategia: rivendicare i risultati sul fronte della lotta all' evasione fiscale e, per il momento, stoppare «l' improvvida» uscita del sottosegretario Zanetti contro la direttrice dell' Agenzia delle Entrate.
L' irritazione del premier contro il segretario di Scelta Civica è palese. «E' solo in cerca di visibilità ». L' intervista a Repubblica , con quell' aut-aut brutale posto a una funzionaria dello Stato, peraltro nominata proprio dal governo Renzi un anno e mezzo fa, è sembrata subito «un autogol». Che ha costretto Renzi e Padoan a schierarsi a difesa di una dirigente con la quale, invece, il rapporto di fiducia sembra essersi davvero incrinato.
Il problema sono le forme. Per Rossella Orlandi Renzi aveva immaginato un allontanamento soft, una rimozione nei primi mesi del 2016 motivata da una più generale riorganizzazione delle agenzie dello Stato, quella delle Entrate e quella delle Dogane. Per questo il governo ha sollecitato il parere del Fondo monetario internazionale e dell'Ocse (la missione degli sherpa di Washington è in corso, l' Ocse arriverà fra poco) per capire come migliorarne il funzionamento.
Un lavoro che porterà a un provvedimento per mettere in linea il Fisco italiano con le migliori pratiche a livello internazionale. Solo a quel punto, spiegano nel governo, «passeremo a occuparci delle persone». Ovvero del destino personale della Orlandi.
A cui il premier rimprovera in privato di «essersi messa troppo sotto i riflettori», dando «il pretesto » agli avversari del governo «di accusarci di essere amici degli evasori fiscali». Quando la realtà, per Renzi, è all' opposto.
Enrico Zanetti sottosegretario al Ministero dell'Economia e delle Finanze
Parlando ieri al Forum economico Italia-Perù, di fronte a circa duecento imprenditori andini e investitori italiani, il premier ha sbandierato i suoi dati: «Solo nell' ultima settimana abbiamo scoperto 220 mila contribuenti che si erano dimenticati di pagare le tasse e, grazie all' incrocio dei dati, con un click del computer, gli abbiamo chiesto: per cortesia, potresti ricordarti di pagare?». Renzi parla di una «svolta», di un cambio di mentalità avvenuto grazie alle nuove norme, alla dichiarazione precompilata, all' uso dei Big Data.
«Mentre prima - spiega ai suoi sceso dal palco - si mandavano i finanzieri con il mitra davanti ai negozi, dando un' immagine terrificante per i consumatori e soprattutto senza risultati».
Enrico Zanetti sottosegretario al Ministero dell'Economia e delle Finanze
Ma il problema, prima che fiscale, è politico. Perché, come dimostra la vicenda Orlandi, la sinistra dentro e fuori il Pd ha scelto l' economia e la legge di Stabilità come nuovo terreno di scontro con il segretario Pd. L' uscita di Roberto Speranza contro Zanetti è soltanto l' antipasto. L' ex capogruppo Pd, ora leader dei bersaniani, pur dando atto a Padoan e Renzi di aver «posto rimedio » al caso Orlandi, sta studiando le prossime mosse. «Ci sono stati una serie di incontri con deputati e senatori - rivela Speranza - per costruire una proposta organica sul Mezzogiorno, sugli enti locali, sulla Sanità. In uno spirito costruttivo». L' obiettivo simbolico è ancora l' Imu, con una ulteriore correzione di rotta rispetto all' esenzione per tutti.
«Se facessimo pagare la tassa sulla casa al 10% dei più ricchi - spiega l' ex capogruppo - avremmo il 37% del gettito totale. Un miliardo di euro da usare per una misura di contrasto alla povertà, un modo anche per togliere questa bandiera ai grillini».
Speranza, e con lui Bersani ma anche l' area di Gianni Cuperlo, daranno battaglia su questo e sulla limitazione del contante.
Senza tuttavia puntare alla scissione, dolce o violenta che sia.
«Sulla riforma del Senato io e Renzi ci siamo parlati e si è trovato un accordo - aggiunge Speranza - e anche questa volta cercheremo un' interlocuzione. Vogliamo rovesciare lo schema per cui nel Pd o si applaude o si esce».
C' è un' altra area della minoranza che si sta organizzando. Più collaborativa con il governo senza tuttavia diventare renziana. Enrico Rossi - il presidente della Toscana che si propone di sfidare il premier al prossimo congresso - e Cesare Damiano stanno infatti mettendo a punto una serie di richieste precise in vista della discussione della legge di Stabilità. A partire dal ripristino dei 500 milioni di euro stornati dal fondo lavori usuranti.
«Discutiamo di tutto - manda a dire Renzi prima di lasciare il Perù alla volta della Colombia - ma invito gli amici del Pd a guardare a cosa è successo in Polonia. Deve essere chiaro che dopo il Pd non c' è la sinistra. Se falliamo noi arriverà il populismo duro e puro».