Gi.Fr. per “il Messaggero”
Fra un mese ArcelorMittal consegnerà le chiavi dell'ex Ilva ai commissari straordinari. E a quel punto, se nel frattempo il governo non sarà riuscito a convincere i franco-indiani a fare marcia indietro, saranno davvero dolori. Gli attuali commissari (subentrati a giugno scorso ai tre che avevano seguito la vicenda della gara e della cessione) sono in carica per attuare il piano ambientale di loro competenza. Hanno in cassa una parte del tesoretto (1,3 miliardi) sequestrato ai Riva e sul groppone circa 1.600 ex dipendenti (in cig) dell'ex Ilva che ArcelorMittal non ha assunto nella newco.
Per continuare a produrre, come prima cosa, il governo dovrebbe tirare fuori dal cappello altri soldi. Oppure il classico coniglio. Che, secondo alcune indiscrezioni, potrebbe avere il nome di Cdp, Cassa depositi e prestiti. Si racconta che ieri il neo presidente Cdp, Giovanni Gorno Tempini, sia stato consultato più di una volta dai partecipanti al vertice di Palazzo Chigi.
Ma più che di soccorso con una nuova cordata (c'è chi non esclude il ritorno in campo di Acciaitalia nella quale c'era appunto Cdp con Arvedi, Delfin, Jindal), il premier penserebbe alla Cassa depositi e prestiti come innesto nella compagine azionaria che attualmente gestisce l'ex Ilva. Non tanto e non solo per dare ossigeno finanziario (ArcelorMittal ha le spalle forti da questo punto di vista, anche se in questo momento l'ex Ilva perde circa 2 milioni di euro al giorno), quanto per dire ai franco-indiani che non ne possono più dei cambi di regole in corso di partita: ora c'è anche lo Stato, fidatevi; voi però dovete garantire livello di produzione e di organico.
Forse già durante l'incontro di oggi, il governo sonderà la fattibilità di questa idea con i vertici di ArcelorMittal. E assicurerà la risoluzione in tempi brevissimi anche dell'altro problema: lo scudo penale. I tecnici sono già al lavoro per formulare una norma esplicativa (o aggiuntiva) dell'articolo 51 del codice penale, secondo il quale «l'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità».
Le prescrizioni del piano ambientale - aveva spiegato il ministro Provenzano - sono al pari di una norma giuridica, quindi gli interventi in attuazione di quel piano non sono punibili. Ma a Taranto la storia racconta un film diverso. E molti capireparto hanno già consegnato le deleghe: loro non firmano più nulla, il rischio è troppo alto.
Intanto il miliardo e ottocento milioni che il nuovo acquirente avrebbe dovuto pagare per la cessione non è ancora stato incassato, visto che in base agli accordi nei primi due anni il gruppo avrebbe gestito gli impianti come affittuario (per un canone di 180 milioni all'anno). Ovviamente se la vicenda dovesse finire nelle aule dei tribunali, sarà poi un giudice a dire chi ha ragione. E nel frattempo ArcelorMittal di certo non verserà la cifra pattuita per l'acquisto.