1 - DOPPIO SCHIAFFO ALL'ITALIA
Estratto dell’articolo di Marco Bresolin per “la Stampa”
URSULA VON DER LEYEN E GIORGIA MELONI
Il diritto e i diritti. E il loro rispetto che deve essere alla base dell'appartenenza alla casa comune europea. Nell'arco di una mattinata il governo italiano ha ricevuto dalle istituzioni Ue due messaggi inequivocabili, per non dire due schiaffi, partiti rispettivamente da Lussemburgo e da Strasburgo. Il primo lo hanno firmato i giudici della Corte di Giustizia dell'Ue, chiarendo una volta per tutte che le concessioni balneari non possono essere prorogate senza passare da un bando di gara «imparziale e trasparente», perché così prevede la direttiva Bolkestein che tutti gli Stati devono rispettare.
mappa dei canoni demaniali degli stabilimento balneari in italia
Il secondo è stato invece lanciato dall'Aula del Parlamento europeo, che ha espresso la sua preoccupazione per la «retorica anti-diritti, anti-gender e anti-Lgbtiq» che viene alimentata anche da alcuni «governi nell'Ue, come nel caso di Ungheria, Polonia e Italia».
Da un punto di vista pratico, il pronunciamento della Corte di Giustizia mette il governo con le spalle al muro.
Sulle concessioni balneari l'Italia non può più permettersi di traccheggiare perché i giudici hanno sancito una serie di princìpi granitici. Primo: la Bolkestein «è valida» e dunque non può essere messa in discussione (la questione era stata sottoposta alla Corte di Lussemburgo dal Tar della Puglia). Secondo: la direttiva «si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo». Terzo: la direttiva enuncia «[…] l'obbligo di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali e il divieto di rinnovare automaticamente un'autorizzazione rilasciata per una determinata attività».
Quarto: poiché tali disposizioni producono effetti diretti, «i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, sono tenuti ad applicarle e altresì a disapplicare le norme di diritto nazionale non conformi». Ciò significa che i sindaci dovrebbero ignorare una proroga delle concessioni decisa a livello nazionale e far partire le gare.
URSULA VON DER LEYEN GIORGIA MELONI
[…] La Commissione europea ha assicurato che effettuerà «un monitoraggio diretto e molto rigoroso della situazione» anche perché sull'Italia pende ancora la procedura d'infrazione aperta nel dicembre del 2020 che Bruxelles è pronta a far avanzare con un «parere motivato», un atto che concederebbe due soli mesi di tempo per adeguarsi al diritto Ue. […] A Strasburgo è invece andato in scena uno scontro sui diritti, con l'Aula che ha approvato a maggioranza un emendamento dei Verdi e della sinistra per denunciare «la retorica anti-diritti e anti-Lgbtiq» dei governi di Italia, Polonia e Ungheria. […] Il testo finale è stato adottato con 416 voti a favore (62 i contrari e 36 gli astenuti). Gli eurodeputati di Forza Italia si sono astenuti sulla risoluzione finale (tranne Salini e Vuolo che hanno votato contro) […]
2 - MELONI FINISCE ALL'ANGOLO CON L'EUROPA PRONTA A CEDERE SU SPIAGGE E MIGRANTI
Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo per “la Stampa”
«Tenteremo di bloccare la direttiva». È Giorgia Meloni a dichiararlo. Non oggi. Poco più di un anno fa. Non ancora premier, la leader di Fratelli d'Italia si intestava una battaglia sulle concessioni balneari anche per smarcarsi dai futuri alleati di governo, Forza Italia e Lega, soci dell'esecutivo Draghi e colpevoli, a suo dire, di assecondare Bruxelles.
Quattordici mesi dopo, Meloni è alla ricerca di un modo per uscire dall'angolo in cui si è infilata con tutta la sua coalizione.
GIORGIA MELONI URSULA VON DER LEYEN
La premier non può bloccare alcunché. Deve trovare una strada percorribile per rendere accettabile la sua giravolta a un blocco elettorale furioso. Ci sarà un provvedimento, forse un decreto, che accoglierà le indicazioni della Corte di Giustizia europea e straccerà la norma del Milleproroghe che rinvia la validità delle concessioni demaniali fino a fine 2024. Ma l'intenzione del governo Meloni resta comunque quella di usare tutto il tempo che la sentenza lascia all'Italia, trattando con la Commissione perché non faccia partire subito la procedura d'infrazione.
In questo senso, nella direzione di un clima che si vuole il più collaborativo possibile, si deve intendere anche la plateale retromarcia dell'esecutivo Ue. Ieri, la Commissione si è dovuta rimangiare in serata quello che aveva sostenuto un portavoce nel consueto briefing di mezzogiorno: e cioè che nell'incontro del 13 aprile a Roma, con il commissario al Mercato interno, Thierry Breton, la premier italiana si era impegnata ad adeguare la normativa italiana a quella comunitaria. Un'iniziativa che non è piaciuta a Roma e che dal governo hanno letto come ulteriore pressione. Meloni non smentisce la notizia ma chiede, attraverso gli sherpa, che sia la Commissione a farlo. Cosa che avviene. «L'incontro – viene precisato – non riguardava questo tema e nessuna delle due parti si è impegnata in merito ai prossimi passi».
Una modalità insolita per la Commissione, un inedito quasi assoluto. Segno che l'interlocuzione sul dossier tra l'Italia e l'esecutivo guidato da Ursula Von der Leyen è delicata. La maggioranza di destra intende sfruttare ogni spiraglio possibile. La Corte ne lascia qualcuno, tant'è che per tutta la giornata i commenti di parlamentari e ministri si concentrano sul fatto che all'Italia verrà concesso tempo per la nuova mappatura. […] L'obiettivo è costruire una mappa delle spiagge libere per dimostrare che viene meno il principio della scarsità delle risorse, alla base della direttiva Bolkestein.
matteo salvini giorgia meloni alla camera dei deputati
Nel frattempo il governo cercherà di rosicchiare mesi e impostare una nuova proposta per Bruxelles. […] L'idea è tornare a una distinzione tra le concessioni rilasciate prima e dopo la direttiva, a tutela degli investimenti precedenti il 2009, fatti cioè senza mai pensare a possibili revoche imposte dall'Ue. È una strada difficile, perché l'Europa ha già detto di non gradirla.
Non è facile piegare l'Ue ai desideri italiani, quando si è Palazzo Chigi. Meloni lo ha imparato in questi sei mesi di governo. I problemi si moltiplicano e in appena 48 ore da Bruxelles sono piovuti, uno dopo l'altro, decisioni e atti che ricordano all'Italia ritardi, contraddizioni e inciampi. Tra una settimana, all'Ecofin, i colleghi ministri dell'Economia ribadiranno a Giancarlo Giorgetti che si era impegnato a ratificare la riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, perché tutti i Paesi dell'eurozona attendono l'Italia, unica a non aver ancora dato il via libera.
MIGRANTI - BARCONE ALLA DERIVA IN LIBIA
L'altra contraddizione evidente che sta subendo il governo di Roma è sull'immigrazione. Ieri FdI e Lega sono stati costretti a scendere dalle barricate e accettare una proposta degli europarlamentari che rende obbligatorie le quote di redistribuzione, contrariamente a quanto vorrebbero i sovranisti e conservatori alleati di Meloni e Salvini. Leghisti e meloniani hanno votato per evitare l'accusa di non voler seriamente alleggerire l'Italia dall'emergenza migranti ma, allo stesso tempo, per difendersi dalla critica di essere stati incoerenti con quanto sostenuto per anni (no alla redistribuzione, sì al blocco navale o dei porti), hanno aggiunto di aver detto sì nella convinzione che il testo sarà migliorato dal Consiglio dell'Unione europea, l'altro braccio legislativo. […]
naufragio di migranti a steccato di cutro, crotone 2
Gli sherpa che lavorano quotidianamente al dossier e ai negoziati sono convinti che sia impossibile che il Consiglio approvi una proposta migliore. Su ricollocamenti e solidarietà peserà la volontà dei governi non mediterranei, dei duri dell'Est – cechi, slovacchi, polacchi e ungheresi – e dei leader che accarezzano sensibilità xenofobe. Per questo, i diplomatici si stanno sgolando per convincere la politica, partiti e governo, a non scostarsi troppo dal compromesso dell'Europarlamento e a non restare agganciati alle vecchie amicizie, se vuole ottenere un accordo entro la fine della legislatura. I mesi rimasti, ormai, sono pochi.