Filippo Ceccarelli per “la Repubblica” - Estratti
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Ecco, sì, ci mancavano giusto le riforme istituzionali per entrare in pompa magna nella Terza Repubblica (...)
No, non bastavano: e allora vai col premierato, vai col principato, la sfiducia costruttiva, quella distruttiva, poi è sicuro che partiranno con la legge elettorale, un classico dell’inconcludenza patologica all’italiana; ma intanto perfino del destino dei senatori a vita si sono messi a discutere, quasi certamente a vuoto, come succede ormai dal 1979, piena era mesozoica, quando sull’Avanti! comparve un editoriale a firma Bettino Craxi sulla Grande Riforma intitolato “Ottava legislatura” - e ridendo e scherzando siamo arrivati alla diciannovesima, in mezzo il tempo di due generazioni di politici, cronisti e sfiduciatissimi cittadini, ma come ben noto ai consumatori di serie televisive e agli osservatori degli impicci di Palazzo diabolico è perseverare.
sergio mattarella giorgia meloni
Eppure le riforme istituzionali sono davvero un tema «arido, astruso e ingrato», come scriveva vent’anni orsono Claudio Rinaldi sull’Espresso. Nessuno le segue, nessuno le capisce, sosteneva con suprema competenza il professor Vanni Sartori.
Sulla base di ben due referendum (2006 e 2016) si può aggiungere che pochi si fidano e che nessun leader che ne abbia fatto il suo cavallo di battaglia, da Craxi a Segni, da D’Alema a Berlusconi fino a Renzi, ne ha mai tratto il benché minimo giovamento, con il che la faccenda lambisce il pensiero magico e il processo riformatore si tira appresso un che di iettatorio.
Forse Meloni pensa di esorcizzarlo con il dovuto corredo di retorica instagrammabile: la Terza Repubblica, bùm, “la responsabilità storica”, ratataplàn, “il consolidamento della democrazia dell’alternanza”, ohi-ohi-ohi, cui si può aggiungere lo spirito costituente del ministro ex secessionista Calderoli e alcuni preziosi contributi tecnici dell’onorevole Lupi e di “Noi moderati”.
(...) la sensazione è che questa classe politica e di governo non sia all’altezza del compito che si prefigge o fa finta di prefiggersi. Per fortuna, prima di lasciarsi sfasciare la Costituzione dai primi o dagli ultimi arrivati, i buoni Padri Costituenti avevano previsto processi interminabili, maggioranze di ferro, ordalie referendarie.
Ma forse proprio per questo, nel corso del tempo, queste benedette riforme sono uscite da loro stesse per farsi avviso, pretesto, miraggio, lusinga, intimidazione, scorciatoia, esercizio di fantapolitica ed espediente di bassa cucina. Poi c’è Mattarella che qualcosina c’entra, e più sta zitto, come sempre, più gli mette paura. È abbastanza divertente vedere come cercano di tenerlo buono.
Matteo Renzi e Massimo D Alema sergio mattarella giorgia meloni