Antonello Guerrera per “la Repubblica”
«Un secondo referendum? Impossibile. E poi il Regno Unito non lascerà l'Ue. Il piano di Boris Johnson è un altro». Alain De Botton, uno dei massimi filosofi contemporanei, è nato in Svizzera, ma vive in Inghilterra da quando era bambino. Ha studiato a Oxford e Cambridge, ora, a 46 anni, risiede a Londra. Per De Botton la Brexit è stata un' atroce disfatta. Subito dopo l' ufficialità dell' addio all' Europa, ha scritto su Twitter: «Questi sono i momenti in cui anche gli adulti piangono per la politica ».
E lei, De Botton, ha pianto davvero per la Brexit?
«Quel tweet l' ho pubblicato in balia delle emozioni. Abbiamo fatto un errore colossale. Questo è il lato triste dell' Inghilterra. Ma non ce l' ho con chi ha votato l' uscita dall' Europa».
E con chi ce l' ha?
«Con certi politici. Quello che hanno fatto Johnson, Farage e il ministro Gove è immorale. Sono dei bugiardi. Hanno bombardato di frottole i cittadini, soprattutto i più poveri. Li hanno imbrogliati con le loro promesse farlocche e insostenibili. E sono così disonesti che se le stanno già rimangiando. Ma purtroppo la democrazia dà diritto di parola anche a loro».
Non è che la democrazia ha bisogno di limiti per preservare se stessa?
«Impossibile. Non si può negare il diritto di espressione neanche a un cialtrone come Farage. Gli unici che possono fermare i demagoghi sono cittadini e media intelligenti. Rispondere colpo su colpo con i fatti, pazientemente».
C'è chi dice che siamo entrati in una democrazia post-fattuale, in cui la solidità dei fatti, soprattutto online, si sgretola. Lei cosa ne pensa?
«E' vero. Ma è un fenomeno di radici antiche. C' è sempre stato nella storia chi ha sfruttato gli istinti e le passioni per sopraffare la ragione. Spero solo che questo referendum infonda una nuova serietà negli inglesi di fronte a certe scelte. Eppure sono sempre stati dei cittadini sensibili e misurati».
E stavolta, invece, cosa è successo?
«Sono stati trascinati in un'utopia distorta. E ne sono rimasti stregati. Questo è un fatto inedito per noi. Lo stesso sta succedendo con Trump in America. La società contemporanea è entrata in una nuova forma di oblio, di decadenza».
Cosa intende per decadenza?
«Una società che dimentica sempre più spesso quanto fragili siano in realtà ricchezza, pace e saggezza. E che poi reagisce dando calci a tutto quello che si trova davanti. Così prendono voti Trump e simili. Ma non si risolvono i problemi».
Problemi comunque innegabili. Johnson e Farage hanno conquistato i cuori delle persone soffocate da un disagio sociale ed economico. E questo problema è politico, non crede?
«Certo. È innegabile che in tanti soffrano la globalizzazione, l'immigrazione incontrollata, la povertà. Ma credo che il benessere economico collettivo sia un delicato equilibrio tra imprenditoria, mercato e cittadini, non le fandonie dei demagoghi che otterranno solo un risultato: recessione, uscita dal libero mercato, identici flussi migratori e isolazionismo. Con la Brexit non c'è niente da guadagnare. Ma alla fine il Regno Unito non lascerà l'Ue, nonostante il referendum».
Cioè?
«Johnson diventerà primo ministro e andrà a Bruxelles. Ma non attiverà mai la clausola 50 per uscire dall'Europa. Sa che il mercato unico è fondamentale. E quindi proverà a trattare per rimanere nell' Ue, nonostante il disastro di cui è corresponsabile. Così placherebbe anche la furia indipendentista della Scozia».
Lei ha dedicato molti libri alle relazioni amorose. Come descriverebbe la liaison tra Europa e Regno Unito?
«Molto complicata. Tanti britannici sono euroscettici, soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale contro 'la demoniaca Europa'. Ma a volte in una relazione si possono trascurare i sentimenti e restare insieme per convenienza».
La Brexit sarà il colpo mortale per l' Europa?
«No. Anzi, paradossalmente la accompagnerà sulla strada giusta. Non ho mai creduto agli Stati Uniti d' Europa. Il futuro dell' Europa sta nel mezzo: non un superstato opprimente, ma un club di buoni amici».