Roberto Petrini per “la Repubblica”
La poltrona di Francesco Caio alle Poste traballa e fa danzare alcune delle sedie più alte delle partecipate statali in corso di rinnovo. Il manager napoletano amministratore delegato del gruppo del risparmio e dei recapiti, dopo un triennio in cui ha ristrutturato l' azienda per portarla in Borsa (3 miliardi di euro di privatizzazione, la maggiore del triennio) non avrebbe più il favore della maggioranza Pd guidata da Matteo Renzi.
I capi del partito che regge il governo gli imputerebbero la scarsa incisività nell' organizzare alcune operazioni "di sistema" a suo tempo gradite a Renzi: come la timida discesa in campo sul dossier Mps un anno fa, o il fallimento - tre mesi fa - della cordata che avrebbe dovuto tenere italiana Pioneer, la corazzata del risparmio gestito che l' ad di Unicredit Jean Pierre Mustier ha ceduto agli ex sodali francesi di Amundi proprio l' indomani della sconfitta elettorale di Renzi al referendum costituzionale.
A poco potrebbe servire il fatto che l' azionista Tesoro, che ha il 29% del capitale di Poste (un altro 35% lo ha la Cassa depositi, ma senza poteri di governance) e che ha in cantiere una seconda tranche di collocamento in Borsa, difenda il manager. Oltre all' insoddisfazione per le operazioni mancate, settori del Pd imputano infatti a Caio alcuni cambi della prima linea aziendale.
Il Tesoro diffonderà le liste sui nuovi nomi per i vertici di Eni, Enel, Leonardo, Poste, Enav, già venerdì, o al massimo lunedì 20 (data ultima per l' assemblea dell' Eni). Qualche giorno in più prenderà la Cassa depositi, che a fine marzo riunirà il cda per dare i nomi sulla controllata Terna. Ma è proprio tra oggi e giovedì che la partita si dovrebbe chiudere, con il confronto tra Tesoro, Quirinale e Palazzo Chigi, oltre che con l'"azionista politico".
Caio, ex di Olivetti, Merloni, C&W, Avio, in queste ore difende il suo operato con i numeri, convinto di avere rispettato il mandato che il governo Renzi gli affidò nel 2014: portare sul mercato l' azienda mantenendone l' impronta sociale, senza smantellarne la presenza nei piccoli comuni e con un rendimento complessivo superiore al comparto, e un margine operativo lordo cresciuto di circa un terzo in tre anni.
Ma per ottenere il rinnovo questi elementi potrebbero non bastare. Per questo i consulenti del Tesoro (Korn Ferry, Spencer Stuart, Eric Salmon) squadernano in queste ore decisive i nomi di altri dirigenti candidabili al suo posto. Il primo della lista è Matteo Del Fante, ad di Terna in scadenza, apprezzato in tutti gli ambienti del governo e che per anni si era occupato di Poste da direttore generale della Cdp. Un' alternativa potrebbe essere Domenico Arcuri, oggi a Invitalia.
L' altra casella da sistemare riguarda Leonardo, dove il Tesoro vorrebbe sostituire l' ad Mauro Moretti in seguito alla sua condanna in primo grado a sette anni per l' incidente ferroviario di Viareggio del 2009 (ai tempi il dirigente guidava le Fs). Qui i nomi del ricambio sono Fabrizio Giulianini - esperto dei sistemi di difesa e favorito - oltre all' ex Finmeccanica Maurizio Tucci e ad Andrea Biraghi, manager di sistemi informatici e di sicurezza.
Il clima sembra rasserenato sui due colossi dell' energia a maggioranza pubblica. Dell' ad Francesco Starace appare certa la conferma all' Enel. Sull' ad dell' Eni Claudio Descalzi le nubi di natura giudiziaria sembrano diradate: tra cinque settimane si deciderà la sua richiesta di rinvio a giudizio per corruzione internazionale per accuse di tangenti da 1,1 miliardi in Nigeria, ma il 13 aprile dovrebbe essere confermato per il secondo mandato, anche grazie alla ristrutturazione che ha messo in campo per fronteggiare il dimezzamento dei prezzi del greggio. Nessun problema per Roberta Neri, che ha condotto in Borsa l' Enav e che avrebbe pronta la riconferma alla guida dell' ente dei controllori di volo.