Claudio Bozza per il “Corriere della Sera”
Prima la Leopolda elettorale rinviata, e chi lo conosce sa bene quanto gli sia costata questa rinuncia. Poi i post sui social e le presenze tv assai ridotte rispetto al fuoco di fila precedente all'intesa con Azione. Matteo Renzi sta pedalando in tandem con Carlo Calenda, suo ex ministro con cui ha avuto anche scontri feroci e al quale - per queste elezioni - ha ceduto il manubrio: «Guida lui», dice.
L'ex premier sa bene che il suo gradimento è ai minimi, ma è altrettanto consapevole di poter contare su uno zoccolo duro di sostenitori che continua a seguirlo. È ripartendo da questo capitale, ristretto ma per lui prezioso, che ha scelto di fare un passo indietro in questa martellante campagna elettorale.
Una strategia «low profile», più che anomala per un personaggio come Renzi, che però ha una bussola politica ben definita: «Ho scelto di fare un passo indietro perché a me interessa il domani, certo, ma anche il dopodomani», racconta agli amici. Il «dopodomani» che ha in testa si chiama 2024, perché sarebbe questo l'orizzonte - dopo un anno e mezzo di ipotetico governo Meloni - oltre il quale si manifesterà, per l'ex premier, l'inadeguatezza di questa destra.
Nella trattativa per l'accordo con Calenda, accettando di fare passi indietro, Renzi si è impuntato sul fatto che sul simbolo comune ci fosse «Renew Europe». Nell'anno e mezzo che separerà le elezioni politiche italiane da quelle europee, Renzi si è infatti convinto di poter costruire davvero un contenitore politico riformista, alla Macron, «per offrire una nuova casa ai delusi di Forza Italia, in una crisi irreversibile, e anche a quelli del Pd che non si riconoscono in questa linea suicida di Letta».
Il senatore di Firenze si dà questo tempo, in una dimensione europea, per capire se Italia viva e Azione potranno consolidarsi. Per l'ora e adesso, in una prospettiva ottimistica, Renzi pensa di poter riportare Mario Draghi a Palazzo Chigi se il Terzo polo prendesse almeno il 10%, altrimenti la strada sarà segnata: governo sovranista.
«Ma ora pensiamo solo a fare un buon risultato il 25 settembre: Carlo è il candidato premier, io gioco in squadra e costruisco assist», racconta ancora Renzi convinto che questo possa essere il seme «per una nuova storia politica» che porti Renew Europe a essere forte anche in Italia. «Questo nuovo ruolo di Matteo potrebbe essere paragonato alla svolta che Mazzone impose a un fantasista come Pirlo, che, pur recalcitrante, fu "retrocesso" e messo davanti alla difesa - osserva un fedelissimo renziano avvezzo al calcio -. Da quel cambiamento nacque poi una grande storia».
Il 2 settembre questo progetto europeo-riformista sarà lanciato in grande stile a Milano: Renzi introdurrà e Calenda chiuderà l'evento. La sera prima l'ex premier inizierà la campagna toscana dalla stessa sala in cui aveva lanciato la candidatura a sindaco di Firenze, ormai quattordici anni fa.
E tornerà poi nel capoluogo lombardo il 6 settembre, al Teatro Parenti, per un «discorso su Milano» che andrà da Expo al cardinal Martini. Mentre il giorno dopo ci sarà un evento virtuale da più città simbolo contro la «sindrome Nimby» sulle infrastrutture: Renzi sarà in Salento nei luoghi del Tap, mentre Calenda chiuderà da Piombino, a sostegno del rigassificatore che il sindaco di FdI non vuole.
«L'energia sarà la chiave di queste elezioni e il nostro governo aveva indicato la strada giusta con trivelle e semplificazioni, per questo dobbiamo battere sul punto». E d'un tratto sembrano lontane anni luce le staffilate dell'ex ministro sulle missioni di lobbying all'estero del premier che lo volle con forza allo Sviluppo: «È immorale che Renzi si faccia pagare dall'Arabia Saudita». Matteo e Carlo, insieme per forza.