Carlo Bertini per “la Stampa”
goffredo bettini andrea orlando foto di bacco
Se lo stesso Enrico Letta teme «che il partito possa implodere e non reggere fino a marzo», come riportato ieri da La Stampa, è ovvio che sa cosa dice. E che questo sia «il periodo più brutto» per colui che rischia di essere l'ultimo segretario del Pd, è comprensibile. Basta una fotografia dell'ala più sofferente del partito per capire quale sia il timore di Letta. Che la sinistra del Pd sia divisa e travagliata non è un mistero.
E per sinistra si intende un largo ventaglio di personalità, da Andrea Orlando a Goffredo Bettini, da Peppe Provenzano a Gianni Cuperlo, da Matteo Orfini a Nicola Zingaretti, per finire con il giovane europarlamentare Brando Benifei, tanto per dirne solo alcuni: che procedono separati (anche per dissapori personali), senza una rotta, alla vigilia di un percorso congressuale quanto mai incerto.
«Purtroppo allo stato non abbiamo la forza di fare una battaglia che può rischiare di essere di grande minoranza», scuote il capo un parlamentare che proviene dalla tradizione ex comunista. Provenzano, Orlando e mezzo partito si oppongono all'anticipo a gennaio delle primarie, caldeggiando un vero congresso costituente.
Congresso in cui l'area che si contrappone ai riformisti di Lorenzo Guerini (che sostengono Bonaccini) e ai catto-dem di Franceschini e Letta (favorevoli ad un ticket Schlein segretario-Nardella presidente), si presenta con una linea sintetizzata nella «critica al capitalismo, opposta alla sua apologia».
Ma senza un candidato che la rappresenti. Tanto che qualcuno ipotizza una soluzione suggestiva e fantasiosa: un ticket alle primarie tra Elly Schlein e Andrea Orlando. Cantore di un partito che difenda i deboli e i precari, gli ultimi insomma.
Un profilo complementare a Schlein, percepita come la più fresca, con il vantaggio di saper «parlare» più all'esterno, al mondo ambientalista e ai giovani «ma con poca pratica sulle questioni sociali, le crisi industriali e le fabbriche», secondo l'analisi di un senatore dem, condivisa dai più.
Un ticket che l'interessata (e forse anche Orlando) avrà modo di escludere o di soppesare, pur nell'incertezza dei ruoli ipotizzati, poiché non si sa chi dovrebbe fare il leader e chi il vice, o in subordine il presidente del partito.
Ma basta questa voce a dare un'idea della gravità della crisi della sinistra del Pd, dove tutti ammettono che «la paura di un ritorno al renzismo e della vittoria alle primarie di Stefano Bonaccini è forte» e che «a quel punto sarebbe complicato restare».
enrico letta stefano bonaccini
Escludendo però una nuova formazione con i 5stelle, con cui si è prodotta una frattura, «perché Conte vuole lucrare sul Pd». Il rischio di un'implosione prima dei gazebo mette in forse anche il ritorno a casa dem - finora sicuro - di Speranza e compagni.
Per dire della condizione di isolamento della sinistra Pd: il principale ideologo, Goffredo Bettini, ha saputo dai giornali dell'accordo siglato da Letta e Calenda sulla candidatura di Alessio D'Amato per il Lazio, dopo la rottura con i 5stelle. Soluzione sgradita, a sentire l'attacco a Conte («con i diktat non si fanno accordi, Giuseppe hai sbagliato») sferrato da Bettini alla presentazione del suo libro "A sinistra, da capo".