Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
«La ringrazio per la domanda perché mi consente di chiarire che quanto affermato in passato dall'avvocata Bongiorno, all'epoca componente del governo come me, è totalmente falso», scandisce Danino Toninelli, già ministro pentastellato dei Trasporti e delle Infrastrutture, rispondendo a un difensore di parte civile.
«Ma lei è laureato? La devo chiamare dottore o in quale altro modo?» gli si rivolge poco dopo la stessa Bongiorno, rivelando al presidente del tribunale: «Il signor Toninelli è già a giudizio su mia querela, quindi si comprende l'acredine». Al suo fianco, dal banco degli imputati, Matteo Salvini assiste divertito: lui è l'unico a essere ancora ministro in questa anomala rimpatriata fra ex colleghi del primo esecutivo guidato da Giuseppe Conte, a maggioranza Lega-Cinque Stelle, riuniti nell'aula bunker dell'Ucciardone.
Salvini al processo Open Arms 4
Oltre a Toninelli, Bongiorno e Salvini c'è pure l'ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta, testimone dei pubblici ministeri che accusano il leader leghista di sequestro di persona per aver negato lo sbarco a 147 migranti a bordo della nave spagnola Open Arms, fra il 14 e il 20 agosto 2019. Ai pm Calogero Ferrara e Giorgia Righi, Trenta ricorda che inizialmente firmò anche lei il divieto d'ingresso alla Open Arms in acque italiane, sulla base della «potenziale offensività» per la sicurezza nazionale certificata dall'allora ministro dell'Interno.
Poi però il Tar del Lazio sospese l'efficacia di quel decreto e a ferragosto Salvini gliene inviò un altro che reiterava il divieto: «Io non lo firmai perché mi pareva sbagliato riproporre una decisione già bocciata dal Tar, senza che ci fossero nuovi elementi e mentre la situazione a bordo della nave stava peggiorando. Combattere il traffico di migranti va bene, ma ho ritenuto che reiterare il divieto di sbarco violasse i diritti umani».
Quando arriva il suo turno, Bongiorno (responsabile della Pubblica amministrazione nel governo Conte I) svela quello che secondo la difesa è un colpo di scena: da un sottomarino della Marina che sorvegliava il Mediterraneo furono fatte registrazioni audio-video che dimostrerebbero anomalie nel comportamento della Open Arms; compresa una conversazione tra una persona a bordo della nave spagnola e un'altra nelle vicinanze.
ELISABETTA TRENTA DANILO TONINELLI
Atti trasmessi all'epoca con un'informativa al ministero della Difesa, e in seguito agli uffici giudiziari siciliani, ma venuti alla luce solo ora con il deposito da parte della Procura di Palermo. «Vediamo se finalmente queste anomalie vengono alla luce, insieme all'informativa fantasma nascosta anche al Tar, al Senato e al gup», spiegherà poi l'avvocata.
Trenta dice di non averne saputo niente e ripete che le uniche informazioni sulla sicurezza provenivano dal Viminale: «Era Salvini a decidere sull'opportunità del blocco della nave, fosse dipeso da me mi sarei comportata diversamente». È il motivo per cui l'ex ministro dell'Interno è alla sbarra e lei no, come pure Toninelli che sale sul banco dei testimoni subito dopo.
migranti si tuffano dalla open arms
L'ex titolare dei Trasporti (incarico ricoperto oggi da Salvini), che a Catania per la vicenda della nave Gregoretti (dove Salvini è stato prosciolto in udienza preliminare) aveva risposto con una serie di «non ricordo», mostra di ricordare tutto benissimo e riassume il cuore del problema: «Anch' io ero d'accordo a combattere l'immigrazione clandestina, e in quei giorni feci dichiarazioni contro la Open Arms, che non si era comportata correttamente, e l'Europa che doveva farsi carico del problema; su quel punto c'era una responsabilità politica collegiale del governo che però in quei giorni d'agosto già non esisteva più. La Lega aveva aperto la crisi e Salvini, pensando di essere già in campagna elettorale, parlava alla pancia dei cittadini».
Del resto, se non ci fosse stata la rottura tra Lega e 5 Stelle, è probabile che questo processo non sarebbe stato autorizzato dal Senato. Il reiterato divieto di sbarco, secondo Toninelli, era figlio della propaganda dell'ex-ministro, e la responsabilità fu solo sua: «L'avvocata Bongiorno ha detto che prima dei Consigli dei ministri lei e gli altri aspettavano ore perché io, Conte, Salvini e Di Maio stavamo chiusi a discutere di ricollocamenti dei migranti negli altri Paesi, ma non ha mai atteso un secondo perché non c'è mai stata una riunione».
migranti si tuffano dalla open arms 1
Bongiorno ricontesta a Toninelli precedenti dichiarazioni su «scelte collegiali» in altri casi, facendo riemergere vecchie ruggini con l'ex collega che accusa: «Lei confonde le acque mettendo insieme le pere con le mele». Più tardi Salvini conferma che di riunioni con Conte e Di Maio ne ha fatte tante, «ma forse Toninelli non c'era, non so perché i suoi capi non lo chiamassero». E insiste, a proposito «dell'informativa fantasma», che «sarebbe gravissimo se qualche organo dello Stato avesse nascosto, omesso o dimenticato documenti rilevanti». Il 13 gennaio il duello tra ex alleati si replicherà con le testimonianze di Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Luciana Lamorgese.
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