Ernesto Menicucci per Corriere.it
Non è stata una mattinata facile a Palazzo Senatorio, nel quartier generale di Virginia Raggi. E non certo (o non solo) per la pioggia e la riapertura delle scuole che hanno mandato in tilt il traffico. Ma soprattutto perché il post di Roberta Lombardi, che deflagra in Rete prima di mezzogiorno, è il sintomo ulteriore dei maldipancia tra i pentastellati romani.
Tanto che, a questo punto, si cominciano già a fare i conti in Assemblea Capitolina. Sembra un film già visto, quello che portò alla caduta di Ignazio Marino con le dimissioni in blocco dei consiglieri del Pd. Così, se da una parte la sindaca accarezza l’idea di maggioranze alternative, «sperimentandole» magari sulle Olimpiadi (dove le opposizioni sono prontissime a votare sì), e conta intorno a sé una manciata di «fedelissimi» tra i consiglieri comunali (sei di questi hanno «condiviso» su Facebook il post di Grillo: si tratta di Angelo Sturni, Marco Terranova, Pietro Calabrese, Monica Montella, Fabio Tranchina e Alisia Mariani), in realtà ci sarebbe un altro gruppo di «lombardiani» che sarebbero già pronti, in caso estremo, a sfiduciarla in Aula.
Al momento attuale il drappello dei «dissidenti» conta almeno 12 unità (alcuni hanno anche ruoli di primo piano), ma non è detto che, col passare dei giorni, il numero non possa salire. Specie se sul fronte giudiziario le cose dovessero complicarsi: o sulla posizione di Paola Muraro, assessore all’Ambiente indagata che ora la Raggi starebbe per sostituire, oppure in caso di inchieste in Procura che contestino alla Raggi il reato di abuso d’ufficio per le nomine fatte finora.
Scenari futuri, o futuribili, sui quali Beppe Grillo ha provato a mettere una «toppa», con un post di sostegno alla Raggi in chiaroscuro. Perché se da una parte il leader sottolinea che «Virginia non si tocca», dall’altra però le manda un chiaro segnale. Sia quando dice che «Raggi è stata votata da 770.564 cittadini per realizzare il programma di M5S e tutto il Movimento la sostiene perché lo porti a compimento», sia quando sottolinea che «con Virginia sindaco e i nostri principi come guida faremo di Roma la più bella capitale del mondo».
Tradotto: se Raggi segue il solco di M5S, nessun problema. Altrimenti, ogni soluzione (anche traumatica) è possibile. Del resto anche la nascita del post di Grillo è travagliata. Perché in mattinata, dopo aver visto il «messaggio» della Lombardi, Virginia va su tutte le furie. La prima cittadina sembra di nuovo sull’orlo di una crisi di nervi, è molto agitata e i commessi del Comune, nei corridoi, la sentono urlare. Raggi parla con Grillo (anche se il Campidoglio non conferma), poi chiama anche Davide Casaleggio.
Il messaggio ai vertici è netto: «Fate finire questi attacchi strumentali contro di me. Oppure sono pronta a mollare tutto». Il suo è quasi un aut aut: «Voglio un post di sostegno sul sito di Beppe, entro poche ore. Altrimenti me ne vado, oppure davvero comincio a fare da sola. Magari potrei dire sì alle Olimpiadi». È quello il riferimento che fa scattare il «monito» del leader genovese, che si è già espresso (come diversi esponenti) contro la candidatura di Roma ai Giochi del 2024.
Passano alcune ore di frenetica trattativa, Grillo non vuole scaricare il sindaco (non ora almeno) ma non vuole neppure difendere la scelta di Marra, che lui stesso contestò a luglio. Così, alla fine, esce fuori la soluzione di compromesso. A Raggi, per adesso, va bene così. Coi suoi, a fine serata, appare più serena e anche soddisfatta: «Beppe mi ha difeso, ora anche gli altri lo capiranno».
Ma il post di Grillo non viene «rilanciato» in Rete da nessun parlamentare di punta, neppure da Di Maio e Di Battista. E anche questo è un segnale.
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