Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della sera”
Il secondo «avvertimento» dagli Stati Uniti sul Russiagate arriva mentre il direttore del Dis Gennaro Vecchione risponde alle domande dei parlamentari del Copasir, il comitato di controllo sui servizi segreti. E smentisce ancora una volta la versione già fornita dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte sul ruolo del nostro Paese nel Russiagate. Non è l' unica grana per il premier. Ieri lo stesso comitato ha aperto formalmente anche il fascicolo sul possibile conflitto di interessi per il «caso Fiber». In entrambi i casi il nodo da sciogliere è lo stesso: sono state compiute attività che mettano a rischio la sicurezza nazionale?
Sul Russiagate la linea di Vecchione ricalca punto per punto quella del premier. La vicenda è nota: fu lui a incontrare per due volte il ministro Barr - con il via libera di Conte - che chiedeva notizie sull' attività degli agenti Fbi in Italia e su eventuali contatti con il professor Joseph Mifsud. L' amministrazione Trump è convinta che nel 2016 ci sia stato un complotto di alcuni servizi segreti europei per dimostrare che il futuro presidente americano tramava con i russi contro la rivale Hillary Clinton e per questo ha avviato un' indagine.
Di fronte al Copasir Vecchione non può smentire di aver disposto verifiche su quanto chiesto dal politico statunitense, ma assicura che nulla è stato consegnato agli Stati Uniti. Ricostruisce le riunioni come «normali incontri con gli alleati perché non potevamo rifiutare». E li definisce «semplici scambi informativi», cambiando comunque l' iniziale versione ufficiale che negava qualsiasi tipo di elementi consegnati.
Il tentativo di ridurre al minimo la portata dei contatti si scontra con quanto dichiarato in un' intervista alla Fox News, emittente vicina a Donald Trump, dal ministro della Giustizia William Barr, secondo il quale il procuratore John Durham, titolare della nuova inchiesta sui rapporti con la Russia durante la campagna elettorale del 2016, «è convinto che in Italia possano esserci informazioni utili all' indagine».
Quanto basta per mettere in imbarazzo il premier e i vertici dei Servizi visto che proprio Durham ha partecipato all' incontro che si è svolto il 27 settembre nella sede del Dis - il dipartimento delle informazioni per la sicurezza - insieme allo stesso Barr e ai direttori delle due agenzie di intelligence Luciano Carta e Mario Parente.
giuseppe conte gennaro vecchione 1
Dichiara ancora Barr: «Alcuni dei Paesi che Durham riteneva potessero avere alcune informazioni utili volevano discutere preliminarmente con me della portata dell' indagine, della sua natura, di come intendessi gestire informazioni confidenziali e via dicendo. Ho discusso queste questioni con quei Paesi e ho stabilito un canale attraverso il quale Durham potesse ottenere assistenza da loro». Il 17 giugno fu Barr a chiedere la collaborazione italiana con una lettera inviata a Conte attraverso l' ambasciatore negli Stati Uniti Armando Varricchio.
Il fatto che adesso parli di «canale aperto» e di «assistenza» fa comprendere che alcuni elementi sono già stati raccolti, nonostante Conte e Vecchione lo neghino. E dunque sembra chiaro che gli Stati Uniti vogliano inviare un messaggio a Conte affinché non interrompa la collaborazione. Del resto entro qualche settimana il «rapporto Barr» con le prime conclusioni dell' indagine sarà reso pubblico e si verificherà che cosa abbiano davvero ottenuto.
A Vecchione è stato anche chiesto in base a quali criteri si esercita la «golden power».
È il primo passo per verificare il ruolo di Conte sul «caso Fiber» per cui la Lega vuole che il capo dell' esecutivo riferisca in Parlamento. Quando era avvocato Conte stilò un parere pro veritate per la società Fiber 4.0 che voleva ottenere il controllo di Retelit ma non riuscì nell' intento perché gli azionisti preferirono due investitori stranieri. Il governo esercitò però la «golden power» per impedire il cambio di governance della Retelit e ora si chiede a Conte - che comunque decise di non partecipare alla riunione del Consiglio dei ministri - di chiarire il proprio ruolo.
Due lettere con minacce di morte contro Gian Marco Centinaio, ex ministro dell' Agricoltura, sono giunte negli ultimi 15 giorni all' abitazione della madre del senatore leghista. «Solidarietà all' amico Centinaio, fatto oggetto di minacce che non vanno sottovalutate» è stata espressa dal governatore Veneto Luca Zaia. «Non sono le prime che vengono rivolte a rappresentanti delle istituzioni. È un pessimo segnale. Nessuno di noi li teme. La democrazia è immensamente più forte».