LA BATTAGLIA DELLA RETE – RECCHI E PATUANO NON CI STANNO A FARSI PRENDERE A SCHIAFFI DAL GOVERNO A MEZZO ENEL – PRONTI I RICORSI A BRUXELLES SE NELLA POSA DELLA FIBRA OTTICA TELECOM ITALIA SUBIRÀ LA CONCORRENZA DI OPERATORI FINANZIATI CON FONDI PUBBLICI

Una legge del 2008 prevede che «l’operatore della comunicazione ha facoltà di utilizzare per la posa della fibra nei cavidotti, senza oneri, le infrastrutture civili già esistenti di proprietà a qualsiasi titolo pubblica o comunque in titolarità di concessionari pubblici». Dunque Telecom può chiedere l’utilizzo delle canaline e dei tralicci dell’Enel e delle ex municipalizzate.

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Federico Fubini e Giovanni Pons per “la Repubblica

 

LA PARTITA per dotare gli italiani di una rete di telecomunicazioni a banda ultralarga si sta facendo sempre più accesa. Il governo Renzi vuole spingere sull’acceleratore per colmare entro pochi anni il gap infrastrutturale che separa l’Italia dagli altri Paesi più avanzati, considerando l’internet superveloce un volano per far crescere il Pil. Ma sul suo cammino deve affrontare diversi ostacoli, in primo luogo le difficoltà sorte nel trovare un accordo con chi oggi possiede la rete in rame, cioè Telecom Italia, che da società privata qual è sta portando avanti un piano di investimenti compatibile con le proprie risorse economiche e finanziarie.

MATTEO RENZI AL TELEFONO MATTEO RENZI AL TELEFONO

 

La diversità di vedute è chiaramente emersa nelle scorse settimane quando si è cercato di trovare un accordo per fare entrare Telecom in Metroweb, una società della rete (ha cablato Milano) a partecipazione pubblica (il fondo Fsi della Cdp ha il 46%) che debitamente capitalizzata e finanziata potrebbe accelerare enormemente la posa della fibra ottica nelle aree a maggior ritorno di mercato. L’accordo finora non è stato trovato poichè Telecom, essendo già proprietaria della rete in rame non vuole rinunciare al controllo anche della nuova rete in fibra mentre invece il governo vuol promuovere una società mista, pubblico-privato, con la partecipazione anche degli altri operatori telefonici interessati, come Vodafone e Wind.

 

andrea guerra matteo renzi leopolda andrea guerra matteo renzi leopolda

L’impasse è dunque massimo in questo momento e la discesa in campo di una terza società, a controllo pubblico, come l’Enel, potrebbe facilitare o complicare ulteriormente la situazione. Innanzitutto va detto che l’Enel, come le altre società elettriche locali ex municipalizzate, non ha la proprietà della rete ma la utilizza in concessione dallo Stato. Inoltre l’Enel non è presente in alcune importanti grandi città come Milano, Roma, Torino, Bologna dove il servizio elettrico è erogato dalle ex municipalizzate come Acea (Roma) o A2a (Milano).

 

Una legge del 2008 (la 133) prevede poi che «l’operatore della comunicazione ha facoltà di utilizzare per la posa della fibra nei cavidotti, senza oneri, le infrastrutture civili già esistenti di proprietà a qualsiasi titolo pubblica o comunque in titolarità di concessionari pubblici». Dunque Telecom per implementare il suo piano di sviluppo della banda larga può chiedere l’utilizzo delle canaline e dei tralicci dell’Enel e delle ex municipalizzate. E infatti circa un anno fa, nel febbraio 2014, è stato firmato un accordo preliminare tra Telecom ed Enel che prevedeva proprio la possibilità di far passare la fibra ottica dalle centrali alle cabine, o anche alle abitazioni finali quando servirà, sui tralicci della rete elettrica. Una combinazione ottimale per raggiungere a basso costo utenze in zone rurali e a bassa densità abitativa.

RECCHI RECCHI

 

L’accordo però non è in esclusiva e ora Enel, anche su sollecitazione del governo, si è messa a studiare un piano su larga scala per posare la fibra nei propri cavidotti o sui tralicci che può arrivare fino ai contatori presenti nelle case. E che poi può essere affittata a prezzi regolati a tutti gli operatori telefonici. A prima vista sembrerebbe un modo per aggirare la riottosità di Telecom a far parte del progetto Paese o anche una mossa tattica per far tornare la società guidata da Marco Patuano al tavolo delle trattative per Metroweb.

 

In realtà la contrapposizione esiste ed è forte solo quando si entra nel campo dei finanziamenti e incentivi pubblici necessari a far partire il Piano. Se infatti si sta parlando solo delle aree a fallimento di mercato (C e D del Piano) è ovvio che lì ci si può andare solo con gli incentivi pubblici e dunque se ci va l’Enel nessuno avrebbe niente da obbiettare. Se invece gli incentivi vengono destinati anche alle aree nere, cioè quelle a maggiore ritorno economico, allora la battaglia si fa incandescente.

 

MARCO PATUANO MARCO PATUANO

Telecom ha infatti già detto che intende portare la fibra in modalità Fttc (fino all’armadietto in strada) o Fttb/h (fino al palazzo o dentro gli appartamenti) nelle principali 40 città. E che se in quelle città ci va un privato ciò esclude che altri operatori possano andarci con incentivi pubblici. Su questo punto Telecom è pronta ad agire su Bruxelles (Fastweb ha già presentato un esposto al riguardo) presentando un ricorso alla Commissione europea contro l’ottenimento da parte dei suoi concorrenti attuali o futuri di “aiuti di Stato”.

francesco starace francesco starace

 

Telecom chiederebbe che Bruxelles imponga il ritiro o il rimborso degli incentivi, almeno dove Telecom stessa investe nella banda larga con i propri fondi. E la cosa rischierebbe di far fare una brutta figura al governo italiano poichè due soggetti basati in Italia finirebbero per dover ricorrere a una sorta di arbitrato della Commissione europea, quasi che il Paese non fosse in grado di risolvere da sé i propri conflitti di politica industriale. Un segno di debolezza italiana e un richiamo al fatto che le scelte nazionali di politica industriale sono possibili solo nel quadro delle regole europee, fatte rispettare da Bruxelles.

 

Dunque la partita delle tlc, con la possibile discesa in campo dell’Enel, sta assumendo contorni via via più ampi e diventando un banco di prova per il governo Renzi che deve far convivere i propri legittimi obbiettivi di politica industriale con le libere determinazioni di una società privata che pretende parità di trattamento nei confronti di eventuali concorrenti pubblici.

 

 

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