Gabriele Carrer per la Verità
Giovane, belloccio e con un cognome di quelli che pesano.
Per sfidare il presidente repubblicano Donald Trump rispondendo al suo discorso sullo Stato dell' unione i democratici hanno scelto Joe Kennedy III. Il trentasettenne membro della Camera per lo Stato del Massachusetts è pronipote dell' ex presidente John Fitzgerald Kennedy, nipote del senatore e procuratore generale degli Stati Uniti Robert detto Bobby, e del senatore Ted, oltre che pronipote di Joseph P. Kennedy Sr., ambasciatore nel Regno Unito ai tempi in cui alla Casa Bianca sedeva Franklin Delano Roosevelt. Inoltre, la bisnonna Rose era figlia di John Fitzgerald, membro della Camera dei rappresentanti e sindaco di Boston a inizio Novecento.
Con il ciuffo marchio di famiglia, il rosso Joe ha parlato da un istituto professionale pubblico nella cittadina industriale di Fall River, nel suo Massachussets. Alle sue spalle un' autovettura piazzata su un ponte con il cofano aperto in attesa di riparazione. Un quadretto che avrebbe dovuto strizzare l' occhio a quella classe operaia, tendenzialmente di sinistra, che nel novembre 2016 ha voltato le spalle ai democratici preferendo il candidato repubblicano Trump.
Pronunciare la risposta allo Stato dell' unione ha rappresentato il punto di svolta per la carriera di molti politici, come per esempio per i repubblicani Marco Rubio e Bobby Jindal, che prima dell' avvento di Trump erano tra i più quotati come sfidanti presidenziali della democratica Hillary Clinton. Quello di Kennedy è stato un discorso ben pronunciato e dai toni molti obamiani.
A molti commentatori ha ricordato Jfk per l' attenzione alle diseguaglianze economiche e sociali ma anche per alcune espressioni e gestualità. In un inglese molto meno bostoniano di quello dell' ex presidente, Joe il rosso, formatosi come avvocato nella prestigiosa università di Stanford, ha sparato contro Trump, bollando le sue politiche come divisive: mettono i cittadini «gli uni contro gli altri», «la costa contro le campagne», «i giovani contro i vecchi». «I prepotenti possono dare cazzotti», ha concluso, rivolgendosi al presidente pur senza citarlo. «E possono lasciare lividi. Ma mai, nella storia degli Stati Uniti, sono riusciti a superare la forza e lo spirito di un popolo unito nel difendere il proprio futuro».
Certo, un discorso dalle belle parole, ma quanto ha raccontato una fonte dei repubblicani a Jonathan Swan, giornalista di Axios, agevola un' altra lettura: «Da repubblicano sono felice di com' è finita la giornata. Dopo anni delle loro cazzate sulla politica dell' identità, i democratici hanno scelto un ragazzo bianco proveniente da una delle famiglie più privilegiate d' America per tenere il discorso di risposta».
Ciò che è mancato nel discorso di Kennedy è l' economia - forse anche a dimostrazione di come la cura Trump stia producendo i suoi effetti positivi. Il tema non è però sfuggito a Bernie Sanders, senatore socialista (ma iscritto come indipendente ai democratici) del Vermont e sfidante di Hillary Clinton alle ultime primarie presidenziali democratiche. Secondo molti osservatori il suo era l' altro nome in corsa per la risposta al discorso di Trump. Alla fine ha avuto la meglio il giovane Joe, ma il vecchio Bernie non si è arreso e con un video su Facebook ha accusato Trump di aver promesso di difendere gli interessi dei lavoratori, salvo poi «venderli a Wall Street e alla classe dei miliardari».
Forse Sanders ha dimenticato di dare un' occhiata ai dati positivi sull' occupazione ma gli va riconosciuto di aver parlato di cose concrete. Ben altro cosa rispetto a quanto fatto dal liberal Kennedy che nel suo intervento non ha mai sfiorato in modo serio la materia economica.
Se i risultati economici danno ragione a Trump è perché «è l' economia, stupidi», per utilizzare l' espressione coniata dallo stratega James Carville durante la vincente campagna presidenziale del 1992 del democratico Bill Clinton. Nel partito di Clinton a capirlo non è stata né la moglie Hillary né l' erede di Jfk. Eppure non serviva aver frequentato Stanford. Bastava essere uno «svogliato e mediocre» studente di scienze politiche a Chicago.
Come Sanders.