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Francesca Sforza per “la Stampa”
«Se continuamente si bruciano ponti con la Russia, chi parlerà con loro alla fine della giornata?», si chiedeva ieri il portavoce presidenziale del governo turco Ibrahim Kalin al forum internazionale di Doha.
Nel giorno in cui si inseguono e si sovrappongono le reazioni alle frasi pronunciate in Polonia dal presidente americano Biden a proposito di Vladimir Putin, la Turchia torna a parlare di mediazione. Oggi le delegazioni ucraina e russa si incontreranno di nuovo in Turchia per due giorni di negoziati, ma il clima è pessimo, a detta di entrambe le parti.
«Non si sta facendo alcun progresso sulle questioni chiave», ha detto il capo negoziatore russo Medinsky. Mosca insiste su neutralità, smilitarizzazione e "denazificazione" dell'Ucraina; Kiev punta invece a un cessate il fuoco e a ottenere garanzie sulla sicurezza e sull'integrità territoriale. Anche il ministro degli Esteri Kuleba ha definito la situazione «molto difficile».
Convinto che occorra fare qualsiasi cosa perché la situazioni non degeneri è il presidente francese Macron, che in un'intervista a France3, a proposito del definire Putin «un macellaio», ha detto che non avrebbe usato le parole di Biden, «perché se intendiamo raggiungere un cessate il fuoco e un ritiro totale delle truppe russe possiamo farlo solo con mezzi diplomatici» e - ha aggiunto - «intensificare parole e azioni che favoriscano un'escalation ci allontana dall'obiettivo».
E il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ribadito che «la caduta di Putin non è l'obiettivo della Nato e neppure del presidente Usa». Critiche al presidente americano sono arrivate anche dall'interno.
Un veterano della diplomazia Usa come Richard Haass, ad esempio, ha scritto in un tweet che così facendo Biden «rende più difficile una situazione già difficile, e più pericolosa una situazione già molto pericolosa», e ha suggerito a chi è vicino al presidente di contattare la controparte e spianare la strada per un confronto con il governo russo, «anche se certo sarà difficile fare marcia indietro rispetto a quanto detto».
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Il problema maggiore - ha detto ancora Haass - è che «Putin vedrà in queste affermazioni la conferma a tutto ciò che ha sempre pensato, rinforzandosi ancora di più nei suoi propositi. Ci vuole disciplina, se si vuole evitare che gli obiettivi della guerra mutino e la sua durata si prolunghi».
L'ambasciatrice Usa presso la Nato, Julianne Smith, si è affrettata a ricordare - in linea con il Segretario di Stato Blinken - che il «regime change», il cambio di regime, non è una politica americana e ha cercato di mettere l'accento sull'emotività del presidente: «È andato allo stadio nazionale di Varsavia e ha letteralmente incontrato centinaia di rifugiati ucraini. Ha ascoltato le loro storie eroiche sulla fuga dall'Ucraina dopo la brutale aggressione russa, ed è stata una giornata molto commovente - ha detto -. Non vogliamo vedere Putin continuare questa guerra».
«Penso che il presidente, la Casa Bianca, ieri sera abbiano sottolineato che, semplicemente, al presidente Putin non può essere assegnato il potere di fare una guerra o impegnarsi in un'aggressione contro l'Ucraina o chiunque altro - ha detto Blinken durante una visita a Gerusalemme -. Come sapete, e come ci avete sentito dire ripetutamente, non abbiamo una strategia di cambio di regime in Russia o altrove».
Critiche più decise sono venute dai repubblicani: «Gli avevano scritto un magnifico discorso - ha detto il senatore dell'Idaho Jim Rish -. Mio Dio, perché non si è attenuto al copione e ha compiuto quella orrenda gaffe proprio alla fine?».
C'è tutta una serie di analisti, però, convinta che non si sia affatto trattato di una gaffe, ma di una strategia. Biden avrebbe cioè voluto parlare al popolo russo, invitandolo in qualche modo a esercitare una resistenza passiva, o comunque a ridurre il consenso nei confronti di Putin.
Operazione che, nel caso fosse stata meditata, non tiene abbastanza conto della propaganda del Cremlino, che ieri, oltre a ribadire la narrativa dell'Occidente aggressivo, abituato alle ingerenze e desideroso soltanto di spazzare via la Russia, ha dato molta eco al crollo di consensi intorno al presidente Biden.
Secondo le rilevazioni di Nbc, infatti, il gradimento di Joe Biden è calato al 40%, con il 55% degli americani che non approva il suo operato e con sette persone su dieci che hanno scarsa fiducia sulle sue capacità di gestire la crisi ucraina.
bandiere di usa, polonia e ucraina per joe biden
«Non dobbiamo permettere che l'odio del presidente russo Vladimir Putin diventi un odio che divide i popoli e gli individui, e non dobbiamo nemmeno permettere che divida la nostra società», ha detto ieri un pacato Steinmeier, il presidente tedesco, in occasione dell'apertura di un concerto della Filarmonica di Berlino per l'Ucraina in cui sono stati eseguiti brani di compositori ucraini, russi e polacchi.
Un invito alla solidarietà che chiude una settimana difficile e ne inaugura una più difficile, soprattutto sul terreno: «Presto comincerà la fase della guerriglia totale - ha detto il capo dell'intelligence ucraina Kyrylo Budanov - dobbiamo impedire che il nostro Paese finisca smembrato in due come Corea del Nord e del Sud, questo adesso mi sembra lo scenario peggiore».