Luisa Grion per la Repubblica
Il duello è finito: ieri Massimo Cioffi, direttore generale dell’Inps da mesi in dichiarato contrasto con il presidente dell’istituto Tito Boeri, si è dimesso. È l’ultimo atto di uno scontro totale che separa i due sul nuovo modello di organizzazione dell’istituto: un progetto fortemente voluto da Boeri, ma nettamente contrastato dall’interno della struttura. Ma è anche la conclusione di un perduto rapporto di fiducia fra il numero uno e il numero due dell’Inps.
La procura di Nocera, infatti, prima che Cioffi arrivasse all’istituto di previdenza chiamato dallo stesso Boeri, aveva avviato un’indagine su 40 milioni di mancati contributi previdenziale che l’Enel, in passato, non aveva versato all’Inps. All’epoca dei fatti, sulla poltrona di capo del personale dell’ente per l’energia, sedeva proprio Cioffi che ammise di non avere fatto parola della questione con Boeri («Quando arrivai all’istituto consideravo l’indagine conclusa » disse). A caso esploso, quando lo scorso febbraio risultò indagato per abuso d’ufficio, Cioffi si autosospese dal vertice Inps, salvo autoriammettersi poco più di un mese dopo.
Contrasti professionali e personali sui quali, da mesi, nessuno dei due fa mistero. Ecco perché ieri, a poche ore dalla dimissioni rassegnate con una lettera al ministro del Lavoro Giuliano Poletti, l’ex direttore generale dell’Inps ha parlato di «un rapporto con il presidente irrimediabilmente deteriorato». «Ormai - ha detto - si era determinata una situazione che se protratta rischiava di nuocere gravemente all’istituto. Non c’erano più le condizioni per andare avanti».
«Se me ne sono andato - ha precisato Cioffi - non è per questione Enel, anche se Boeri ha rilasciato a riguardo dichiarazioni che mi hanno ferito, ma per il dissenso sul modello organizzativo. Non posso prendermi la responsabilità di gestire un progetto in cui non credo. Faccio questo lavoro da trent’anni e sono convinto che il modello che Boeri vuole imporre, il suo accentramento di poteri, non funzionerà». «Professionalmente mi sento sconfitto - ha chiarito Cioffi - all’Inps lascio un bel mondo, abbiamo avviato tante cose e non potrò vederne i risultati. Personalmente invece mi sento liberato: questo contrasto fra me e il presidente era troppo pesante e durava da troppo tempo. Certo, anche il rapporto professionale si era deteriorato».
Delle dimissioni, Cioffi ha avvertito Boeri a cose fatte. Ieri pomeriggio erano stati in riunione fino a poche ore prima della lettera di dimissioni «ma non avevo detto nulla al presidente, anche se avevo preso la mia decisione fin dal mattino, dopo il colloquio chiesto al ministro Poletti. Dopo la riunione, cinque minuti dopo aver inviato la mail al ministro, l’ho girata anche a lui. E’ venuto nel mio ufficio e mi ha ringraziato per essermene andato ». Dissapori che nemmeno Boeri, al di là dei ringraziamenti d’obbligo, ha nascosto nel comunicato di presa d’atto delle dimissioni: «Cioffi ha dichiarato in modo aperto le sue divergenze - ha spiegato il numero uno dell’Inps - e non poteva essere chiamato ad attuare una riforma organizzativa in cui aveva mostrato di non credere».
SALVATORE BUZZI - GIULIANO POLETTI
La questione, al momento, potrebbe sembrare chiusa. Il direttore vicario, Vincenzo Damato, assumerà le funzioni del direttore generale fino a nuova nomina. L’uscita di Cioffi, è vista dai più come una personale vittoria del presidente Boeri: se n’è andato il suo nemico numero uno all’interno dell’istituto. Il fatto è che di nemici, fuori e dentro l’Inps, a Boeri ne restano parecchi.
Il suo progetto di riforma è stato osteggiato anche dal Civ, il Consiglio di indirizzo e vigilanza, dove siedono le parti sociali, tra cui i sindacati, che ha fatto ricorso al Tar per bloccarlo. Il governo, al momento, non si è espresso sulla questione, ma si sa che il presidente Inps ha rapporti freddi sia con il ministro Poletti sia con Tommaso Nannicini, sottosegretario a Palazzo Chigi. Fra i corridoi dell’istituto molti pensano che alle dimissioni di Cioffi potrebbe far seguito una seconda puntata. Dopo il referendum, comunque.