Estratto dell'articolo di Federico Fubini per il Corriere della Sera
giorgia meloni e raffaele fitto
Non si può dire che sul Piano nazionale di ripresa e resilienza regni una fiducia incondizionata nel rapporto fra Roma e Bruxelles. Negli ultimi mesi nella Commissione europea è cresciuta l’insofferenza perché dall’Italia sono arrivati ripetuti annunci sulla revisione dei progetti, ma pochi dettagli. Intanto a Palazzo Chigi si è formata l’impressione che da Bruxelles si assumano atteggiamenti capziosi, fino a bloccare l’erogazione da 19 miliardi di euro (richiesta già in gennaio) accampando all’improvviso problemi burocratici mai sollevati prima. Un fondo di irritazione e di sospetti, da entrambe le parti, rimane.
Ma per la rata del Pnrr attesa ormai da mesi e per quella successiva — la terza e la quarta del piano da 191,5 miliardi — si inizia a intravedere un percorso. Per accelerare l’erogazione, sia a Bruxelles che a Roma si stanno prendendo le misure di un nuovo strumento: le «sospensioni di pagamento parziali». Nel caso della terza rata da 19 miliardi, questa clausola implicherebbe il versamento da Bruxelles di quasi tutta la somma prevista ad eccezione di 300 o 400 milioni. Per la quarta rata da 16 miliardi, legata a 27 obiettivi che l’Italia in teoria dovrebbe raggiungere entro giugno, la quota di pagamenti congelati potrebbe invece essere più alta.
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Un segnale politico
Ma quali che siano le procedure, non sfugge a nessuno a Bruxelles che la scelta di congelare una piccola quota dei fondi sarebbe letta in Italia come un segnale politico. L’erogazione della terza rata avverrebbe quasi per intero, in modo da non aprire una crisi sul Pnrr e da preservare la liquidità su cui il Tesoro a Roma conta molto. Ma la sospensione di 300 o 400 milioni lascerebbe capire che la Commissione si aspetta dall’Italia più collaborazione e più trasparenza — anche preliminare e informale — in vista di una revisione del Piano.
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La quarta rata
Nel frattempo entrerà nel vivo anche il confronto, più difficile, sulla quarta rata. A livello tecnico l’Italia ha già fatto sapere a Bruxelles che è in ritardo su dieci dei 27 obiettivi di giugno legati a un nuovo pagamento da 16 miliardi. Alcuni di questi nodi si possono sciogliere con interpretazioni più flessibili degli impegni: per esempio il governo avrebbe dovuto finanziare 700 imprese tramite il «Fondo impresa donna» per l’imprenditoria femminile, ma mancano alcuni passaggi procedurali. Poi però ci sono problemi più di fondo e non solo quelli legati all’aggiudicazione dei bandi sugli asili nido, ai bandi in ritardo per 2.500 colonnine di ricarica elettrica nelle autostrade e 4.000 nelle città o alle 40 stazioni di rifornimento a idrogeno.
La questione più seria riguarda i risultati del Superbonus, finanziato dal Pnrr per 13,5 miliardi.
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FITTO
Estratto da corriere.it
Il ministro Raffale Fitto non apprezza le osservazioni della Corte dei conti sui ritardi del Pnrr e ribatte ai rilievi dei magistrati contabili, ricordando che «Serve un approccio costruttivo da parte di tutti, affinché i progetti si realizzino e si rendicontino in modo adeguato».
(…) Non più tardi di quattro settimane fa un ulteriore scontro con la stoccata del ministro per dire ai magistrati che non tocca a loro «valutare il raggiungimento degli obiettivi e delle milestone europee».
PNRR, IL GOVERNO VUOLE LIMITARE IL CONTROLLO DELLA CORTE DEI CONTI
Estratto dell’articolo di Virginia Della Sala per il Fatto Quotidiano
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Secondo le ultime indiscrezioni, partite da un articolo del Sole 24 Ore, tra lunedì e martedì potrebbe arrivare un emendamento dell’esecutivo (probabilmente al Decreto Pa) che prende di mira l’azione del cosiddetto Collegio del controllo concomitante, l’organo che ha il compito di monitorare in corso d’opera l’assegnazione e la gestione dei fondi, nato nel 2009, implementato negli anni e formalmente operante per il Pnrr. Si legge sul sito della Corte
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Prospettive che certo non piacciono ai magistrati, ieri riuniti per una lunga riunione dell’Associazione dei magistrati contabili per capire come e se rispondere a quello che di fatto è uno scontro istituzionale e che potrebbe comunque dover passare da un vaglio del Colle. Proprio come nel caso del danno erariale, su cui il governo pare intenzionato a prorogare (di nuovo) i limiti della punibilità di amministratori e dipendenti pubblici ai soli casi di dolo, omissione o inerzia grave, misura che pure era stata criticata dal presidente della Corte dei Conti e già prorogata fino al 30 giugno 2023. Era stata infilata nelle bozze del decreto Pnrr-ter e fu poi stralciato per il pressing dei magistrati e di Mattarella.
RAFFAELE FITTO GIORGIA MELONI raffaele fitto RAFFAELE FITTO GIORGIA MELONI