Marco Cremonesi per il “Corriere della Sera”
matteo salvini saluta claudio durigon foto di bacco (3)
Matteo Salvini cerca di spostare il tiro sulla ministra Lamorgese («Altri riflettano»). Ma per lui è una brutta botta. E, per certi versi, anche una storia che si ripete. E che mette al centro della scena i «non leghisti», come li chiamano nel partito.
Quanti sono stati reclutati direttamente dal segretario e che prima di lui leghisti non lo erano affatto. Claudio Durigon certamente non è un fascista, come dice lui e come dicono tutti coloro che lo conoscono bene.
luciana lamorgese matteo salvini 1
Ma certamente la sua sortita sul parco da intitolare al fratello di Mussolini ci respinge in un'altra storia che si ripete, la non definitiva cicatrizzazione delle ferite seguite al Ventennio e alla Guerra Mondiale. Non per nulla Salvini ieri ha polemizzato con Enrico Letta, sostenuto dal fuoco leghista, per il suo silenzio sulle dichiarazioni del rettore dell'Università per stranieri di Siena («la destra sta ingigantendo le foibe da un punto di vista storico, numerico e soprattutto cerca di equipararla alla Shoah»).
In un gioco di specchi fascisti-comunisti che va avanti da settant' anni. Ma Durigon per il segretario è una brutta botta perché l'ex sindacalista di Latina è un uomo chiave della Lega salviniana, a suo modo un simbolo.
Eletto deputato nel 2018 prima ancora di aver dato le dimissioni da segretario del sindacato di destra Ugl, poi subito sottosegretario. E sottosegretario di nuovo non appena la Lega è tornata al governo. Si può sottovalutare il valore della militanza nella Lega, ma certamente quella carriera rapidissima ha destato malumori in chi nella Lega milita magari da decenni.
CLAUDIO DURIGON E MATTEO SALVINI FANNO SELFIE IN SPIAGGIA
Ma Claudio Durigon, con la sua lunga esperienza nel sindacato, abbastanza inedita nella Lega se non si vuole considerare il vecchio Sin.Pa. di Rosy Mauro, ha aperto nuove strade a Salvini, che infatti ha immediatamente detto che l'ex sottosegretario continuerà a lavorare al mantenimento di Quota 100, la riforma pensionistica targata Lega, oltre che a una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali.
Peraltro Durigon è stato il pilastro della fortunata campagna elettorale per le Politiche 2018, che ha portato la provincia pontina ad essere la roccaforte della Lega in una Regione chiave come il Lazio. Da qui, un altro gallone ancora per l'ex sindacalista: del Lazio è infatti diventato coordinatore, il luogotenente di Salvini in attesa che si svolgano i congressi.
matteo salvini con la mascherina di borsellino
Certo, i leghisti a lui meno favorevoli gli imputano, per esempio, il flop di presenze alla manifestazione per la ripartenza del Paese in piazza Bocca della verità nel giugno scorso. Ma che Durigon sia un elemento centrale della Lega salviniana è fuori di dubbio. Ma, appunto, c'è una storia che si ripete.
Salvini aveva già dovuto rinunciare a uno dei suoi uomini di punta. Nel maggio 2019, dopo un lungo braccio di ferro, l'allora premier Giuseppe Conte dimissionò Armando Siri dopo che quest' ultimo fu raggiunto da un avviso di garanzia per corruzione.
Anche l'ex socialista ligure è uno dei salviniani puri che al partito anno dato un contributo tangibile: Siri, oltre ad aver fondato la scuola di Formazione politica del partito, è anche il padre della Flat tax, punto chiave delle riforme salviniane recentemente sposato anche da Silvio Berlusconi.
La durata della crisi fu più o meno simile a quella di oggi, già allora la situazione si sfilacciò giorno dopo giorno senza che i leghisti riuscissero a invertire l'inclinazione del piano che portò all'uscita dal governo dell'ex socialista ligure. Per questo, nella Lega il sospetto nei confronti delle leve più o meno recenti è aumentato.
In molti, per esempio, non perdonano a Claudio Borghi, Alberto Bagnai, Simone Pillon e allo stesso Siri la manifestazione della fine di luglio che ha messo il partito in una luce più o meno no vax (pur non essendo nessuno di loro un anti vaccini dichiarato) che gran parte del partito non ha condiviso. Così come l'integralismo cattolico di Pillon viene da molti visto come totalmente estraneo alla storia della Lega. Ma, appunto, la storia si ripete.
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