1 - LA VERITÀ INGLESE SU REGENI: I PM PUNTANO SU CAMBRIDGE
Chiara Giannini per “il Giornale”
Sulla vicenda «Regeni» si stringe il cerchio intorno all' Università di Cambridge e la verità sulla morte del giovane ricercatore sembra farsi sempre più vicina.
La Procura di Roma ha chiesto, infatti, di sentire la tutor di Giulio, Maha Abdel Raman, sulla quale lo stesso italiano, prima della sua morte, aveva espresso delle perplessità, non esitando a chiamarla «attivista» e, nella rogatoria inviata all' autorità giudiziaria, chiede anche che siano ascoltati tutti quegli studenti che sono stati invitati al Cairo, tra il 2012 e il 2015, proprio dalla professoressa. Sii esige, poi, anche «l' acquisizione dei tabulati telefonici, mobili e fissi della supervisor, utilizzati tra il gennaio 2015 e il 28 febbraio 2016».
Si punta a ricostruire i fatti per capire se altri di loro abbiano seguito la strada dell' italiano, occupandosi di temi «a rischio» legati al sindacato indipendente egiziano.
Il pressing innescato ieri dal quotidiano La Repubblica ha indotto anche l' ex premier e attuale segretario del Pd, Matteo Renzi, a intervenire sulla vicenda. «Noi vogliamo con forza la verità su Giulio Regeni - ha scritto su Facebook -. La verità, solo quella. Per questo chiediamo da mesi chiarezza anche all' Università di Cambridge. Il team che seguiva Giulio sta nascondendo qualcosa».
REGENI E SINDACALISTA EGIZIANO
Proprio Renzi, da capo del governo, ammise di aver parlato della questione con Theresa May, attivandosi per proseguire sulla via «inglese» e chiese l' appoggio degli Usa.
Intanto, il capo del sindacato autonomo dei venditori ambulanti del Cairo, Mohamed Abdallah, non esita a chiarire: «Io ve l' ho sempre detto che dietro l' uccisione di Giulio c' era la pista dei britannici. La prima volta che mi si presentò Giulio fece il nome della professoressa Abdel Rahman, nota oppositrice del governo egiziano e sostenitrice dei Fratelli musulmani. Io - prosegue - fui contattato da Houda Kamal (presidente del Centro per i diritti economici e sociali del Cairo, ndr) perché Maha Abdel Rahman aveva espressamente chiesto a Regeni di lavorare sui sindacati autonomi».
Abdallah confessa: «Ho incontrato Giulio diverse volte e gli ho dato una mano a fare le sue ricerche, ma quando è venuta fuori la storia dei soldi non me la sono sentita di continuare e quindi ho detto alla polizia ciò che pensavo. Sono convinto che alla fine chiederete scusa a me e ai servizi egiziani per averci accusati della morte del ricercatore». La tutor di Regeni, però, si nasconde: «Non sono obbligata a parlare - spiega all' agenzia Agi -. Ho visto le notizie pubblicate oggi - ha spiegato -, ma non voglio commentare».
Le responsabilità britanniche erano state tirate in ballo più volte anche dal senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, che ha spiegato al Giornale: «Sono mesi che indichiamo Cambridge come obiettivo investigativo. La Procura di Roma è, come sempre, tardiva, omissiva e solo ora si muove in questa direzione. Perché? C' è qualcosa da coprire?». Critiche anche da sinistra per le mosse dell' Italia.
«Auspico -dice il senatore di Mdp Lorenzo Battista- che le indagini aiutino a portare la verità in questa tragica vicenda. Dopo quasi due anni dalla scomparsa di Giulio Regeni non abbiamo ancora un colpevole. Purtroppo l' Egitto (così come l' Università di Cambridge ndr) non si è ancora dimostrato pienamente collaborativo e l' unica via per esercitare pressione l' abbiamo persa rimandando l' ambasciatore al Cairo».
2 - LA CRICCA INTOCCABILE CHE NESSUNO VEDEVA
Fausto Biloslavo per “il Giornale”
«Tutta» la verità per Giulio Regeni, e non solo quella contro le indubbie responsabilità egiziane, sta lentamente affiorando. Repubblica ha scoperto l' acqua calda con un titolo in prima pagina sulle «bugie di Cambridge». La notizia è l' ennesima richiesta della procura di Roma, titolare delle indagini sul ricercatore friulano torturato a morte al Cairo, di interrogare la sua tutor, Maha Abdel Rahman, e acquisire i tabulati telefonici della docente di origine egiziana che ha mandato Regeni allo sbaraglio.
Lo stesso ricercatore comunicando dall' Egitto via Skype con i familiari confermava i dubbi sulla tutor, che lo aveva affibbiato a una collega del Cairo altrettanto attivista contro il regime del presidente Al Sisi.
Il Giornale e Panorama avevano acceso i riflettori sulla «cricca» dei docenti agit prop di Cambridge subito dopo il terribile omicidio del giovane friulano. Media a senso unico, politici, analisti, amici di Regeni ci bollavano come «depistatori» e nel migliore dei casi le rivelazioni, confermate oggi da Repubblica e trasformate in oro colato, venivano silenziate. Pure Amnesty international, che ha adottato la campagna per la verità su Regeni, seguiva il branco senza porsi domande.
Per esempio come fosse possibile che Abdel Rahman, pochi mesi prima di affidare la ricerca a Giulio, avesse tenuto una conferenza proprio con Amnesty a Cambridge denunciando i pericoli in Egitto per studenti, docenti e società civile. Salvo poi dare il via libera, assieme al suo capo dipartimento, all' analisi del rischio preparato dallo stesso ricercatore friulano sulla missione al Cairo.
Qualche apparato di sicurezza egiziano ha le mani sporche del sangue di Giulio, ma la cricca politicizzata di attivisti con i panni di docenti universitari che lo hanno spedito al Cairo devono dire «tutta» la verità. Noi e pochi altri lo avevamo scritto in tempi non sospetti.
manifestazione per giulio regeni
Della cricca universitaria che ha cavalcato il caso Regeni fa parte anche Anne Alexander. Attivista e docente di Cambridge ha indetto la petizione accademica internazionale contro Al Sisi con il cadavere di Giulio ancora caldo. Alexander, marxista convinta e filo Fratelli musulmani, mentre Regeni era al Cairo probabilmente con i suoi contatti, manifestava a Londra contro la visita del presidente egiziano bollandolo come «un assassino».
Ora si scopre che neppure Regeni, a ragione, si fidava dei suoi tutor. E che altri studenti ricercatori di Cambridge inviati in Egitto dallo stesso gruppo erano finiti nel mirino del regime e avevano subito violenze.
Il nostro governo, che ha ritirato l' ambasciatore dal Cairo fino a pochi mesi fa, doveva usare lo stesso pugno di ferro con gli amici e alleati inglesi. La cricca universitaria di Cambridge, che ha messo nei guai Regeni, agiva contro l' Egitto alla luce del sole e sembra che gestisse da tempo «ricerche» pericolose usando studenti come carne da cannone. Una realtà che non poteva sfuggire ai servizi segreti di Sua Maestà britannica. Regeni si è accorto troppo tardi che qualcosa non quadrava. Per questo bisogna tirare fuori tutta la verità sia dai buchi neri egiziani che sul lato oscuro della cricca di Cambridge.