1 – CENTRI PER L' IMPIEGO, LA SFIDA DELLA RIFORMA IN CINQUE MESI
Mario Sensini per il “Corriere della Sera”
«Nel 2017 il ricorso ai Centri per l' impiego è stato ritenuto utile solamente dal 2,4% di chi cerca un lavoro». Potrebbe bastare solo questo numeretto, lasciato agli atti della Commissione Lavoro del Senato quest' estate dal presidente dell' Istat, Giorgio Alleva, per rappresentare tutte le incognite legate al Reddito di cittadinanza, la misura più importante della legge di bilancio del 2019. E la più costosa, perché per l' assegno di 780 euro al mese a chi non ha reddito e si impegna a cercare lavoro e l' adeguamento delle pensioni, ci vogliono più di 10 miliardi di euro l' anno, 17 a regime.
Rendere operativo il nuovo reddito entro marzo, come vorrebbe il M5S, date le condizioni dei Centri da cui passeranno le pratiche, soprattutto al Sud, sembra un' operazione quasi impossibile.
Ai senatori impegnati nell' indagine conoscitiva, Alleva ha confermato tutte le perplessità espresse nelle audizioni dai sindacati, dalle imprese, dai consulenti del lavoro, sul funzionamento della rete dei Centri per l' Impiego, creata dopo il Jobs Act.
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Una rete di 552 agenzie dove lavorano 8.189 dipendenti (costano 310 milioni l' anno), in parte a tempo determinato, come i 1.600 che sono in corso di assunzione, 600 dei quali dovevano gestire il Reddito di inclusione di Gentiloni. Precari, dunque, che cercano lavoro ai disoccupati, come dicono i sindacati.
In ogni caso sono pochi, perché gli stessi Centri denunciano una carenza di almeno 5.500 dipendenti per svolgere al meglio le funzioni previste oggi, e destinate a cambiare domani, con un' enfasi molto maggiore sulla formazione. Il che presuppone l' esigenza di avere personale più qualificato, quando già oggi quasi tutti i Cpi lamentano la carenza di figure specialistiche. Il 12% dei dipendenti dei Centri ha solo la licenza media, il 56,3% è diplomato e il 28% laureato.
Fatto sta che i Cpi non funzionano. Chi cerca lavoro in Italia lo trova soprattutto grazie ad amici, parenti o conoscenti (il 40,7% dice l' Istat), o perché si rivolge direttamente ad un' azienda (il 17,4%). Solo il 2,4% di chi trova un' occupazione deve ringraziare i Centri. Fanno meglio anche le agenzie private di intermediazione del lavoro, che riescono ad occuparne il doppio.
Dopo tre anni di funzionamento del sistema i risultati sono molto deludenti, ma ora il governo giallo verde deve trovare una soluzione se vuole dare un senso al Reddito di cittadinanza, ed evitare che si trasformi in un incentivo a non fare nulla.
Ci saranno assunzioni e verranno probabilmente riorganizzate anche le sedi, perché i bacini di utenza dei Cpi sembrano definiti senza criterio: alcuni non arrivano a servire 50 mila cittadini, altri superano i 200 mila.
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Il problema è grave soprattutto nel Mezzogiorno. Lì dove la disoccupazione è più alta, i Centri hanno le difficoltà maggiori. Anche a farsi conoscere. Al Sud le persone che si rivolgono ai Centri sono decisamente meno che nel Centro Nord.
2 – «MA PER COSTRUIRE LA RETE CI VORRANNO ANNI»
Andrea Ducci per il “Corriere della Sera”
Servono degli anni. «Trasformare i centri per l' impiego in strutture in grado di formare e riconvertire le competenze delle persone in cerca di occupazione richiede tempo. Molto tempo e altrettanto lavoro».
A dirlo è Maurizio Del Conte, presidente di Anpal (Agenzia nazionale per le Politiche Attive del Lavoro,introdotta dal Jobs Act del governo Renzi). Le cifre indicano che nei 552 centri per l' impiego sono impiegate oggi circa 8 mila persone.
«Il punto è che per realizzare il piano tratteggiato con il reddito di cittadinanza servono più risorse, almeno 4 mila, e soprattutto personale più qualificato, in grado cioè di guidare e valutare il percorso di formazione di coloro che, in attesa di un' occupazione, beneficiano del sussidio».
Il dato è, insomma, che nell' immediato la misura voluta dal M5S si configuri per lo più come l' erogazione di un assegno. «Il progetto del reddito di cittadinanza necessita inoltre di una piattaforma informatica e una banca dati che consentano di elaborare e incrociare domanda e offerta nel mercato del lavoro».