Marco Del Corona per il "Corriere della Sera"
E’ l’ennesimo paradosso del Paese dei paradossi. Il leader Kim Jong-un non si vede in pubblico dal 3 settembre? Ebbene, arriva in Corea del Sud la più alta delegazione nordcoreana di sempre, capitanata dal vicepresidente della Commissione militare, Hwang Pyong-so, di fatto numero due del regime nazional-comunista.
La propaganda tenta di smorzare l’irriguardoso cicaleccio fatto di ipotesi e illazioni, ammettendo che «il nostro maresciallo» trentunenne soffre di una non meglio identificata «indisposizione»? Ecco che durante un trasferimento in auto a Seul un altro delegato, Kim Yang-gon, riferisce al ministro sudcoreano dell’Unificazione, Ryoo Kihl-jae, che «non c’è nessun problema». Quando si tratta di Corea del Nord, anche un «nessun problema» diventa un problema.
Qui abbiamo da una parte la lunga assenza di Kim Jong-un, visto claudicante e sovrappeso a luglio, inseguito da voci di gotta o problemi alle caviglie. Dall’altra, la missione di Hwang e compagni in territorio nemico (le due Coree sono tecnicamente ancora in guerra nonostante l’armistizio del 1953). Coincidenza? Forse.
Che siano in atto manovre di palazzo per rimuovere un leader giovane che ha scompaginato gli equilibri ereditati alla morte del padre, a fine 2011? Nessuno è in grado di escluderlo. È un dato di fatto che la missione della trojka da Pyongyang sia un’apertura di credito (con caratteristiche nordcoreane, beninteso) alla presidenza conservatrice di Park Geun-hye, mentre le intemperanze bellico-balistiche di Kim hanno irritato la leadership cinese, sponsor storico ma sempre più insofferente.
Con Pechino distratta dalle proteste di Hong Kong, sembra quasi che la delegazione nordcoreana abbia voluto cogliere l’attimo, come parrebbe suggerire il preavviso record di sole 24 ore. Il culto del segreto, connaturato alle origini guerrigliere del Partito, resta un ingrediente chiave della formula del potere di Pyongyang. Stavolta, però, è un segreto parecchio movimentato.
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